Sacrificio

REGIA: Andrej Tarkovskij

CAST: Gudrun Gisladottir, Allan Edwall, Susan Fleetwood, Erland Josephson, Valérie Mairesse
ANNO: 1986

TRAMA:

L’intellettuale, giornalista, ex attore di teatro Aleksandr vive felice e tranquillo con la sua famiglia in una bellissima casa sulla piccola isola di Gotland. Quando in tv viene annunciata un’imminente catastrofe nucleare, Aleksandr  disperato, ritrova la fede in Dio decantandone le lodi nel Padre Nostro e compie un enorme “sacrificio”.

 


ANALISI PERSONALE

In genere adoro guardare i titoli di testa e di coda di un film, soprattutto quando sono accompagnati, come in questo caso, da una musica stupenda (La passione secondo Matteo di Bach), con sullo sfondo un quadro meraviglioso (L’adorazione dei magi di Leonardo da Vinci). Sin da questi primi stupendi particolari ho intuito che il film sarebbe stato a dir poco favoloso. E, ovviamente, i miei pronostici non sono stati smentiti affatto.

I titoli di testa si concludono con l’inquadratura del primo piano dell’albero presente all’interno del famoso quadro. Subito dopo passiamo a guardare un albero vero che viene retto da un uomo intento a filosofeggiare con un bambino su una spiaggia fatta di erba, con un mare calmo e sereno. L’acqua è un elemento portante di quasi tutti i film del grande Tarkovskij, infatti ne sentiamo lo scroscio sin dai titoli di testa, per poi vederlo e ammirarlo nel primo fotogramma già di per se spettacolare.

Aleksadnr: "Sai, una volta, era molto tempo fa, il priore di un Monastero -si chiama Pamve- conficcò allo stesso modo un albero secco nella roccia e ordinò a un suo discepolo, il monaco Ioann Kolov, gli ordinò dunque di annaffiare ogni giorno quel l’albero finché non fosse tornato in vita.
E per molti anni, ogni giorno, alla mattina, Ioann riempiva un secchio d’acqua e si metteva in cammino. Per portare sulla montagna il secchio d’acqua ci voleva va tutto il giorno, dalla alba al tramonto. Ogni mattina Ioann si incamminava verso la montagna col suo secchio d’acqua, annaffiava quel tronco senza vita e la sera, già col buio, rientrava al monastero.
E questo per tre anni interi.
Finché un bel giorno andò come sempre sulla montagna e cosa vide?
Il suo albero tutto ricoperto di fiori!
"

Capiamo subito che l’uomo è il padre di quel piccoletto, che non riesce a parlare per via di un’operazione subita alle tonsille, e che ascolta diligentemente le storie e le “massime” di suo padre. Al duo si affianca subito un postino (Oscar), alquanto malconcio e ubriaco, amico di famiglia, che ci tiene a fare gli auguri di buon compleanno ad Aleksandr e che gli consegna dei telegrammi. In questa prima sequenza ho potuto ammirare estasiata una delle migliori sceneggiature da me mai ascoltate, così pulita ed elegante e così piena di spunti di riflessione non indifferenti.

Oscar: Un regalo è sempre un sacrificio, se no che regalo sarebbe!

Oscar: “Lo sapevi che Ghandi un giorno alla settimana non parlava con nessuno? Per tutta la vita.”
Aleksandr: “E perché?”
Oscar: “Probabilmente era stufo della gente”.

Un altro aspetto estasiante di questo meraviglioso film è l’ambientazione di questa isoletta piena di verde e di blu, con queste case quasi vittoriane, così grandi, così poco illuminate, così tetre e quasi tristi, seppur così amate dalla gente che ci vive.

Il film inoltre è pregno di significati e aperto a numerosi piani di lettura, sin dall’inizio per bocca di Aleksandr notiamo una certa critica alle nuove tecnologie e alla società evoluta con un buon giudizio e un auspicio di ritorno alla primitività più genuina, teoria e concezione che ricorda vagamente il filosofo Rousseau. Troviamo, inoltre, il solito rapporto/contrapposizione tra la spiritualità e la materialità, altro filone portante della filmografia del regista russo, molto ben resa nel film Nostaglhia. Compare anche, seppur in misura minore, il tema dell’esoterismo nella persona di Maria, una delle domestiche.

“Se qualcuno smettesse di parlare e ogni tanto cominciasse a fare qualcosa!”.

La pellicola scorre molto lentamente, ma non sempre la lentezza è una connotazione negativa, soprattutto in un film pregno di particolari e aspetti meravigliosi come questo.

Tra le scene più intense sono da ricordare quella della disperazione di Adelaide, la moglie di Aleksandr, dopo la scoperta dell’imminente catastrofe nucleare, che piange, sbatte, urla tra le braccia dell’amico di famiglia Victor, di sua figlia, di suo marito e anche quella di Aleksandr, che dopo aver trovato la fede, prega il signore di far tornare le cose “com’erano prima, com’erano ieri, com’erano stamattina”, con la promessa di sottoporsi a qualsiasi sacrificio. Ancora più intenso poi l’incontro tra Aleksandr e Maria, nella sua casa così enorme ma così spoglia, nel quale i due si lasciano andare l’uno all’altro librandosi nell’aria.

