The House: l’ossessione per la materialità raccontata in una stop-motion fenomenale

Fine ‘800: un uomo particolarmente depresso per la sua condizione di povertà, accetta la sinistra proposta di un architetto che gli chiede di lasciare con la moglie e le due figlie la casa in cui vivono per andare ad abitare in un’enorme e lussuosa abitazione che egli stesso progetterà. Una volta arrivati nella nuova casa, però, qualcosa di molto sinistro comincerà ad accadere e nulla sarà più come prima.

Giorni nostri: un agente immobiliare sta facendo di tutto per ristrutturare una casa che una volta venduta potrebbe fruttargli un bel po’ di soldi, per lui indispensabili visto che è rincorso dai creditori. In estrema difficoltà nel portare a termine il suo lavoro, ben presto verrà ostacolato dall’assalto vero e proprio di un esercito di blatte e dall’arrivo di due potenziali acquirenti che, con la scusa di essere particolarmente interessati all’abitazione, si intrufoleranno in casa, comportandosi come se fossero già i loro proprietari. Preso dalla disperazione più totale, l’agente immobiliare regredirà allo stato “animale” in una sorta di metamorfosi kafkiana.

Futuro: la terra sembra essere ormai quasi totalmente sommersa dall’acqua, ma una donna risoluta ha deciso di non lasciare la casa che sta cercando di ristrutturare da sola con le sue forze, perché sembra essere la sua unica ragione di vita. Gli inquilini degli appartamenti che ha affittato, che la pagano con tutto tranne che con i soldi che le servirebbero, fanno di tutto per cercare di farle capire che non c’è più niente da fare, se non voltare pagina e cercare di andare avanti, ma lei è del tutto decisa a rimanere dov’è e a portare a termine il suo lavoro. Ma la sua ferra convinzione verrà meno con l’arrivo di un personaggio molto particolare.

Sono due i leit-motive che collegano i tre segmenti che compongono questa sopraffina opera d’animazione in stop-motion con un fil rouge fatto di angoscia, tensione e per finire anche speranza. In primis la casa che fa da ambientazione alle storie di questi personaggi, intesa sia come luogo fisico vero e proprio sia come luogo simbolico e metaforico; in seconda istanza il tema dell’ossessione che caratterizza tutti i protagonisti di queste vere e proprie storie dell’orrore.

Ossessione per il proprio stato sociale, per il beni materiali, per la propria affermazione professionale, per questa casa che per loro viene vista come possibilità di fuga dalla propria estrema solitudine, ma che paradossalmente si trasforma essa stessa nel più grande motivo del loro isolamento dalla realtà delle cose, dall’essenza della vita.

Con una cura certosina per il particolare e con un’attenzione particolare ai materiali utilizzati (soprattutto nel primo straordinario segmento), The House turba profondamente e comunica potentemente il suo “messaggio”, toccando varie corde del genere horror e meravigliando per una messa in scena straordinaria che si trasforma in una forza visiva raramente vista in un film di animazione.

Nonostante, insomma, siamo di fronte a pupazzi di lana, topi e gatti antropomorfi, The House non manca di potenza espressiva e, anzi, riesce a terrorizzare, inquietare e per certi versi anche emozionare con grande intensità. Un prodotto di cui il colosso Netflix può andare fiero che rischia di perdersi tra le centinaia di titoli inutili che affastellano il catalogo, ma che andrebbe a tutti i costi messo in risalto per la sua innegabile unicità.

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