You Should Have Left: i corridoi inestricabili e imprigionanti di una mente avvinta dal senso di colpa

Theo e Susanna sono sposati e apparentemente molto innamorati, nonostante la considerevole differenza di età. Insieme alla figlia Ella, bambina adorabile e affettuosa, decidono di trasferirsi per un breve periodo in una lussuoissima villa nelle campagne del Galles, visto che lei, di professione attrice, dovrà stare per otto settimane lontana dalla famiglia per girare un film a Londra. L’abitazione, però, fatta di lunghissimi corridoi perennemente illuminati e di numerosissime stanze “nascoste” in altre stanze, riserverà non poche sorprese.

Non è prevalentemente un horror, non punta sull’effetto sensazionalistico o sulla paura vera e propria. You Should Have Left, nuovo prodotto targato Blumhouse, è piuttosto un thriller psicologico molto intenso che gioca principalmente col mistero che ruota attorno alla figura del protagonista maschile, un perfetto Kevin Bacon, in grado di trasmetterci tutto lo spaesamento provato da Theo nel momento in cui è ancora avvolto dall’indeterminatezza circa quello che avviene nella casa e tutta la sofferenza che prova una volta scoperto l’arcano.

Mistero che viene risolto verso metà film, dove ci viene spiegato per quale motivo questo sessantenne sposato con una trentacinquenne si ritrova spesso a dover fare i conti con una notorietà fastidiosa, non dovuta a qualche merito, ma ad un avvenimento che l’ha reso famoso e che gli impedisce spesso di presentarsi col suo nome o di farsi vedere troppo in giro. Mistero che, una volta svelato, forse ci porta fin troppo facilmente alla realizzazione di quello che la casa sta a metaforizzare e del perché al suo interno appaiono figure sinistre e ombre sfuggevoli.

La dimensione onirica in You Should Have Left la fa da padrone con gli incubi che ogni notte arrivano a sconquassare la mente di Theo che si ritrova a sognare di un losco individuo intento a minacciare il sonno della sua adorata bambina. Degli incubi che diventano fin troppo reali, fino a quando vanno a fondersi, confondersi o per meglio dire sovrapporsi alla realtà, in una sorta di loop quasi infinito che confonde ulteriormente i pensieri dell’uomo.

Sullo sfondo la figura della giovane moglie (Amanda Seyfried), una millennial tutta cellulare e lavoro, che viene poco approfondita, molto probabilmente volutamente, e che serve solo come “pretesto” che affossare il già labile equilibrio mentale del protagonista maschile, asfissiato dai sensi di colpa per un particolare avvenimento del suo passato e incapace di gestire al meglio la notevole differenza d’età con la giovane e sensuale  compagna, dal momento che i due parlano linguaggi diversi e sembrano vivere in due realtà completamente diverse.

Quindi, nonostante la prevedibilità dello script e del finale, il film colpisce più che altro per le atmosfere inquietanti e per la capacità di creare tensione utilizzando un’ambientazione ultramoderna e non scontatamente gotica come ci si poteva aspettare e illuminando in maniera consistente gli ambienti e i corridoi in cui si perde Theo e anche la sua famiglia.

In un paio di momenti, tra l’altro, David Koepp, prolifico sceneggiatore e discreto regista, qui in entrambe le vesti, riesce anche a trasmetterci una sana dose di disagio, soprattutto quando Theo si trova a scrivere le sue sensazioni sul suo diario e il suo riflesso nello specchio sembra fare tutt’altro, fino a quando non appare fin troppo chiaro che il peso del senso di colpa e il senso di inadeguatezza che colpiscono il nostro protagonista, non possono più essere ignorati.

9 commenti su “You Should Have Left: i corridoi inestricabili e imprigionanti di una mente avvinta dal senso di colpa

  1. Mi sono piaciuti i personaggi e molti dei loro dialoghi, ho apprezzato l’atmosfera sinistra che più volte strizza l’occhio a Lovecraft per certe trovate, ma i “Jump scare”, le vasche da bagno, il mistero che non è un mistero, l’effetto già visto mi ha colpito duro, ma in ogni caso i film della Blumhouse si guardano tutti, non vanno mai sotto un certo livello medio di qualità, e poi Gavino Pancetta spacca 😉 Cheers

  2. Gavino pancetta è sempre Gavino pancetta…..
    però lo ho già visto un paio di volte in questo ruolo (in un film fine anni novanta e quello del bambino nel canyon a metà decennio passato scusate non ricordo i titoli) e devo dire che dei tre questo film è il più debole…la trama è confusa e non molto chiara e il finale non brilla. Comunque un’occhiata la metita.

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