Splendor

REGIA: Ettore Scola

CAST: Marcello Mastroianni, Massimo Troisi, Marina Vlady, Paolo Panelli, Giacomo Piperno

ANNO: 1988

Jordan, gestore del cinema Splendor in quel di Arpino, si ritrova a dover affrontare la crisi del cinema a causa della preponderanza della televisione e dell’impoverimento culturale che si abbatte sulla settima arte. Ad affiancarlo un’avvenente collaboratrice e un proiezionista sognatore e idealista.

Film molto particolare e non da tutti apprezzato, “Splendor” si affianca a due altre pellicole del 1988 ambientate nel mondo della settima arte e in un cinema come vero e proprio luogo fisico. Trattasi del ben più famoso e amato “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore e del meno conosciuto “Via Paradiso” di Odorisio.

Pur mancando di una carica emotiva e trascinante come quella che contrassegna molto positivamente il capolavoro di Tornatore, questo “Splendor” colpisce per la profondità del punto di vista, dello sguardo sul tema affrontato, della precisa volontà di raccontarne ogni risvolto, sia narrativamente parlando, che formalmente. Tant’è che spesso siamo posti di fronte ad inquadrature dei protagonisti di schiena, quasi come se stessero guardando un film anche quando stanno facendo altro, ma non solo. Esplicativi al riguardo risultano essere l’incipit e il finale in cui uno sgabello posto di fronte allo schermo mostra alla perfezione il rapporto che si viene a creare tra protagonista e oggetto del suo sguardo, sia dal punto di vista materiale (cioè lo schermo vero e proprio), sia dal punto di vista narrativo (il film proiettato in esso). Un vero e proprio esempio di cinema metacinematografico che racconta puntigliosamente, e forse un po’ troppo cinicamente e pessimisticamente, della morte di un’arte o comunque della fine della sua grandezza (“E’ il cinema che è diventato piccolo”, diceva la mitica Gloria Swanson, qui apostrofata dal grande Massimo Troisi in un personaggio molto delicato e suggestivo).

Raccontando le vicende personali e professionali dei tre protagonisti, Troisi appunto (proiezionista che vive sempre nel sogno del cinema, citando spezzoni di film adattandoli alla vita vera ed entusiasmandosi per le storie e le avventure in esso narrate), Mastroianni (nel ruolo del gestore sempre più pessimista nei confronti del futuro della sua professione e del cinema intero, cinico e arreso all’inevitabile) e Marina Vlady (nel ruolo di Chantal l’avvenente bigliettaia, motivo di attrazione, più dei film stessi, per molti avventori e clienti dello Splendor, tra cui un perfetto Paolo Panelli); Ettore Scola decide di raccontare, invece, lo stato del cinema del passato, del presente e del futuro, secondo le sue previsioni basate sull’andamento di allora.

Sono molti gli elementi che ci fanno ricondurre il senso del film ad uno sguardo molto nostalgico e di rimpianto sul cinema del passato (le proiezioni per strada molto affascinanti e aggreganti, i capolavori mai più eguagliati come “Metropolis”, “Il posto delle fragole”, “Il sorpasso”, “La grande guerra” e tanti altri), cinema mai più riproducibile in un contesto  influenzato dal carattere sempre più preponderante della tv e al disinteresse sempre più crescente della gente. Non è un caso che di tutti i capolavori proposti all’interno della pellicola, vengano mostrati quasi sempre i finali, quasi a voler metaforizzare una conseguente “fine” del cinema nella sua interezza, nella sua vera essenza.

Tant’è che all’inizio le digressioni in bianco e nero sul passato glorioso dello Splendor (anche in questo caso viene narrata una delle qualità più straordinarie che il cinema possiede e cioè la capacità di aggregazione sociale e culturale di cui sopra), sono molto più numerose e corpose, per poi via via lasciare spazio al presente a colori, ma paradossalmente molto più sbiadito.

Certo è che il pessimismo di Scola nel raccontare dell’arte di cui e per cui ha vissuto, non si risolve in un imbocco di una strada a senso unico, così come dimostra il delicato, effettistico e citazionistico finale in cui la salvezza di un’arte sicuramente “ferita”, arriva proprio dal paragone con uno dei suoi più grandi esponenti, lo straordinario “La vita è meravigliosa”. Di contro, però, Scola, forse un po’ troppo insistentemente (ed è probabilmente questo uno dei pochi difetti che si possono imputare alla pellicola, cioè quella di essere fin troppo schematica e insistente nel rimarcare la tesi di fondo da cui è percorsa), con una battuta affidata al disincantato Troisi, rimescola, forse anche latentemente, le carte in tavola: “Certe cose capitano solo a Natale”, dice infatti il proiezionista riferendosi sì al film con James Stewart, ma anche al carattere illusorio e utopistico di questa salvezza miracolosa.


Pubblicato su www.livecity.it

5 commenti su “Splendor

  1. l'ho sempre preferito rispetto a nuovo cinema paradiso,più sottile in un certo senso e più profondamente malinconico,ma per vie meno facili se si può dire

  2. Bè io non posso dire lo stesso perchè Nuovo cinema paradiso è proprio un film che mi trascina emotivamente in una maniera incredibile. Certo è che anche questo film, indipendentemente da valutazioni così profodnamente soggettive, è davvero apprezzabilissimo.

  3. Praticamente parla di un uomo che sta per vendere il suo cinema agli americani per farne un multisala. Questo il succo. Non l'ho ancora visto sinceramente, ma dovrei vederlo venerdì prossimo al cineclub al quale sto partecipando da poco e grazie al quale ho visto anche Splendor.

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