Raising hope

Continuando il nostro percorso di presentazione e promozione di serial tv americani degni di nota e portatrici di una ventata d’aria fresca nel panorama televisivo, proseguiamo con la recensione di una bellissima sit-com che ha conquistato milioni di telespettatori in America e che sicuramente si farà amare dagli intenditori del nostro bel paese.
Stiamo parlando di “Raising hope”, una sit-com un po’ sui generis che alterna momenti altamente esilaranti e spassosi, ad altri più riflessivi e per certi versi emozionanti. La formula è sicuramente ripresa dal mitico “Scrubs” ospedaliero fuori dai canoni, in cui si susseguivano risate e lacrime, in un crescendo di comicità e intensità non indifferente.
Ma l’ideale predecessore di questo assurdo telefilm è senza ombra di dubbio lo straordinario “My name is Earl”, il cui autore, Greg Garcia, è anche autore di questa sit-com. Le atmosfere, il tipo di comicità, lo stile della narrazione e il tratteggio dei personaggi sono sicuramente ricalcati su quelli del telefilm incentrato sulle azioni di un mascalzone che si redime per paura del karma.
Quel telefilm che fu sfortunatamente chiuso alla sua quarta stagione in un momento di bassi ascolti, nonostante la qualità del prodotto, rivive in qualche modo in questo coinvolgente ed entusiasmante “Raising hope” che ne ripercorre lo spirito di fondo e continua in un certo qual senso il “discorso” lasciato in sospeso da Garcia, amante di un certo tipo di comicità affatto scontata e sicuramente mirata.
Protagonista di questa nuova sit-com è una famiglia molto particolare che vive in un quartiere ancora più singolare e che si ritrova nel bel mezzo di una situazione a dir poco paradossale. Il giovane Jimmy, ventiduenne senza arte né parte, si imbatte in una bella ragazza con cui si apparta nel retro del suo furgone. Presto, invitatala a colazione a casa sua, scoprirà ascoltando il telegiornale che si tratta di una ricercata per omicidio. Subito dopo, dal carcere, la ragazza lo convocherà per metterlo al corrente di essere incinta. E’ il frutto di questa assurda scappatella ad essere il fulcro intero del telefilm.
La piccola Hope, inizialmente chiamata dalla stramba madre Princess Beyoncè, dovrà essere cresciuta dal giovane Jimmy, visto che la ragazza finirà inevitabilmente sulla sedia elettrica. Ma ad aiutare l’inesperto Jimmy ci saranno i suoi strampalati genitori, Veronica e Burt, giovanissimi anch’essi dato che avevano dato alla luce il figlio nell’età dell’adolescenza. I due, entrambi lavoratori nel campo delle pulizie (lei si occupa di appartamenti, lui di piscine), vivono da anni nella casa della nonna di lei, affetta dal morbo di Alzhimer e soggetta a pochissimi momenti di lucidità nei quali si dimostra insofferente nei confronti di tutti loro.
Questi sono i personaggi principali del telefilm a cui se ne aggiungono alcuni di contorno che danno il giusto pepe e la giusta verve ad una narrazione inarrestabile e accattivante: Sabrina, la cassiera del supermercato dove andrà a lavorare Jimmy e della quale il ragazzo si innamorerà; Barney, proprietario del supermercato (il mitico Kenny di “My name is Earl”) e gli altri commessi che vanno dal “creepy” all’allucinante.
Il tutto è giocato ovviamente sulle difficoltà della famiglia a prendersi cura della bimba e sulle esilaranti stramberie e follie della bis-bis-nonna alle quali raramente sarà difficile resistere. Si aggiungono poi i momenti in cui, sempre in maniera tutt’altro che banale, prevedibile o retorica, si riflette sul senso di famiglia, sui rapporti genitori-figli, sulla difficoltà di crescere nella nostra società e sul senso di unità, amore e comprensione, a dispetto delle avversità.
A dare un ulteriore valore aggiunto al susseguirsi di episodi uno più divertente e coinvolgente dell’altro sono le numerose guest-star chiamate ad interpretare personaggi al limite del paradossale, tra cui lo stesso Jason Lee, l’Earl di “My name is Earl” e anche Jamie Pressley e Ethan Suplee, rispettivamente Joy e Randy del precedente telefilm. Senza tralasciare l’alto livello recitativo degli attori protagonisti e la ricercatezza della colonna sonora, elementi niente affatto trascurabili.
Se avete amato e apprezzato quella grande sit-com, non vi resta che affrettarvi a recuperare anche questa che ne mantiene la qualità e lo spessore. Se non avete visto nemmeno quella, allora dovete correre a recuperarla per poi poter godere appieno anche di questo scoppiettante e al tempo stesso profondo “Raising hope”.

Pubblicato su www.livecity.it

2 commenti su “Raising hope

  1. Ciao!
    Sono Eddy di Direzione Errata. Bellissimo blog, complimenti.
    "Aiutami hope" lo sto registrando su Sky perché l'episodio pilota mi ha fatto slogare la mascella dalle risate e mi ha colpito la portanza intellettuale di questa sit che è davvero una gran ventata di fresco in una palude di fotocopie di serial degli anni 70/80. Bello da morire. E quanto bella è Hope?

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