The fog Vs The fog – la nebbia assassina

Le colpe dei padri espiate dai figli

In occasione della preparazione dei festeggiamenti per il centenario della cittadina di Antonio Bay, cominciano a verificarsi degli strani avvenimenti. Ben presto si scopre che all’interno della fitta nebbia che avvolge l’isola si nasconde un pericolo terrificante. La terribile sete di vendetta di alcuni lebbrosi, sfruttati dai padri fondatori della cittadina per costruire la propria ricchezza e la propria prosperità, sta per avere luogo.

Sicuramente non uno dei piccoli-grandi capolavori carpenteriani che rimaranno nella storia del cinema come dei cult indimenticabili, "Fog" del 1980 è però senza ombra di dubbio un efficiente esempio di horror che coinvolge e appassiona lo spettatore pur con scarsi mezzi, basandosi principalmente su un’ottima costruzione della suspance e su delle straordinarie atmosfere inquietanti e angoscianti, rese tali non solo dall’abile maestria registica di Carpenter, ma anche soprattutto dalla bellissima colonna sonora da lui stesso composta (come per quasi tutte le sue pellicole) e dalla funzionlissima e molto ben curata fotografia di Dean Cundey che incornicia alla perfezione le meravigliose e affascinanti locations in cui la pellicola è ambientata.

"The Fog" si apre con un interessante incipit in cui alcuni bambini sulla spiaggia ascoltano terrorizzati il racconto di un vecchio che sta parlando della storia della nascita di Antonio Bay e di come i padri fondatori riuscirono a costruirla e ad arricchirsi con l’inganno e la cupidigia. Ma questa non è l’unica sequenza degna di nota di "The Fog", visto che, anche per adeguarsi all’imperante moda degli anni ’80 di un cinema più gore e più orrorifico soprattutto dal punto di vista visivo, Carpenter si decise ad inserire dei momenti ad alto impatto adrenalinico come l’estenuante e pericolosissima lotta corpo a corpo tra Stevie (una delle protagoniste femminili, la conduttrice di una trasmissione radiofonica, nonché proprietaria del faro dal quale vedrà la nebbia avvicinarsi minacciosamente) e le creature assetate di vendetta che si nascondono nella nebbia (la sequenza più riuscita nella creazione del pathos è però quella in cui la città improvvisamente "impazzisce", con i cani che cominciano ad abbaiare insistentemente, i telefoni che squillano rumorosamente, gli allarmi delle auto che cominciano a suonare senza motivo e via dicendo). Indimenticabile la caratterizzazione quasi fumettistica data a questi personaggi "cattivi" (anche se in effetti altro pregio della pellicola è proprio quello di non dare giudizi circa la giustezza o meno di queste vendetta, tanto che Carpenter sembra non prendere le parti né di chi subisce la vendetta, né di chi la mette in atto), che appaiono completamente vestiti di nero con degli uncini coi quali attaccano e uccidono le sventurate vittime.

Sono molti i personaggi che compongono questa narrazione fantastica e dai sapori antichi (il veliero, il tesoro con monete d’oro, i lebbrosi, ecc…), a cominciare da una disinibita autostoppista (interpretata dalla Jamie Lee Curtis che aveva interpretato forse l’horror più straordinario della carriera registica di Carpenter, "Halloween"), passando per colui che la carica in auto, fino ad arrivare all’organizzatrice della festa cittadina, al figlio della speaker radiofonica e al parroco in preda ai rimorsi per quello che ha scoperto leggendo un diario nascosto tra le mura della sua chiesa da suo nonno, uno dei padri fondatori.

Al di là del valore puramente superficiale della pellicola, insito proprio nella semplicità del soggetto e nella capacità di intrattenimento, quello che più interessa in "The Fog" e la sua carica metaforica insita nel racconto di questo "peccato originale" le cui conseguenze ricadono sui figli, costretti a portare sulle spalle il peso delle terribili azioni dei propri padri, che hanno costruito la propria ricchezza e la propria prosperità abusando delle debolezze altrui. Ogni riferimento alla società americana è puramente casuale? Stando a quanto Carpenter ci racconta in questo horror avvolto nella nebbia, la risposta sembra quanto mai scontata.

Sangue chiama sangue

L’unica motivazione che molto spesso accompagna la creazione di remake, soprattutto orrorifici, è puramente economica. Raramente gli intenti che stanno alle spalle di queste operazioni commerciali sono nobili, come quello di riportare alla memoria pellicole ingiustamente dimenticate o poco conosciute. Non è questo il caso di "The Fog – la nebbia assassina", terribile rifacimento dell’horror di Carpenter, inspiegabilmente prodotto dal regista stesso e dalla prematuramente scomparsa Debra Hill.

