The elephant man

REGIA: David Lynch

CAST: John Hurt, Anthony Hopkins, Anne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones, Michael Elphick, Hannah Gordon
ANNO: 1980

TRAMA:

Siamo nell’Inghilterra vittoriana. John Merrick, un ventitreenne è affetto da neurofibromatosi, rarissima malattia che lo rende mostruoso a guardarsi e che lo fa diventare schiavo di Bytes, brutale uomo di circo che lo espone come fenomeno da baraccone maltrattandolo e deridendolo impunemente. Alla fine però John troverà un amico nel dottor Treves che riuscirà a liberarlo dalle “catene” di Bytes e a ridargli quella dignità e quell’amor proprio che sembrava ormai perduto per sempre.

 


ANALISI PERSONALE

Devo ammettere di conoscere solo questo film del regista Lynch e quindi di non poter fare paragoni con altri suoi lavori, ma di poter analizzare personalmente solo questo bellissimo film. Pur avendo visto solo questa sua pellicola (ahimè, ma mi rifarò), posso affermare che Lynch è un abilissimo regista che riesce ad amalgamare le varie componenti di un film in maniera quasi perfetta.

Dall’ambientazione vittoriana perfettamente resa e mostrata in un bellissimo bianco e nero, (bellissimo il circo, l’ospedale, la stessa stanza che poi viene riservata a John), alla fotografia delicata e raffinata alla sceneggiatura  a dir poco perfetta, pulita e del tutto povera di sentimentalismi strappalacrime in cui facilmente si poteva incappare con questo tipo di trama e di storia (una storia vera, Jospeh Merrick è realmente esistito). Indimenticabile rimane l’urlo pieno di angoscia e di rabbia che John rivolge ad una folla inferocita che lo insegue:

"Non sono un animale… Sono un essere umano!"

Anche la colonna sonora che ci accompagna nei vari momenti di dolore, sconforto, ma anche gioia (quando trova degli amici come Travis e la moglie), di John è molto ben curata e ricercata. Anche il livello di recitazione è molto alto. Un Anthony Hopkins (Frederick Treves), quasi irriconoscibile con barba e capelli lunghi, magistrale e perfetto per il ruolo coaudivato da un ottimo John Hurt (John Merrick), abilmente truccato in maniera mostruosa. Anche gli altri protagonisti non sono da meno, da Anne Bancroft, che interpreta una giovane attrice che si affeziona a John e di cui forse l’uomo elefante si invaghisce e a cui è sicuramente grato dato che lei lo fa assistere ad un suo spettacolo teatrale alla fine del quale presenta il suo amico John facendolo accogliere con una standing ovation; a Freddie Jones che interpreta il cattivo Bytes che passa dall’odio all’amore per il suo oggetto di guadagno e purtroppo anche di scherno e derisione; a Wendy Hiller che interpreta la capo infermiera ferma e decisa che accusa lo stesso dottor Treves di servirsi di John per i propri fini personali e di renderlo a sua volta seppur inconsapevolmente fenomeno da baraccone; a John Gielgud il direttore dell’ospedale inizialmente freddo e sospettoso verso John e verso la possibilità che esso potesse guarire, ma dopo (grazie allo spirito fino e colto di Merrick) convinto del contrario e del tutto disposto ad aiutarlo.

-Riuscite a pensare a cosa deve avere passato?
-Si, credo di sì.
-No, non potete. Non lo possiamo nemmeno immaginare.



Quel che più colpisce in questo bellissimo film è il fatto che la situazione iniziale viene del tutto capovolta, all’inizio il mostro è senz’altro John con tutti quei bozzi, bubboni, gobbe e quant’altro. Con quei grugni incomprensibili e il capo sempre piegato. Poi però scopriamo che quest’uomo è dotato di intelletto e di sentimenti puri e innocenti, nonché di una parlantina non indifferente e di una certa cultura e abilità manuale (legge, disegna e costruisce modellini di chiese). Quindi il mostro non è più lui, ci appare persino meno brutto che all’inizio così vestito e imbelletato, i mostri diventano tutti coloro che continuano a deriderlo e a sfruttarlo (indimenticabile per la sua durezza e crudezza la scena nella quale il guardiano dell’ospedale, espone il povero Merrick alla mercè di ubriaconi, prostitute e gente di strada che voleva divertirsi  e passare una serata all’insegna della derisione e della cattiveria pura).


Un’altra scena che riesce ad emozionare senza per questo scadere nel mieloso e stucchevole, è quella nella quale il dottor Treves ospita John a casa sua presentandolo a sua moglie, la quale si commuove guardando il bene più prezioso per Merrick, una foto della sua bellissima mamma. In questa scena riusciamo a capire la semplicità dei sentimenti di John e la sua disperata e viscerale voglia di essere accettato e benvoluto per quello che è interiormente. In parte ci riuscirà, ma non del tutto.

