Qualcuno volò sul nido del cuculo

REGIA: Milos Forman
CAST: Jack Nicholson, Louise Fletcher, William Redfield, Michael Barryman, Danny DeVito
ANNO: 1974

TRAMA:

Randle McMurphy è un criminale violento e sopra le righe, che per evitare il carcere dopo essere stato accusato di violenza, si fa spacciare per pazzo e viene rinchiuso in un manicomio degli Stati Uniti. Qui, incontrerà, una sorta di regime dittatoriale rappresentato dalla terribile capo-infermiera Mildred Ratched, cinica e senza cuore che pretende di gestire i malati come fossero tanti burattini da tenere ben relegati e alla larga dalla società, rinchiusi in una triste e desolante emarginazione.

 


ANALISI PERSONALE

Ho visto Qualcuno volò sul nido del cuculo, un paio d’anni fa, spinta dalla mia smisurata passione per l’istrionico e “pazzo” Jack Nicholson che mi ha regalato, nel corso delle mie visioni cinematografiche, un sacco di bellissime e indimenticabili interpretazioni. Dopo aver visto questo film, mi sono resa conto che mi mancava la sua prestazione più importante, il suo ruolo più riuscito, l’interpretazione magistrale di un attore fenomenale. Gran parte della riuscita di questo film spetta proprio a lui e al personaggio di Randle, così arrogante, così carismatico e a tratti quasi antipatico per i suoi modi bruschi e violenti, anche se tendenti ad ottenere il giusto. Randle è il personaggio di rottura di questo film, rottura della vita di questo ospedale psichiatrico, scandita dalle solite fredde operazioni quotidiane gestite e dirette dall’algida e fredda infermiera Ratched, il vero personaggio negativo del film. Oltre ad essere una bellissima e struggente storia, questa pellicola è anche una sorta di denuncia all’emarginazione forzata e alla paura per chi è diverso, una denuncia verso coloro che si sentono superiori ed in grado di rendere i “diversi” una sorta di pupazzi lobotomizzati proprio perché più deboli e incapaci di difendersi, in modo da crearsi una sorta di isolotto di sicurezza dove poter controllare tutto e tutti. Tutto ciò viene incarnato appunto nel terribile e insensibile personaggio della capo-infermiera, che non tollera strappi alle regole, che non ha mai una parola d’affetto che i suoi pazienti, che pretende disciplina e rigidezza dal suo staff, che non riesce a sopportare l’arrivo di Randle, proprio perché lui è il ribelle, si ostina a non voler accettare questo genere di “dittatura” e cerca di svegliare anche i suoi compagni rendendoli in qualche modo consci della situazione in cui si trovano, facendo capire loro che i veri pazzi non sono nel manicomio, i veri pazzi sono fuori, sono quelli che pretendono di controllare il “mondo”, che si credono potenti, che si credono più forti e per questo meritevoli di controllo verso i più deboli. Si tratta di una stupenda parabola, che possiamo applicare in qualsiasi campo e non solo a quello dei pazzi e dei manicomi. La denuncia non si ferma al generale disprezzo verso queste forme di oppressione, scende anche nel particolare inerente proprio agli ospedali psichiatrici: alla scarsa preparazione degli infermieri, ai metodi repressivi e crudeli usati per contenere la “pazzia” dei pazienti.


Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io!


Il fi
m comunque, oltre a farci riflettere e in alcuni punti addirittura arrabbiare perché ci rende consapevoli di certe realtà aborrevoli, fa anche sorridere proprio perché il personaggio di Randle, così spregiudicato e sopra le righe riesce in qualche modo a risvegliare i propri compagni e a farli sorridere come quando li porta in gita su una barca o organizza una sorta di festino notturno con tanto di donne disponibili. La mattina successiva però, il mite Billy, verrà trovato dalla terribile Miss Ritched tra le braccia di una donna e per questo rimproverato e terrorizzato all’inverosimile. il povero paziente colpito indelebilmente dal senso di colpa si suiciderà facendo scattare una rabbia irrefrenabile nel nostro Randle che tenterà di uccidere l’oppressore, la capo-infermiera. In seguito a questo suo tentativo inconsulto di omcidio, il giovane scapestrato verrà sottoposto ad una durisissima terapia a base di lobotomia, riducendosi in breve tempo a poco più di un vegetale, una larva umana. In suo soccorso, arriverà quello che era diventato il suo migliore amico: un indiano grande e grosso che si fingeva muto, che alla fine libererà Randle dalla sua “prigione” per poi scappare verso la libertà, nella scena finale tra le più belle, commoventi e poetiche mai viste al cinema.

