Ran

REGIA: Akira Kurosawa

CAST: Tatsuya Nakadai, Akira Terao, Jimpachi Nezu, Dainsuke Ryu, Mieko Harada, Yoshiko Nornura.

ANNO: 1985

TRAMA:

Il potente signore feudale Hidetora, ormai divenuto anziano, decide di dividere i suoi enormi possedimenti tra i suoi tre fili: Saburo, Taro e Jiro. Il primo di essi si ribellerà al padre dicendogli che si tratta di una scelta insensata e foriera di sciagure. Il padre non lo ascolterà, e anzi lo diserederà cacciandolo dai suoi possedimenti. A dividersi le terre rimarranno Taro e Jiro e ben presto tra i due sarà lotta all’ultimo sangue…

 



ANALISI PERSONALE

Ran è un vero e proprio colossal, di quelli che non si scordano mai. E’ ispirato al Re Lear di Shakespeare ma anche ad una vicenda del generale Motonari Mori, che nel XVII secolo divise il suo enorme regno tra i tre figli che vissero sempre in pace facendo prosperare i possedimenti ereditati. In questo caso, invece, il regista si è chiesto cosa sarebbe successo se i figli fossero stati colti da uno spirito di cupidigia e avidità come quello che contrassegna i tre protagonisti di questo film.

In una delle sequenze iniziali più spettacolari che io abbia mai visto (contrassegnata da una fotografia ricercatissima e da un uso dei colori fenomenali: ogni figlio ha la toga di un colore diverso), Hidetora, dopo una battuta di caccia, mette a conoscenza i propri figli e i propri seguaci della sua decisione di ritirarsi e di dividere il regno. Saburo non è d’accordo, ritiene che sia una decisione folle e implicante numerosi problemi tra i fratelli, ma viene cacciato malamente e diseredato. Hidetora non da ascolto nemmeno il suo fedele giullare di corte Kyoami che tenta di dissuaderlo da questo “oscuro” proposito. Nemmeno i consigli del suo fidato generale.
Ben presto però si renderà conto di aver sbagliato su tutti i fronti, infatti i due fratelli non tarderanno a farsi la guerra per possedere l’intero regno. Tutto ha inizio quando Kaede, la moglie di Taro, ordina al proprio marito di soggiogare Hidetora facendogli giurare fedeltà e obbedienza e impedendo al fratello Jiro di ospitare la guardia del corpo del padre. Il grande signore feudale, scacciato malamente da entrambi i figli, viene assalito dal tarlo della pazzia e va errante per i campi seguito dal fedelissimo giullare Kyoami. Nel frattempo durante le lotte intestine tra i due fratelli, Taro perde la vita e la sua perfida moglie Kaede (guidata da uno spirito di vendetta dettato dal fatto che suo suocero in passato aveva distrutto il suo feudo uccidendo tutti i suoi cari), seduce il cognato Jiro, facendogli poi promettere di uccidere la sua stessa moglie Suè. La sua giustificazione sarà quella di non sopportare l’esistenza di un’altra donna che ha posseduto il suo corpo. Inizialmente Jiro non riuscirà a portare a compimento il truce uxoricidio e quindi Kaede tenterà di portare a compimento i suoi intenti ingaggiando qualcuno che possa uccidere la povera Suè (forse l’unico personaggio positivo del film insieme a Saburo).

Ad opporsi alla donna crudele ci sarà Kurogane, il capo dei samurai al servizio del principe, che però non riuscirà a fermare il corso del destino, trovandosi davanti all’ineluttabile realtà dei fatti: Kaede è riuscita ad avere la testa di Suè su un piatto d’argento, all’insaputa del suo nuovo marito Jiro. Kurogane non riuscirà a trattenere la sua ira e taglierà egli stesso la testa a quella che aveva definito “una volpe che si aggira nei boschi”.
Suè, prima di essere brutalmente assassinata, si era rifugiata nella capanna di suo fratello Tsurumaro (che era stato accecato anni prima dallos tesso Hidetora durante una delle sue conquiste) e qui i due fratelli ricevono la visita di Hidetora, che ormai pazzo vaga per i campi sempre più sofferente non solo per le sorti del suo regno e dei suoi figli, ma anche per l’acquisita consapevolezza dei numerosi torti perpetuati in vita sua.
Alla notizia delle guerre tra i fratelli e dell’insanità del padre, Saburo torna con un esercito per difendere le sorti del suo caro amato padre, ma trova la morte in battaglia. Il dolore per Hidetora (che nel frattempo aveva perdonato suo figlio), sarà talmente grande da indurlo alla morte, lasciando il suo affezionatissimo giullare a imprecare contro il destino.
Il film si conclude col cieco Tsurumaro che vaga per i campi fino poi a perdere la sua pergamena raffigurante Buddha che cade in un burrone, divenendo irraggiungibile per sempre, metafora ed allegoria di un profondo pessimismo.

Ran è tutto ciò, sangue, vendetta, destino, pessimismo, cupidigia, meschinità, ma anche pentimento e forse redenzione. E’ indubbiamente uno dei più grandi capolavori cinematografici che mi è capitato di visionare, non solo per l’intensità della storia ricca e intrisa si metafore, allegorie e rimandi, ma anche la spettacolarità e l’estremo impatto visivo della pellicola. A partire dalle scene di lotte e battaglie che colpiscono per l’estrema bellezza e stupiscono per la magnifica resa scenica.
Per non parlare poi della fotografia e dell’ambientazione fenomenali, curate nei minimi particolari e del tutto ricche di colori che fanno sognare e immaginare di essere proprio in quelle immense pianure sconfinate. La sceneggiatura (seppur ispirata al Re Lear e seppur “ambientata” in tempi molto lontani) è del tutto attuabile ai nostri tempi e fa riflettere sull’ineluttabilità del destino che ci restituisce quello che abbiamo seminato (Hidetora era un terribile dittatore sanguinario a cui poi è spettata la sorte che egli infliggeva agli altri). La colonna sonora, soprattutto quella che accompagna maestosamente le scene di guerra, è a tratti epica e a tratti profonda e assolutamente incisiva.

Non mi resta altro che dire che Ran è un capolavoro fatto e finito, ricco di simbologie che fanno riflettere intensamente su molte domande esistenziali.

 

Regia: 9
Sceneggiatura: 9
Recitazione: 9
Fotografia: 9
Colonna sonora: 9
Ambientazione: 9
Voto finale: 9

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO

Sai qual è il vero fascino del matrimonio? E’ che rende inevitabile la necessità dell’inganno. (Alice Harford in "Eyes Wide Shut")

 


LOCANDINA


6 commenti su “Ran

  1. Ran secondo me è il migliore film (insieme a Rashomon e I sette samurai) di Kurosawa. Anche se è veramente difficile fare una classifica dei suoi film. La tua recensione è come al solito puntuale, esauriente e di grande valore.

    A presto.

  2. Io per ora di Kurosawa ho visto solo questo pur possedendone la fimografia. Di sicuro recupererò e ti saprò dire quali sono i migliori per me ^^

  3. Ciao ale. Volevo sapere come ti sei procurata Ran, visto che sono venuto a sapere che il dvd italiano non esiste.. Lo ricercavo da molto tempo in quanto non sono riuscito a trovarlo da nessuna parte con una qualità decente… Per caso l’hai visto in lingua originale?

  4. Kaede ricorda un po’ Asaji ne “il trono di sangue” (il castello della ragnatela), anche se con motivazioni differenti… che dire…l’inferno..l’inferno….

    Ivan

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