Tra i vari personaggi presentatici in questa pellicola, il più interessante, come spesso capita è lo stesso protagonista Aleksandr, uomo di cultura attaccato alle tradizioni. Nel corso della storia, apprendiamo che recitava a teatro il Riccardo III e L’idiota, ma che abbandonò quel mestiere sentendolo troppo peccaminoso e addirittura troppo femminile. Abbiamo poi sua moglie Adelaide, interpretata da un’attrice un po’ sopra le righe, ma molto intensa e adatta al ruolo di donna un po’ trascurata e quasi gelosa del mondo interiore del proprio marito. E poi, Oscar, il postino, colui che smuove l’animo e la mente di Aleksandr e lo induce a compiere l’estremo sacrificio, consigliandoli di andare a letto con una delle loro domestiche (Maria), dotata di alcuni poteri paranormali, definita una strega in senso buono, che lo indurrà alla fine ad abbandonare l’amato figliolo e la propria famiglia, bruciando la sua casa con tutto quello che contiene. Un sacrificio che lo manderà letteralmente in manicomio costretto in una camicia di forza, alla fine del film, in una delle scene finali più intense ed emozionanti che abbia mia visto. Il bambino, riacquista l’uso della parola e recandosi vicino all’albero amorevolmente curato da suo padre dice:

“In principio era il verbo. Perché papà?”

Scrive Tullio Kezich su ‘La Repubblica’ del 13 maggio 1986:
Miracolo a Cannes: il mercato diventa un tempio.
Un russo fuggiasco ci manda un messaggio filmato.
Sembra un film come gli altri ma fin dalle prime immagini colpisce il livello profondo. Dimentichiamo di essere in una sala di spettacolo, in mezzo alla gente, ed è come aprire una busta su cui c’è scritto "Personale".

E Giovanni Grazzini su ‘Il Corriere Della Sera’, sempre il 13 maggio 1986:
"Ci sono dei film che chiedono di essere visti in ginocchio. …A mani giunte chiede di essere visto Il Sacrificio di Andrej Tarkovskij… Un appello straziante e misterioso perché l’umanità, vinta dal materialismo, riacquisti il senso dei valori spirituali e ricomponga l’armonia perduta."

Il regista concluderà il montaggio de ‘Il Sacrificio’ a Parigi, su un letto d’ospedale, fra atroci sofferenze.
Il film verrà presentato a Cannes dove otterrà il Premio Speciale della Giuria.
In quell’occasione il regista svedese Ingmar Bergman, commosso dichiarerà:
"Per me Tarkovskij è il più grande."

 

Regia: 9
Sceneggiatura: 10
Recitazione: 8,5
Fotografia: 9
Colonna sonora: 8,5
Ambientazione: 9
Voto finale: 9




CITAZIONE DEL GIORNO

"Allora, che regalo vorresti per Natale?". "Voglio una carta di credito". (da "Brazil" di Terry Gilliam)

 


LOCANDINA

 

 

6 commenti su “Sacrificio

  1. Tarkovskji è un genio, fin’ora ho solo visto Andrej Rubliov e devo dire che è un capolavoro. La frase del giorno è geniale, presa da un film altrettanto geniale. A me è piaciuto moltissimo Brazil. Edo

  2. Concordo, stupendo Brazil.

    Molto bella anche questa recensione, di un film che purtroppo non ho ancora visto (e complessivamente è un regista che non conosco molto): sfruttata con maestria l’idea di inserire dei dialoghi “significativi” e commentarli. Dovresti farlo con tutte le recensioni Ale! 🙂

    Mi impegno solennemente a conoscere Tarkovskij!

  3. Anche io adoro Brazil ^_-

    Cmq i dialoghi li ho messi anche per altri film, quelli per cui ho preso appunti…:P

    Cercherò di farlo sempre o quasi ^_-

  4. parlare male di un film come questo e’ allo stesso tempo troppo difficile (scontro con autorevoli e solidificte opinioni) e troppo facile (scegliendo di parlare d’aspetti non comuni). Evitando i luoghi troppo comuni e quelli troppo poco comuni, mi limiterei a sottolineare alcuni aspetti per me poco convincenti: totale appiattimento su una visione religiosa (nella fattispecie cristiana) del mondo (Maria, le citazioni del Vangelo, il concetto di sofferenza come espiazione,…); l’uso “metafisico” della MdP per condurre lo spettatore verso la religiosita’; spiccata autoreferenzialita’ stilistica (i tempi lunghi possono essere un valore aggiunto se aggiungono sensoa al diegetico ma sono pretenziosi se il contenuto e’ gia’ completamente esplicitato).

    Spero non odierai chi non ha amato un film che tu hai amato…

    La passione e l’attenzione rendono assolutamente interessante il tuo blog.

    saluti

    pas

  5. Salve pas, ti ringrazio per il commento e soprattutto per aver espresso la tua opinione in maniera gentile e non prepotente, come può accadere quando si è di pareri discordi. Non odio affatto chi non ha le mie stesse opinioni, anzi, è un modo per confrontarsi ed intavolare interessanti discussioni.

    Ti ringrazio per il complimento al mio blog, spero di rivederti presto.

  6. alex ciao sono nuovo e sono capitato x caso qui. quando vedi solaris e scrivi una recensione? vorrei sapere una tua opinione. ci sono 3 o 4 momenti nel film che mi hanno fatto provare una sensazione strana…come di annullamento del tempo, dello scorrere della vita…è una sensazione difficile da spiegare a parole…Se puoi vedilo da sola in silenzio e preparati ad accoglierlo…come quando ti prepari ogni sera per dormire. ciao…giorgio

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