Tony Manero

REGIA: Pablo Larrain
CAST: Alfredo Castro, Paola Lattus, Hector Morales, Amparo Noguera, Elsa Poblete
ANNO: 2009

TRAMA:

Raul, incurante della dittatura di Pinochet che ha reso squallido tutto ciò che lo circonda, vive la sua esistenza nell’ossessione di diventare l’imitatore numero uno di Tony Manero, protagonista de La febbre del sabato sera.



ANALISI PERSONALE

Vincitore dell’ultimo Torino Film Festival, Tony Manero non è sicuramente un film facilmente digeribile e comprensibile, anche se altamente disturbante e coinvolgente. L’ossessione del protagonista riesce a far entrare lo spettatore nel suo mondo completamente estraneo alla realtà, nella quale entrare solo per servirsi di qualcuno o di qualcosa atto alla realizzazione del suo unico sogno. Un’ossessione quella di Raul (interpretato da uno straordinario Alfredo Castro), che si esplica in una serie di atti feroci e inaspettati che arrivano come dei fulmini a ciel sereno a fare da contraltare alla narrazione apparentemente statica e incolore dell’alienazione di quest’uomo dalla società circostante. La storia personale di Raul, un uomo che ha passato la cinquantina senza aver combinato nulla e che vuole più di ogni altra cosa mostrare al mondo la sua somiglianza col famoso Tony Manero, va a confondersi con la storia di un intero paese vessato dalla dittatura di Pinochet, con i militari che costringevano al coprifuoco e che picchiavano e uccidevano chiunque si opponesse. Una dittatura, come tutte le dittature, disindividuante nella quale l’omologazione era l’arma vincente per far sì che tutti fossero consenzienti. Una dittatura spersonalizzante che impediva a chiunque di potersi esprimere liberamente e che ostacolava la scoperta e la conoscenza di nuove culture, lo scambio di pensieri e di opinioni. Fa quasi piacere, dunque, vedere che nonostante le grinfie di un “padrone” di tal fatta, il sogno americano tramite pellicole come La febbe del sabato sera, riusciva comunque a sfondare quel muro di cemento armato e ad arrivare anche a persone come Raul, che di quel sogno ne fa una vera e propria mania. La sua vita è tutta votata all’allenamento per diventare un bravo ballerino e potersi esibire ogni sabato sera sul palco del locale gestito da una signora che sembra essere innamorata di lui, oltre che sua succube. A contornarlo, una mamma e una figlia con le quali ha uno strano e ambiguo rapporto di amore-odio, oltre che di sesso e un ragazzo che in qualche modo tenta di assecondare ogni suo volere.

Nonostante non sia bello, né giovane, né bravo o minimamente somigliante al giovane e “buzzurro” John Travolta de La febbre del sabato sera, Raul è pienamente convinto di esserne il sosia perfetto, di poter assurgere al rango di “gemello” del famoso personaggio cinematografico, da lui talmente amato tanto da recarsi quasi ogni giorno al cinema a vederlo sul grande schermo, fino a quando non verrà sostituito da Grease, avvenimento che lo porterà a compiere un ulteriore atto efferato che andrà a sommarsi a quelli già compiuti per raggiungere il suo obiettivo primario. La vita di Raul, infatti, si suddividerà tra balletti e omicidi dei quali quello che rimane più impresso è il primo ai danni di una vecchia signora che poco prima di morire dice a Raul: “Lo sapeva che Pinochet ha gli occhi azzurri?”. Eh si, perché non tutti si opponevano o soffrivano per quella dittatura, c’era chi ne traeva profitto o semplicemente preferiva sottostarvi pur di non incappare in qualsiasi problema. Lo stesso Raul sembra esserne totalmente indifferente, approfittandone al momento giusto per raggiungere i suoi obiettivi (decisamente esplicativa al riguardo la scena in cui un uomo viene picchiato a sangue dai poliziotti militari e Raul ne approfitta per rubargli i soldi). Perché il sosia di professione – quando gli chiedono che lavoro fa, lui risponde sempre “questo”, riferendosi allo spettacolo – oltre a danzare ed ammazzare, si destreggia anche con i furti per riuscire a sostituire il palco di legno marcio del club dove si esibisce, con uno fatto di mattonelle di vetro che si illuminano, come quello messo a disposizione del grande John Travolta. Una forte critica alla dittatura, quindi, questo film che in alcuni momenti rischia di sfiorare la macchietta, ma che rimane decisamente in equilibrio con alcuni momenti di deflagrazione totale (non solo gli omicidi, ma anche molte altre scene che hanno un impatto visivo quasi sconvolgente); ma anche una profonda riflessione sulla potenza comunicativa e sulla forza trascinante del cinema e dei suoi grandi personaggi, soprattutto in periodi e situazioni molto particolari, come è stata appunto la terribile dittatura che fa da sfondo, ma è grande protagonista, di questa pellicola.
 
VOTO: 8



CITAZIONE DEL GIORNO

Le qualità ed energie che portano un uomo a conquistare una fortuna sono spesso le stesse che lo portano poi a perderla. (in "Barry Lindon")
 


LOCANDINA

10 commenti su “Tony Manero

  1. Veramente interessante. Dovrò aspettare un po’ prima di vederlo (ormai lo sai). Promette bene. Poi, quando ci sono ossessioni di mezzo… 😉

    Adele

  2. Si, comunque è un film che fa dello squallore la sua bandiera. E’ molto disturbante secondo me. Però arriva dritto al punto.

  3. Incredibile! Un film come questo che non arriva da me e quasi mi sfugge. Per fortuna che ci sono i cineblogger e c’è questa tua illuminante recensione. Ambientato ai “tempi” di Pinochet. Cile anni’70, la mia passione!! (Nel senso che ho odiato tanto quella dittatura anche per via degli stadi usati come carceri). Ascolto ancora oggi la musica degli Inti Illimani. Devo vedere questo film!

  4. L’ho visto… Ora capisco cosa intendevi con “disturbante e coinvolgente”. Raggiunge picchi davvero notevoli.

    Grazie 🙂

    Adele

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