Tenet: il film della ripartenza è uno spettacolo imperdibile che gioca coi generi e soprattutto col tempo

Il Protagonista è un agente dei servizi segreti che si ritrova al centro di una missione nella quale dovrà salvare il mondo da uno spietato trafficante d’armi che ha a disposizione dei manufatti con i quali riesce ad invertire temporalmente il percorso di oggetti e persone. Nel mezzo dovrà preoccuparsi di tenere in vita la giovane moglie del criminale e si ritroverà a collaborare con un altro agente che sembra sapere molte più cose di quante dovrebbe saperne. Districandosi tra passato, presente e futuro, quindi, il Protagonista dovrà capire come piegare il tempo al suo volere, destreggiandosi tra libero arbitrio e determinismo.

Ogni nuova uscita cinematografica firmata Christopher Nolan, nel bene e nel male si rivela sempre essere un evento. A maggior ragione essendo questo il film della ripartenza, quello che ripoterà la gente in massa al cinema (con le dovute precauzioni), l’evento risulta essere di portata ancora più epocale. E, al di là delle critiche che si possono muovere al didascalismo, alla freddezza, alla mancanza di empatia, alla costruzione un po’ troppo schematica dei personaggi, alla paradossale linearità del racconto, Tenet ripaga totalmente lo spettatore con un’esperienza cinematografica che solo il grande schermo e una sala buia possono dare, con un film spettacolare sotto tutti i punti di vista tecnico-formali, partendo da una colonna sonora straordinariamente in grado di sottolineare ogni sequenza trasmettendo un’adrenalina non indifferente (stavolta non abbiamo Hans Zimmer, impegnato nel remake di Dune, ma Ludwig Goransson), arrivando alla carta vincente di quest’opera multiforme che è senza ombra di dubbio il montaggio, affidato a Jennifer Lane, storica collaboratrice di Noah Baumbach, qui chiamata ad assolvere un compito di colossale difficoltà, dovendo restituire con la tecnica tutte le implicazioni scientifiche e filosofiche insite nel concetto di palindromia temporale.

In mezzo ci sono delle interpretazioni encomiabili, su tutte quelle di Robert Pattinson nel ruolo di un’imperdibile e carismatica spalla e di John David Washington nei panni del Protagonista (così si definisce lui stesso boriosamente e al tempo stesso ironicamente all’interno del film). Ma non sono da meno nemmeno i comprimari su cui spunta l’immancabile Michael Caine (a cui viene affidata la battuta che più di tutte racchiude lo humour inglese di bondiana memoria qui molto presente in molti dialoghi), ma su cui svetta un “umanissimo” Kenneth Branagh dei panni del villain che non ci sta ad andarsene da solo, ma preferisce portare con sé verso il baratro il mondo intero (“se non posso averlo io, allora non deve averlo nessuno” e in questo caso non si riferisce solo all’amore di sua moglie, ma alla possibilità di vivere in generale, da qui la sua implicazione nel piano di alcune “forze” future che vogliono distruggere il mondo del passato, che poi sarebbe quello del presente del Protagonista e dei suoi alleati, per far sì che non si arrivi al disfacimento ambientale e non solo da loro vissuto, proprio a causa della condotta precedentemente assunta dagli esseri umani: il cosiddetto “paradosso del nonno”).

E la magia di Tenet, ma anche di molti dei film precedenti di Nolan, soprattutto i più recenti, sta nell’essere alto e basso al tempo stesso, nel rifarsi a temi e concetti filosoficamente aulici, facendo però ricorso all’arma del cinema di genere, con un altissimo tasso di intrattenimento e con una fruibilità alla portata di tutti gli spettatori. In questo caso, poi, il regista, ancora una volta, gioca con il concetto di tempo e nuovamente lo fa non solo metaforicamente o tecnicamente come fatto in passato (si pensi a The Prestige, Interstellar, Inception e sopra tutti Memento e Dunkirk), ma anche narrativamente, con una storia in cui la distorsione del tempo, il piegarlo ai propri voleri, la sua aurea mistificatoria e illusoria, la possibilità di cambiarlo o, meglio, di viverlo in maniera diversa in base al punto di vista e alla prospettiva (e Tenet è proprio un film che si basa potentemente sulle prospettive), le conseguenze da esso causate con un non sempre definibile passaggio tra causa ed effetto, sono il fulcro di tutta la vicenda narrata.

Mescolando in maniera sapiente e quasi sempre equilibrata una marea di generi cinematografici (dall’action, allo spionistico, passando per il noir, il war movie e la fantascienza), Nolan parte dal leggendario Quadrato di Sator (iscrizione latina palindroma composta dai termini Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas), con un’idea di base sensazionale, quale quella del film “palindromo” (che poi palindromo non è), per restituirci al solito un cinema totalizzante come esperienza visiva, anche se in questo caso molto meno emotiva che in passato.

E se è pur vero che spesso si lascia andare a didascalismi o strizzatine d’occhio evitabili (come il momento in cui una scienziata spiega al Protagonista che non deve cercare di capire, ma deve sentire, momento in cui ovviamente si sta rivolgendo ruffianamente a noi spettatori), così come in fase di sceneggiatura (questa volta non è stato affiancato da suo fratello Jonathan) abbia tralasciato una costruzione un po’ più profonda dei personaggi, in questo caso relegati solo a pedine per lo spettacolo visivo e per il racconto del tema di fondo, è anche vero che, seppur solo verso il finale, riesce a regalare dei brividi che solo il grande cinema di emozioni riesce a darti (ci riferiamo ad una particolare scena che vede protagonisti Pattinson e Washington nel momento in cui si separano definitivamente o forse, anzi sicuramente, no).

Viaggi nel tempo, paradossi temporali (è una guerra fredda, anzi ghiacciata, non nucleare ma temporale, come viene ribadito all’interno de film), fisica quantistica e molto altro servono in realtà a Nolan per imbastire un’opera da assaporare e riassaporare con successive visioni chiarificatorie, in cui magari ricomporre questo fantastico e imperdibile cubo di Rubik.

6 commenti su “Tenet: il film della ripartenza è uno spettacolo imperdibile che gioca coi generi e soprattutto col tempo

  1. Non ho ancora visto Tenet, ma credo che mai prima di oggi un film sia stato caricato di così tante aspettative (il primo blockbuster dopo il lockdown, il nuovo capolavoro di Nolan, il film che farà tornare il pubblico in sala…), e con questa premessa era davvero difficile non deludere nessuno.

    1. Sì, sono molti gli scontenti, infatti, ma sono quelli che non amano nemmeno le opere precedenti di Nolan. Io sono ancora tra gli estimatori (anche se forse questo non lo metto in cima ai miei preferiti) e penso che film come The Prestige, Inception, Interstellar, Dunkirk, ma anche i Batman e Memento, se non sono dei capolavori, quasi ci arrivano. L’unico sui film che mi è piaciuto meno è Insomnia, ma comunque non è un film da buttare in assoluto.

  2. Gli va riconosciuto il merito di aver riportato la gente in sala (e non è certo poco!): Nolan è un regista “cult”, uno dei pochissimi ancora capace di smuovere il pubblico. Detto questo, il film per me è una delusione enorme… un film bulimico, inutilmente e esageratamente complesso, pretenzioso, faticosissimo, che non trasmette la minima emozione. Solo stile e tecnica, ma da soli non possono bastare.

    1. Io non l’ho trovato così faticoso, anzi l’ho trovato un action anche abbastanza leggero rispetto ad altre sue opere.

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