The Truman show

REGIA: Peter Weir
CAST: Ed Harris, Jim Carrey, Laura Linney, Noah Emmerich, Natascha McElhone, Holland Taylor
ANNO: 1998

TRAMA:

La vita di Truman Burbank, scorre normalmente e a volte anche noiosamente nella quieta e amena cittadina di Seahaven. Ha una bella moglie, un carissimo amico, un buon lavoro, dei simpatici vicini. Ma un bel giorno Truman si sveglia e si accorge che forse tutto quello che sta vivendo non è vero, che forse la gente che gli sta intorno mente e decide di indagare più a fondo…

 


ANALISI PERSONALE

The Truman show è proprio spettacolo, nel verso senso della parola. E’ lo spettacolo televisivo della vita di Truman Burbank sin da quando era nell’utero materno all’interno del quale fu posizionata una telecamera. Truman è il protagonista assoluto, inconsapevole, di uno show televisivo che va in onda da trent’anni, che è poi la sua età. Gli spettatori ne seguono ogni singolo passo e movimento, dalla caduta del primo dentino, alle sue giornate di lavoro, alle sue uscite con l’amico, ai suoi “momenti” con la moglie, anche se questi ultimi non vengono mostrati nella loro interezza. Tutto questo è possibile perché lui vive in un set televisivo, la cittadina Seaheaven è stata costruita ad arte per essere la scenografia dello show e tutti i suoi abitanti, compresi moglie, amici e colleghi, sono degli attori pagati per svolgere determinati ruoli. Ovviamente Truman è all’oscuro di tutto ciò, ma quando comincerà ad avere il sentore che c’è qualcosa di strano, qualcosa che non va, combatterà a tutti i costi per scoprirlo e per riuscire a vivere una vita vera.

 

Non troverete nulla in Truman che non sia veritiero, non c’e’ copione, non esistono copie; non sara’ sempre Shakspeare ma e’ autentico: e’ la sua vita. (Christof in "The Truman show")

 
L’idea di fondo di questo film a mio avviso è originalissima, soprattutto nel 1998, quando ancora non era scoppiata, ahimè, la moda dei reality e proprio per questo la pellicola è tutt’ora attualissima ed esprime ampiamente il comune senso di voyeurismo insito nelle società moderne. Infatti, possiamo vedere in varie sequenze, la gente più disparata appassionarsi all’inverosimile alla vita di Truman, seguirlo in ogni suo passo, trepidare per lui, gioire, soffrire, piangere o ridere con lui. Ovviamente il tutto viene rivisitato in chiave ironica ma non troppo, soprattutto quando il protagonista si accorge di essere parte di qualcosa più grande di lui e di essere macchinato e giostrato da un uomo, il produttore televisivo, Christof (da notare la scelta del nome), che manipola e gestisce il tutto dal suo studio televisivo posizionato proprio all’interno di un finto sole.


Le scene simpatiche non mancano, come gli stacchetti pubblicitari di sua moglie o del suo amico, che mentre parlano con lui, rifilano prodotti su prodotti davanti alla telecamera nascosta. Ma ci sono anche momenti di suspance e di ansia, che anche noi spettatori riusciamo a provare per Truman, quando questi tenta a tutti i costi di sabotare quel “qualcosa” che ancora non ha individuato, ma che ha subodorato. La scena finale mi ha lasciato davvero a bocca aperta: Truman, superando la sua paura per l’acqua creatagli ad arte (quando era piccolo finsero di far annegare suo padre in una gita in barca), cerca di fuggire da Seaheaven ma quando arriva vicino all’orizzonte la sua barca urta contro una parete dipinta a mò di cielo. Ammetto che sono rimasta davvero esterrefatta, come ovviamente lo stesso Truman che ora ha la certezza di aver vissuto tutta la sua vita nella finzione, nell’inganno e nella menzogna. Ed è proprio nel finale che Christof si rivela al suo “figlioccio”, dicendogli che fuori di lì non troverà l’amore e l’affetto che gli è stato creato all’interno di quella piccola cittadina artificiale e che lui è la sua creatura in cui ha riposto tutte le speranze e le ambizioni della propria vita. Ovviamente non vi dirò, quale sarà la scelta di Truman, se oltrepassare la porta oltre gli scalini o ritornare nel suo mondo ovattato, da una finta moglie, un finto migliore amico, una finta vita, insomma. La scelta sarà ardua, ma considerando che sin da piccolo alla maestra che gli domandava cosa volesse fare da grande rispondeva l’esploratore, non è difficile da intuire quale sarà.

