Fresh: mascolinità tossica vs solidarietà femminile

Noa, dopo una serie di cattive esperienze con le app di dating, ormai disillusa sulla possibilità di incontrare l’uomo giusto, fa la conoscenza di Steve nel reparto ortofrutta del supermercato vicino casa. Tra i due scocca subito la scintilla e dopo un paio di appuntamenti molto intensi, accetta di passare un weekend con lui, in una località a sorpresa. Nonostante le ritrosie della migliore amica, Noa parte per quest’avventura, scoprendo una realtà a dir poco mostruosa.

Dopo più di mezz’ora in cui ci viene raccontata in maniera coinvolgente la nascita di una storia d’amore, partono i titoli di testa che ormai non ci aspettavamo più e con essi il vero film che la regista esordiente Mimi Cave voleva girare. Un thriller-horror, non una rom-com quindi, incentrato sul tema del cannibalismo, metafora abbastanza evidente e anche volutamente gridata e spiattellata, sulla mascolinità tossica e sull’importanza dell’unione femminile nel contrastarla.

Nell’era in cui conoscere una persona al supermercato, invece che tramite una app, appare assurdo e fuori luogo, quasi anacronistico, Fresh ci racconta di un incontro che sembra ribaltare inizialmente questo assunto, ma che a conti fatti dimostra che non importa quale sia il mezzo con cui si arriva a conoscere un uomo, ciò che importa è percepirne per tempo la vera natura, in un mondo contaminato da pericoli per il genere femminile (molto utile a capire come una donna si senta quasi sempre a rischio, la scena in cui la protagonista di ritorno a casa dopo l’ennesimo appuntamento disastroso, si sente come inseguita da qualcuno, per poi scoprire che in realtà si tratta di un papà con il suo bambino).

Del resto la nostra Noa non è un’inguaribile romantica, non vive alla disperata ricerca del principe azzurro, anche se non si arrende e continua a frequentare uomini conosciuti online. È lei stessa a dire a Steve, durante il loro primo appuntamento, che la gente che crede nel vero amore è perfettamente idiota. Eppure Steve sembra essere l’incarnazione dell’uomo perfetto: dolce, gentile, premuroso, di bell’aspetto e con un lavoro importante come chirurgo plastico.

Peccato, però, che ci siano numerose red flag che Noa sembra ignorare, volutamente o meno, proprio perché rapita da tutte queste caratteristiche. Come dice la sua amica Mollie, non avere un account instagram è davvero molto strano, così come il fatto che l’uomo non le abbia voluto rivelare prima il luogo in cui ha deciso di portarla per il weekend. Weekend durante il quale la protagonista, perfettamente e deliziosamente incarnata da Daisy Edgar-Jones, si rende conto di essere stata prescelta come carne da macello, il paragone non è casuale, da un uomo che si nutre, letteralmente, delle sue vittime, offrendole anche a uomini, ricchi e potenti, che le cannibalizzano per il puro gusto di farlo.

Partendo da Hannibal (il più evidente), sono molti, per tematica e non per estetica e linguaggio, i richiami ad un certo tipo di cinema horror con argomenti simili, da Saw a tutta una serie di film revenge-porn o di pellicole con protagonisti i più “classici” dei mad doctor. Però è nella mescolanza di generi, ma soprattutto di toni e di umori, che risiede il nucleo centrale di Fresh, che non è mai davvero pornografico nell’esplicitare con le immagini il messaggio di fondo e non è mai nemmeno troppo orrorifico nell’affrontare la metafora che vuole trasmettere.

L’horror, insomma, è contaminato dalla rom-com appunto, ma soprattutto dalla black comedy, con un’ironia nera di fondo che spesso stempera notevolmente la sensazione di repulsione che dovrebbe trasmettere quello che viene raccontato, ricorrendo soprattutto a due fattori principali: l’interpretazione dei due attori principali (accanto alla protagonista femminile, troviamo un Sebastian Stan ai limiti del grottesco, perfetto nell’incarnare la follia del chirurgo cannibale che impersona) e l’utilizzo di determinati brani nella colonna sonora, tra cui spicca Just A Perfect Day, utilizzato in un determinato momento, al culmine di una giornata in realtà alquanto raccapricciante.

La regista, poi, utilizza con mirata funzionalità una serie di primi e primissimi piani che si concentrano su determinati particolari anatomici dei protagonisti (labbra, denti, occhi), in maniera del tutto antitetica: per raccontare inizialmente il desiderio e la passione sana che nasce tra i due nella prima parte del film (quella in cui ancora crediamo di essere di fronte ad una commedia romantica) e per sottolineare, dopo, la malata attrazione verso quelle parti del corpo da parte dell’uomo che vuole letteralmente cibarsene.

E quando Noa gli chiede se lui e quelli come lui mangiano solo donne, ricevendo una risposta affermativa, domandando il motivo di questa scelta, capisce che è così perché è il mercato che lo richiede. Un mercato che si nutre di corpi femminili, un riferimento per niente velato a ciò che avviene anche nella realtà.

Così come Una Ragazza Promettente, pur non possedendone la stessa profondità e intensità, Fresh si può annoverare in quel filone cinematografico post #metoo, nato e sviluppato con la palese e plateale volontà di trasmettere l’importanza della solidarietà femminile nel contrastare determinati fenomeni (non è un caso che il finale diventi anche rocambolesco nel raccontare questo concetto, con tanto di frase a effetto rivolta ad una sorta di complice del protagonista “bitches like you are the fuking problem“), in alcuni frangenti forse fin troppo ironico per graffiare fino in fondo, ma decisamente riuscito sul piano dell’intrattenimento, oltre (e forse maggiormente) che su quello dei contenuti.

4 commenti su “Fresh: mascolinità tossica vs solidarietà femminile

  1. Malgrado sia stato presentato al Sundance, sembra il perfetto titolo da streaming, infatti sta spopolando, giustamente perché funziona, anche se il finale secondo me perde qualcosa, in ogni caso avercene di titoli così. Cheers

  2. Con tutti i suoi difetti, mi è piaciuto parecchio per il modo in cui gioca coi generi e la colonna sonora. Inoltre, i due protagonisti sono affiatatissimi, oltre che belli belli in modo assurdo.

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