Speciale Ivan Zuccon – 2° parte




NYMPHA

 

Sarah, una giovane in fuga dalla sua vecchia vita, decide di farsi suora presso il convento del Nuovo Ordine, in Italia. Qui però si ritroverà a vivere la terribile esperienza di un’altra ragazza, Ninfa, oltre che a subire delle terribile torture per avvicinarsi a Dio con il solo ausilio della sua anima.

 

Un horror mentale e psicologico questo “Nympha”, anche se non mancano vistose e piacevoli (per gli appassionati) virate verso il gore con mutilamenti vari e copiosi fiotti di sangue che sgorgano dalle porte e dalle pareti, oltre che sul corpo della povera protagonista, ma non solo. Ma ciò che più impaurisce in questa pellicola è proprio ciò che risiede nei meandri della mente umana, ciò che si compie in nome di forze superiori che pilotano le nostre azioni, ovviamente nel caso di chi, come alcuni protagonisti di questa pellicola, della propria mente non ha un pieno controllo.

Ma “NyMpha” può essere letto sicuramente come un monito metaforico contro qualsiasi tipo di fanatismo, in questo caso ovviamente quello religioso che si impossessa letteralmente dei fedeli in maniera quasi spaventosa; ma anche di ciò che i fedeli sono spesso richiamati a fare dalla propria religione (qui è presa in esame quella cattolica, anche se poi si scopre che non è proprio così, ma il discorso si può estendere a qualsiasi religione) che richiede sacrifici e sforzi non sempre facili da sopportare e il più delle volte ingiusti.

Un film che ci fa aprire gli occhi, dunque, sulle esagerazioni di entrambe le parti chiamate in causa (fedeli e Dio (?)), e che con una serie di trovate visive davvero coinvolgenti trasmette una vasta gamma di sensazioni nello spettatore sempre più sconvolto da ciò che si palesa sullo schermo.

Non è una critica sterile alla religione e alla Chiesa, questo “Nympha”, anche perché appunto verso la fine si scopre che questo Nuovo ordine, il convento presso cui si rifugia la protagonista e presso cui subirà torture non indifferenti, non è proprio stato riconosciuto dalla Chiesa, anche se viene sostenuto da molti vescovi, come dice la terribile e agghiacciante madre badessa.

Il tutto si svolge quasi completamente nella stanza in cui viene “ospitata” Sarah, l’americana venuta in Italia per ritrovare la sua anima e il contatto con Dio. Grande forza della pellicola, così come per il precedente “Bad brains”, è infatti l’ambientazione estremamente claustrofobica e decisamente indicata per il tipo di racconto allucinante e allucinato. Perché Sarah ben presto comincerà a rivivere i terribili ricordi di un’altra donna, Ninfa, che sembra comunicare con lei per farle comprendere la reale natura del posto in cui si trova e delle persone che lo “governano”. Ed è così che tramite i flash di Sarah, scopriamo le vicende di Ninfa, messa al mondo da una donna morta di parto e cresciuta da un nonno oltremodo fanatico nei confronti della religione e di Dio. Egli crede infatti che nella sua soffitta ci sia Dio stesso che gli chiede in “pasto” sempre più persone per placare la sua estrema fame di anime, ma non solo. Ed è così che Geremia, il nonno, chiude in soffitta il vicino, il dottore e non solo, che vengono poi letteralmente sbranati. La piccola Ninfa crescerà inoltre nella convinzione di essere la figlia stessa di Dio, messa al mondo per porre fine alla sempre più crescente fame di suo “padre”. La povera Sarah, dunque, sarà costretta ad assistere alla morte di un po’ di gente, alle pazzie di Geremia e all’inesorabile confusione mentale di Ninfa, che sarà poi la sua stessa confusione, tant’è che le due figure possono essere sovrapposte e unite quasi a formarne una sola (esplicativa e molto comunicativa al riguardo la scena di sesso tra le due protagoniste, lontane nel tempo, ma vicine col cuore e con l’anima). La ragazza, oltre ad essere vessata dai ricordi orribili e terrificanti di Ninfa, sarà inoltre costretta a subire, suo malgrado, una serie di torture, dalle suore ritenute necessarie, per avvicinarsi a Dio solo ed esclusivamente con l’anima (ed ecco che le verrà precluso l’uso di tutti i sensi come la vista, l’udito, il gusto e il tatto). Cosa si nasconde allora nella soffitta della casa di Ninfa che adesso è il rifugio delle suore e la prigione di Sarah? Questa la domanda a cui lo spettatore troverà una risposta, forse prevedibile, ma decisamente illuminante.

Molti sono anche gli aspetti tecnici apprezzabili nella pellicola, a partire dagli effetti speciali con una serie di trovate visive non indifferenti (gli occhi bruciati da una specie di acido, la lingua tagliata da un paio di enormi forbici, le porte che sembrano prendere vita) e dalla fotografia cupa e tetra, perfettamente in grado di esprimere tutta l’angoscia e la paura provata da Sarah, ma anche la malvagità di ciò che avviene tra le mura del convento, solitamente luogo di pace e serenità ma qui dipinto come covo del male più inaudito, proprio perché non consapevole, visto che le suore credono fermamente di essere nel giusto e di aiutare la ragazza ad avvicinarsi a Dio. Ottime anche le interpretazioni degli attori protagonisti, a partire da un’intensa Tiffany Shepis nel ruolo di Sarah, fino ad arrivare ad Allan McKenna nel ruolo del terrificante Geremia.

Funzionale e non invadente la regia, che ci accompagna per mano all’interno delle menti dei personaggi, grazie ad apprezzabili movimenti della mdp che si destreggia tra la ristrettezza della cella di Sarah, motrandocene l’aspetto castrante e claustrofobico, e la “pazzia” degli altri protagonisti, messi a nudo e osservati da varie angolazioni letteralmente e metaforicamente parlando.

 

 

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