Bellissima rimane anche la sequenza in cui Bytes torna a riprendersi il “suo” John riconducendolo alla vita precedente fatta di stenti, derisioni, lezzi, scherni e frustate. Sono delle scene molto simboliche della debolezza di John che non riesce a ribellarsi e a far valere la proprio, tanto agonista, dignità. Riuscirà a salvarsi e a scappare solo grazie agli altri componenti del circo, che mossi a pietà gli daranno i soldi necessari per scappare e tornare dal suo amico Treves.

Alla fine John avrà avuto quello che voleva, il riconoscimento da parte della gente (a teatro dopo lo spettacolo dell’amica attrice), della sua umanità e dignità. Riconoscimento che gli darà la voglia di dormire con la testa poggiata sul cuscino (cosa che non poteva fare data l’enorme dimensione del suo cranio che lo costringeva a dormire seduto) e di raggiungere, nell’estasi del sogno, la sua tanto cara amata madre.


The elephant man è un bellissimo film tratto dal libro The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Sir Frederick Treves e Ashley Montagu che riesce a narrare la storia di un uomo bistrattato e non accettato dalla stessa vita in maniera limpida e per nulla scontata e smielata.

Curiosità tratte da Wikipedia:

  • Il film fu prodotto da Mel Brooks, ma egli decise di non apparire tra i crediti per evitare che il pubblico associasse il film ad una commedia.
  • Il nome di Elephant Man era Joseph, non John, Merrick. Quando Frederick Treves scrisse le sue memorie, si riferiva a lui come John. Il perché Treves cambiò il suo nome non è chiaro.
  • Il trucco per John Hurt fu realizzato da calchi del corpo di Merrick, che sono conservati nel museo del Royal London Hospital. David Lynch originariamente provò a realizzare lui stesso il trucco ma il risultato non era filmabile. Il trucco finale fu realizzato da Christopher Tucker.
  • Oltre a scrivere la sceneggiatura e girare il film, David Lynch si occupò della direzione musicale e del design del suono. Durante la rappresentazione dei momenti finali della vita di Merrick, il film usa l’Adagio for Strings di Samuel Barber.
  • Della storia di Joseph Merrick è stato realizzato anche un adattamento teatrale a Brodway con David Bowie nel ruolo di Elephant Man.

La gente ha paura di quello che non riesce a capire. (John Hurt (John Merrick) in "The Elephant Man")

Consigliato a chi vuole conoscere una buonissima opera del regista Lynch, sconsigliato ai deboli di stomaco 😛

 

Regia: 9
Sceneggiatura: 9
Recitazione: 8,5
Fotografia: 8
Colonna sonora: 8
Ambientazione: 8
Voto finale: 8,5




CITAZIONE DEL GIORNO

Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io! (Jack Nicholson "istruisce" gli altri ricoverati nella clinica psichiatrica in "Qualcuno volò sul nido del cuculo")

 


LOCANDINA

 

 

 

11 commenti su “The elephant man

  1. Ciao bella la scelta della foto del tuo Blog; Marcello rappresenta per me la parte più affascinante del mondo maschile.

    Ma com’è che scrivi così tanto, il post su l'”uomo elefante”… è molto…lungo si scrolla un bel pò!

    Cmq se ti interessa io faccio un cineforum a casa mia tutte le domeniche!!! ho un’immensa passione per il cinema e la sua storia.

    baciociao

  2. Anche per me Marcello è l’uomo più affascinante del cinema…

    Cmq scrivo quello che mi viene da dire su un film o su qualsiasi cosa, non mi interessa se sia corta o lunga, non faccio questo genere di distinzioni! ^_-

  3. Bellissimo film di Lynch con un Hopkins irriconoscibile. Straziante la storia del protagonista. La citazione del giorno è una perla presa da uno dei miei film preferiti. Edo

  4. Quanti commenti questo post (A parte quell’idiota delle nominations)! In effetti The Elephant Man è un film su cui c’è tanto da dire e che è difficile non apprezzare. Hai evidenziato bene (come al solito) tanti suoi aspetti positivi sia tecnici che contenutistici, d’altro canto questo film è lineare, chiaro, si capisce dove vuole arrivare e come vuole farlo. John è mostruoso (esteriormente) e per questo recluso , bistrattato e deriso.. fino a che non riesce a far conoscere/prevalere la sua sensibile, semplice e “normalissima” interiorità: tema ormai inflazionatissimo che riesce comunque, grazie alla maestria di Lynch, a non annoiarci e commuoverci (e che suspance quando vediamo per la prima volta John!). Due considerazioni: da un lato c’è da di dire che il regista ha scelto la via più facile scegliendo come “mostro” uno che tutti possono facilmente riconoscere come tale (l’uomo evidentemente deforme).. ma se fosse ambientato “oggi” – e non all’epoca vittoriana- (ed è la seconda cosa da considerare) sarebbe ancora una scelta efficace? Penso che un mostro simile nel 2007 non subirebbe la sorte di John (troppo Politically Incorrect): chi sono allora i nostri mostri ? Penso che il ventaglio si sia paurosamente allargato…

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