Tony Mendez, agente della CIA esperto in esfiltrazioni, viene incaricato di riportare negli Stati Uniti sei funzionari dell’ambasciata americana in Iran scappati ad una rivolta a Teheran e rifugiatisi nell’ambasciata canadese. Per farlo escogiterà un piano fuori dal comune: fingerà di essere uno dei produttori di un film di fantascienza intitolato “Argo”, le cui riprese sono da effettuare proprio in Iran, luogo dal quale cercherà di uscire con i sei americani.
Possiede tutta la solidità e la compostezza dei film politici degli anni ’70 questo terzo lavoro da regista del sempre più sorprendente Ben Affleck. È arricchito anche da un’ironia di fondo deliziosa e da un’autoironia di non poco conto (la scena in cui il produttore contattato per mettere su l’operazione dice che anche una scimmia imparerebbe in un giorno a fare il regista, seguita poi dall’inquadratura di Ben Affleck stesso è davvero irresistibile), senza considerare la tensione e il ritmo sempre sostenuti e la regia rigorosa. Si aggiunga una direzione del cast, compreso il regista stesso che qui gioca giustamente di sottrazione, di grande eleganza e misura e otterremo un’opera degna di nota, ma anche coinvolgente ed interessante. Spiccano su tutti i grandi John Goodman e Alan Arkin, rispettivamente nei ruoli del truccatore premio Oscar e del produttore cinematografico che si alleano per aiutare l’agente della CIA e si impegnano fino in fondo tanto da creare un fittizio studio di produzione chiamato Studio 6, dal numero degli americani da riportare a casa. Accanto a loro un perfetto Bryan Cranston, preso in prestito dal magnifico telefilm “Breaking Bad” e una serie di volti televisivi che danno spessore e profondità anche ai personaggi più marginali.
Abbandonando la Boston che ha fatto da sfondo ai suoi primi due film (difatti ci si aspettava una sorta di trilogia e invece siamo stati smentiti), Affleck si dimostra un autore da tenere in considerazione e allarga il suo sguardo ad una situazione politica e sociale più ampia rispetto a quelle precedentemente affrontate. Lo fa in maniera brillante e vincente, regalandoci ancora una volta un’opera in cui l’equilibrio e la compostezza sono due delle caratteristiche principali (salvo qualche deriva leggermente retorica nel tratteggio delle dinamiche famigliari del protagonista), insieme alla fedele ricostruzione di costumi, pettinature, e ambientazioni. E pur avendo ben chiara la conclusione di questa storia paradossalmente ispirata a fatti realmente accaduti, nel finale assistiamo ad un controllo dei meccanismi di suspense da grande maestro. Se ancora ne avessimo avuto bisogno, insomma, “Argo” è la conferma del grande talento autoriale di questo giovane attore/regista/sceneggiatore che si è tolto di dosso il costume da divo, per indossare quello di stimabile cineasta.
Pubblicato su www.livecity.it
Condivido in pieno la tua analisi. Spero anch’io di pubblicare un post quanto prima sul film. In effetti Affleck mi sorprende sempre più.
Ho letto con un occhio chiuso e uno aperto in quanto non ho ancora visto Argo e non conoscendo i fatti reali non voglio rovinarmi la sorpresa. di certo aver saputo che c’è Mr. White nel film mi stimola a vederlo quanto prima!