“Non puoi andare più lontano prima di cominciare a tornare indietro”

Al di là di queste scene più o meno sensazionalistiche, ho gradito ampiamente l’ambientazione. Questo set non set, questa cittadina non cittadina, questi attori non attori, tutto abilmente costruito sia dall’ideatore all’interno del film, sia da quello vero, che noi non vediamo, ovviamente. Ho letto che all’inizio la location avrebbe dovuto essere New York, ma a mio avviso sarebbe stato poco credibile creare questo piccolo mondo fittizio in una città così grande abitata da così tante persone. Per cui l’idea della piccola isoletta, dalla quale Truman non avrebbe mai potuto né desiderato scappare (dato che i giornali locali, finti anch’essi, ne decantano ogni dì l’estrema bellezza e vivibilità), è veramente geniale e innovativa. Tutta l’impalcatura del film però è sorretta dall’abilissimo, quanto versatile, Jim Carey che qui forse ha dato il meglio di sé, abbandonando le sue consuete smorfie e caricature e dando vita ad un personaggio profondo ed intenso come Truman. Accanto a lui un cast per nulla stellare, ma costituito da ottimi attori, prima tra tutte la moglie Laura Linney che ho trovato perfetta nel ruolo della mogliettina tutta casa e lavoro, così dolce e disponibile (anche se per finta), ma anche il produttore-creatore-padre interpretato da Ed Harris che si muove più che abilmente all’interno del suo studio e che riesce perfettamente a calarsi nella parte del “fissato” quasi all’estremo con il suo show e il suo Truman. Sono da apprezzare, inoltre, la sceneggiatura di Andrew Niccol che pur non essendo bellissima, è originalissima nella sua idea di fondo e la colonna sonora molto leggera e godibile.

 

Buongiorno… e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte! (da "The Truman Show")

Il film, insomma, narra non solo del povero Truman e della sua finta vita, ma anche del rapporto tra i media e il pubblico, rapporto a volte morboso e al limite dell’eccesso, ma anche così flebile e volubile, basti pensare a come reagisce la gente una volta che Truman decide di porre fine alla sua pseudo-vita per cominciarne una vera e quindi anche allo show. C’è chi cambia canale, chi torna a fare quello che stava facendo e chi gioisce per lui, come la ragazza che era stata il suo amore giovanile e da cui era stato allontanato perché ritenuta pericolosa per la continuazione dello show.

Ma questo rapporto insano, se così vogliamo chiamarlo, non è l’unico tema che riusciamo a cogliere all’interno di questo film, perché esso tocca anche altri argomenti come la voglia di vivere appieno le esperienze della vita, di assaporare i pericoli ma anche le gioie, di esplorare ciò che ci circonda, di conoscere e di sapere.

 

Consigliato a chi odia i reality show come me e a chi vuole vedere Jim Carey in vesti diverse (anche se ultimamente ciò accade spesso, per fortuna). Sconsigliato, invece, a chi li segue morbosamente come i protagonisti del film stesso con Truman (ma forse è consigliato anche a loro, può essere un buon insegnamento per cambiare la concezione di tv e di quello che dovrebbe essere e trasmettere).

 

Regia: 8,5
Sceneggiatura: 8
Recitazione: 8,5
Fotografia: 7,5
Colonna sonora: 7,5
Ambientazione: 9,5
Voto finale: 8

 

Accettiamo il mondo così come ci viene presentato.

 


CITAZIONE DEL GIORNO

Vengono fuori gli animali piu’ strani, la notte: puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori. Un giorno o l’altro verra’ un altro diluvio universale e ripulira’ le strade una volta per sempre. (Robert De Niro (Travis Bickle) in "Taxi driver")

 


LOCANDINA


14 commenti su “The Truman show

  1. Ciao Ale55andra,

    complimenti per la recensione. Condivido davvero tutto, ed in più direi solamente che ho apprezzato tantissimo il finale del film.

    In realtà la scelta di Truman, alla fine, non risolve il dubbio.

    Senza entrare nei dettagli per non rovinare il finale a chi non ha ancora visto questo bellissimo film, non credo che si possa parlare di finale positivo, qualsiasi sia la sua decisione.

    In fondo tutti noi siamo un pò come Truman, pilotati nelle scelte dai media, dai politici che non ci rappresentano, e siamo osservati costantemente da un Grande Fratello che forse non ha mai smesso di funzionare.

    Il film del grandissimo Weir è appunto una critica al nostro modo di vivere, (in)consapevolmente veicolato nelle scelte.

  2. Grandissimo film per un grandissimo Carrey che purtroppo poi ultimamente s’è un po’ allontanato dai progetti buoni e sta marciando al di sotto dells ue possibilità.

  3. Joel Schumacher è un regista così così, che ha fatto qualcosa di veramente dignitoso ma anche molta monnezza. Mi riservo ad una visione in dvd.

    Le migliori performance “serie” di Carrey restano, per me, quelle di Man on the moon (film magnifico) e di Se mi lasci ti cancello (ma preferisco ricordarlo come Eternal sunshine of the spotless mind)

  4. Eternal sunshine of the spotless mind è un film stupendo, lo recensirò prima o poi. Man of the moon nn l’ho ancora visto. Cmq concordo su Schumacher

  5. mah, ricordo che al cinema mi lasciò , diciamo, divisa a metà. comunque una buona idea di fondo e un’ottima regia ne fanno sicuramente un film pregevole. ma di Peter Weir prediligo innanzitutto Pic Nic ad Hanging Rock, il suo capolavoro metafisico, una specie di x-files ambientato nel 1900. guardatelo se non lo avete ancora fatto 🙂

  6. Una delle migliori interpretazioni di Carrey…molto commovente.

    Ps interessato dalla tua recensione sono riuscito a procurarmi “La cena dei cretini”…;)

    Filippo (Cinedelia)

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