Quello che accomuna le due pellicole, infatti, è solo il plot generale con il riferimento alla nebbia all’interno della quale si celano i paurosi personaggi in cerca di vendetta nei confronti della comunità di Antonio Bay che è potuta nascere, crescere e prosperare a loro spese (anche la caratterizzazione di questi "mostri" è del tutto stravolta, trattandosi in questo caso di personaggi orrendamente costruiti in computer grafica). Per il resto siamo di fronte ad una pellicola totalmente irrispettosa nei confronti della natura dell’originale, oltre che tutto sommato abbastanza piatta e incolore, nonché priva di qualsiasi momento di pathos, angoscia o di minimo interesse. Palesemente costruita in modo tale da attirare e accontentare un pubblico di teen-ager scaplitante per un numero eccessivo di morti o per qualche scena osè, "The Fog – la nebbia assassina", si può definire proprio per questi motivi un vero e proprio teen-horror, e nemmeno dei più riusciti.

Tutti i protagonisti (praticamente quasi gli stessi dell’originale) sono ringiovaniti all’inverosimile, tant’è che i due principali sono interpretati da due icone del mondo telefilmico, Tom Welling (il Clark Kent di "Smallville") e Maggie Grace (la Shannon Rutherford di "Lost"), che non riescono a risultare convincenti nelle loro interpretazioni, così come quasi tutti i loro comprimari. Molte sono le situazioni e gli eventi "rivisitati" in chiave patinata e giovanlistica: ad esempio se nell’originale all’inizio l’imbarcazione peschereccia che veniva attaccata dalla nebbia era formata da un equipaggio di esperti marinai di mezza età, in questo caso abbiamo due ragazzini in preda ai deliri dell’alcool e degli ormoni, accompagnati da due succinte ragazze che si esibiscono in balletti sfrenati e che ovviamente fanno una bruttissima fine.

Altro grande difetto di questa pellicola, sia rispetto all’originale, sia presa singolarmente senza fare confronti, è l’eccessivo didascalismo insito in molti dialoghi fin troppo stereotipati e ripetuti all’infinito per trasmettere il concetto (originariamene trasmesso quasi in sottotesto o suggerito velatamente), dei peccati dei padri che ricadono sui figli. Ecco che lo slogan principale del film diventa un "sangue chiama sangue", fin troppo spiattellato e abusato. Inspiegabile anche l’inserimento di un simbolo (la bilancia, come metafora della giustizia che pesa i peccati?) che compare in ogni angolo in cui si imbattono i vari protagonisti (alcuni dei quali solo abbozzati e presenti sullo schermo senza un minimo di logica e rigore, come ad esempio il prete che nell’originale aveva un ruolo primario).

Incommentabile il finale per non rischiare di apparire più crudeli dei vendicatori, o peggio ancora dei padri fondatori di Antonio Bay. Certo è che l’affermazione finale: "Con gli anni tutto torna", non trova assolutamente riscontro con questo remake che arriva 26 anni dopo l’originale e non ne conserva neanche minimamente lo spirito.

Pubblicato su www.supergacinema.it

7 commenti su “The fog Vs The fog – la nebbia assassina

  1. Un altra manifestazione della follia che si cela dietro i (vani) tentativi di fare dei remake horror di assoluti gioielli del passato…immenso carpenter, quando la gente capirà che il suo stile ed i suoi film sono assolutamente inimitabili?

  2. Concordo su tutto. Il The Fog di Carpenter non è un capolavoro, ma è comunque un horror vero, di classe. Riguardo al remake invece, davvero poco (o nulla) da salvare. Pleonasmo allo stato puro.

  3. Verdoux e Alessio, anche io trovo che Carpenter sia assolutamente inimitabile, ma mica è detto che quando uno fa un remake deve imitare il regista dell’originale. Cioè il remake ha senso, se proprio vogliamo trovare un senso, se riesce a riproporre le stesse situazioni, gli stessi temi, in maniera innovativa e originale, oltre che ovviamente decente dal punto di vista formale e non. In questo caso direi che non ci siamo proprio…

  4. Voto decisamente Carpenter. Andai a vedere il remake giusto per curiosità e, oltre a rimanere scioccato da quanto Tom Welling potesse essere inespressivo anche fuori dai panni di Clark "Superboyscout" Kent, sono rimasto deluso dal film in assoluto, remake o meno…

  5. Per vari motivi che adesso non sto qui a spiegare The Fog (ovviamente l'originale) è per me un film di altissima qualità, addirittura ritengo che sia uno dei migliori film di Carpenter. Un film sul quale avrei forse troppo da dire. Meraviglioso. L'altro non l'ho ancora visto.

  6. Non è tra i miei preferiti in assoluto di Carpenter, però sicuramente è un film di ottima qualità anche secondo me. L'altro è meglio se non lo vedi, ahah

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