Il film quindi, oltre a reggere sul personaggio e l’interpretazione di Jack Nicholson, non sarebbe stato lo stesso senza tutti gli altri protagonisti, prima tra tutte la terribile Miss Ritched, magistralmente interpretata da Louise Fletcher, ma anche tutti gli altri pazienti tra cui un quasi irriconoscibile Danny DeVito nel ruolo di Martini. Inoltre, possiamo assistere ad un’abilissima regia del grande Milos Forman e ad una bellissima sceneggiatura forte ed incisiva e un’ambientazione quasi teatrale, tutta svolta all’interno dell’ospedale tranne per qualche eccezione.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey del 62’ ed è ambientato proprio in quegli anni in maniera perfetta. La colonna sonora esprime passo dopo passo tutti i sentimenti contrastanti presenti all’interno di questo micro-mondo che è il manicomio e la fotografia non è da meno, soprattutto con i primi piani dell’indiano e dello psichedelico Randle.
Vinse anche 5 premi Oscar: migliore attore protagonista a Nicholson, migiore attrice protagonista alla Fletcher, miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura.

Un film che ha segnato la cinematografia e il modo di fare cinema. Capolavoro indiscusso, impedibile ed indimenticabile.

Regia: 9
Sceneggiatura: 9,5
Recitazione: 10
Fotografia: 9
Colonna sonora:  9
Ambientazione:  9
Voto finale: 9,5


 


CITAZIONE DELGIORNO

Un uomo non vale per quello che è, ma per quello che potrebbe essere. (Marcello Mastroianni in "Maccheroni")


LOCANDINA

15 commenti su “Qualcuno volò sul nido del cuculo

  1. danny de vito e christopher lloyd mi fanno tagliare in questo film. Poi Jack è Jack! 10 con 2 lodi, anche se non sono d’accordo sul 9 in regia. Io avrei messo 7, che poi sarebbe stato compensato con un 12 in recitazione. Quindi il voto finale sarebbe rimasto uguale.

  2. Se vi è piaciuto il film vi consiglio il romanzo di Kesey che, recitazione degli attori a parte, come “sceneggiatura” è sicuramente ancor meglio del film (l’io narrante del libro è il personaggio del pellerossa, ad esempio, che in questo modo viene sviluppato molto di più, e diverse scene già dure nel film nel libro diventano ancor più realistiche e quasi insopportabili nella loro crudezza).

    Se non ricordo male, il libro in Italia è stato pubblicato in edizione BUR.

  3. C’è poco da commentare, bel film, indiscusso 🙂

    Bel post Ale… mi sei mancata.

    P.S. Ho un problema! Ogni volta che leggo una recensione su questo blog mi viene voglia di rivedere il film… calcolando la velocità con cui posta Ale…mi sento sommergere dal numero di cose da vedere ;(

  4. Appena letto il libro e visto il film, sono coros a vedere cosa ne avevi scritto…inutile dire che sono d’accordo su tutto (ma c’era da aspettarselo, quando un film è un must c’è poco da fare) splendidi gli interpreti, ed anche la metafora del manicomio come rappresentazione del mondo e della società moderna mi ha colpito tantissimo (questa cosa però si nota molto di più nel libro di Kesey, anch’esso un capolavoro a livello del film). Nicholson sublime, la Fletcher perfetta. Bellissime le musiche e la regia di Forman, che considero uno dei migliori registi europei viventi.

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