Dillinger è morto




REGIA: Marco Ferreri

CAST: Michel Piccoli, Anita Pallenberg, Annie Girardot

ANNO: 1969

 

TRAMA:

 

Un ingegnere designer torna a casa dopo una giornata di lavoro e trovando la moglie a letto indisposta, decide di prepararsi una bella cenetta. Mentre girovaga per la cucina in cerca degli ingredienti, si imbatte in una vecchia pistola arrugginita. Passerà l’intera nottata a finire di preparare e consumare la sua cena e a cercare di rimettere a posto la pistola…

 

 


ANALISI PERSONALE

 

Un film impressionante in quanto a giovinezza e attualità nonostante l’età. Sono passati quarant’anni da quando Ferreri girò questa sorta di “one-man show”, eppure le tematiche e le riflessioni affrontate in “Dillinger è morto” sono più cocenti che mai, ci appaiono ancora molto forti e vive. Sembra quasi che la chiave di lettura dell’intera faccenda risieda nel dialogo iniziale tra Michel Piccoli, il protagonista, e un suo collega sociologo che discutono sul valore sociale e metaforico di alcune maschere anti-gas che l’ingegnere ha progettato e sta costruendo. Maschere che starebbero a rappresentare la claustrofobia esistenziale di chi non riesce ad amalgamarsi con la società e che quindi vivrebbe come rinchiuso in una piccola stanza nella quale impossibile respirare se non appunto con l’aiuto di quelle maschere. E’ un po’ quello che succede al designer, quello che giustifica tutti gli insani, o apparentemente tali, gesti che compie in questa lunga e sfinente notte d’estate in cui non riesce o non vuole dormire e dunque si muove sempre più irrequieto tra le stanze della sua casa e tra i mille oggetti che la compongono, nascosti in ogni angolo e in ogni pertugio.

Una sorta di critica al mondo borghese quella di Marco Ferreri, che per mano (più che per bocca, visto che “Dillinger è morto” è quasi un film muto, per quanto riguarda le parole) del suo protagonista, ci restituisce tutta la sottile e quasi superficiale disperazione dell’uomo medio che viene soffocato dal mondo borghese che lo circonda e di cui fa parte e che all’improvviso assume una sorta di consapevolezza interiore della sua prigionia e della sua alienazione da quel mondo. L’ingegnere ci prova a vivere ancora quel sogno (oppure è un incubo?): si reca più volte dalla moglie che però lo ignora tutta presa dal suo mal di testa e dalla voglia di dormire, fa una capatina alla cameriera per ricevere quel calore umano negatogli dalla consorte, cerca di penetrare letteralmente i filmini che mostrano un suo viaggio in Spagna. Ma è tutto vano, ormai la coscienza della nullità del suo mondo, della vacuità dei valori fino ad allora perseguiti si è del tutto impossessata di lui. A nulla varrà continuare ad assaporare la deliziosa cenetta da lui faticosamente preparata, a scapito dei piatti freddi lasciatigli dalla moglie e dalla cameriera, o continuare ad osservare le proiezioni dei suoi viaggi o di un suo “esperimento” con le mani che danzano e si comportano come delle vere e proprie persone. La sua vita è fatta di vuoti e di silenzi, entrambi colmati dalla presenza continua di riempitivi come la televisione o la radio (altra critica del regista all’incapacità odierna della società di sopravvivere senza questi espedienti) che trasmettono programmi insulsi o canzonette da Sanremo come quella di Dino o quella quasi stupida e infantile di Lucio Dalla. Lui preferisce cercare di amalgamarsi totalmente a quelle proiezioni che gli ricordano dei momenti felici, in maniera quasi grottesca si tuffa nel mare proiettato sul muro o bacia le donne riprese da lui stesso in quei ricordi stampati su pellicola. Ma a farla da padrone è sempre quella pistola ritrovata in cucina e avvolta in una carta da giornale del 1934 in cui la notizia più importante è quella che recita “Dillinger è morto” per l’appunto. Insieme al grandissimo Michel Piccoli, praticamente perennemente presente di fronte alla camera e decisamente capace di reggere tutto il peso della pellicola sulle sue spalle, la grande protagonista di questa pellicola è proprio lei: la pistola che alla fine verrà oliata e sistemata per essere dipinta di rosso con pois bianchi. Una vera e propria opera d’arte pop, con la quale l’ingegnere si divertirà a passare davanti ai suoi quadri futuristi o a mimare il suicidio allo specchio. Abbandonato ogni freno inibitore, non prima di essersi impossessato di un altro oggetto molto importante che rappresenta il borghesismo dal quale sta fuggendo e che sta combattendo, compierà il gesto più dissacratorio verso “l’oggetto” primo e assoluto di questo mondo. Ma una volta conclusa questa notte insonne si sarà davvero liberato dalle maglie della schiavitù sociale dalle quali ha cercato di scappare? Il finale quasi surreale ci lascia con il quesito aperto, certo è che quel sole visibilmente finto e quello schermo sempre più rosso ci danno un’idea della risposta.

 

VOTO: 9

 

 


CITAZIONE DEL GIORNO


"Ma se la morte è così…. non è mica un bel lavoro!" Inte cul!" (Amarcord)

 


LOCANDINA

 

13 commenti su “Dillinger è morto

  1. lo sai che mi darei malato pur di non vedere un film di ferreri… me lo consigli?

    grazie a te ho visto punchdrunk love… non vedo l’ora di scriverne ma la tua rece non si batte…

  2. steutd, in base alla mia recensione io lo consiglierei a tutti, però mi rendo conto che magari potrebbe risultare snervante e per qualcuno anche noioso. Io ci ho trovato dentro una vita e un “movimento” non indifferente, nonostante le apparenze.

    Al, questo per ora è l’unico di Ferreri che ho visto. Un bel biglietto da visita devo dire!

  3. Non avevo dubbi sul fatto che questo fosse un film a te congeniale. I due che hai citato sono sicuramente i prossimi che guarderò di Ferreri.

  4. “Punchdrunk love” è quello di P.T. Anderson? L’avevo trovato davvero orribile e con un attore antipaticissimo… 🙁

    “Dillinger è morto” me lo ricordo benissimo, nonostante siano passati molti anni da quando l’ho visto… è un film che non si dimentica facilmente.

    Ciao

    Christian

  5. Christian, Adam Sandler, il protagonista di Punch-drunk love, non è molto simpatico nemmeno per me, però in questo film e in un altro bellissimo “Reign over me”, secondo me è stato straordinario.

  6. Roba forte, questo film. Roba forte. 🙂

    (Mi fa molto piacere che abbia messo le mani su Ferreri. Personaggio e regista straordinario)

    A presto

  7. i colpi a bruciapelo nel cuscino sono un colpo di realtà in una storia che sembrava "solo" disperata e un po’ surreale.
    è vero quello che si dice, quando uno ha una pistola prima o poi la usa.
    mi chiedo anch’io se Tahiti basterà,ma temo di no.

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