Inside man




REGIA: Spike Lee

CAST: Denzel Washington, Clive Owen, Christopher Plummer, Jodie Foster, Willem Dafoe

ANNO: 2007

 

Quattro rapinatori entrano in banca vestiti da imbianchini e prendono in ostaggio più di 50 persone, costringendole a vestirsi come loro, in modo da confondere le acque e rendere tutti sospettabili. A negoziare arriva un detective su cui pende un’accusa di corruzione e un’avvocatessa senza scrupoli chiamata a difendere alcuni segreti di un ricco banchiere, proprietario della banca. Alla fine si scoprirà che gli intenti dei rapinatori andavano ben al di là della semplice rapina.

 

Un film di genere coi controfiocchi questo girato da quel Spike Lee che mai si era cimentato col poliziesco. Una trama che non richiamerebbe mai nella mente dello spettatore il nome del regista di film come “Fa la cosa giusta”, “Jungle fever” e la “25° ora”. Fatto sta che Lee si è impegnato in questa impresa e ne è uscito da perfetto vincitore (così come succederà al protagonista del film grazie ad uno stratagemma davvero impensabile), perché è riuscito a fare suoi i canoni e i topoi del genere restituendoci una pellicola serrata, movimentata, ironica e coinvolgente, oltre che contemporaneamente pregna delle tematiche a lui più care come il non sempre netto confine tra giusto e sbagliato e l’interrazialità di comunità multietniche come New York. Ecco che allora tra gli ostaggi compaiono persone di differenti nazionalità alle quali vengono negate i basilari diritti civili in una sorta di impietosa ondata sarcastica che investe la figura dei rappresentanti dell’ordine tutti intenti alla repentina e gloriosa risoluzione del caso, costi quel che costi. Altra particolarità: un’ambientazione apparentemente ristretta (dentro e fuori la banca) che però riesce magicamente a restituirci la realtà odierna di una città simbolo come New York appunto, oltre al fatto di rimescolare abilmente ed emblematicamente le carte in tavola sull’ubicazione (spaziale e non) del bene e del male, del giusto e sbagliato di cui si diceva prima. Il tutto grazie alla sceneggiatura perfetta dell’esordiente Russel Gewirtz (capace anche di imbastire un impianto narrativo fatto di illuminanti e particolari flashforward), alla ritmata ed emblematica colonna sonora e, soprattutto, alla fantastica regia di Spike Lee che gioca con le carrellate, i piani-sequenza, i primi piani e le inquadrature inusuali (stupende quelle dall’alto e quelle che da dietro le porte di vetro della banca mostrano la concitazione esterna).

Un film di genere, quindi, che non rinuncia affatto all’autorialità e alla qualità, così come dimostrano le imperdibili interpretazioni primarie e secondarie della pellicola, a cominciare da un ironico e gigioneggiante Denzel Washington nel ruolo del detective di “bogartiana” memoria; passando per una convincente e graffiante Jodie Foster in quello di una rampante avvocatessa; arrivando a Clive Owen nel ruolo dell’organizzatore della rapina, dalla grande presenza scenica non diminuita minimamente dal fatto di essere coperto da occhiali, cappuccio e fazzoletto per quasi tutta la durata del film. Nel mezzo camei succosi come quello di Willem Dafoe nel ruolo del capo della polizia e di Christopher Plummer in quello del banchiere con qualche scheletro nell’armadio.

Con un incipit molto singolare, in cui Clive Owen in un primo piano ben studiato si rivolge direttamente allo spettatore richiedendogli la massima attenzione e citando addirittura Shakespeare, Spike Lee dimostra subito il suo tocco d’artista, oltre a stuzzicare la partecipazione dello spettatore. Ed effettivamente la risoluzione del “mistero” è proprio davanti ai nostri occhi a cominciare dal titolo, passando per vari indizi disseminati qui e lì, solo che Lee è talmente furbo a costruire l’intreccio da farcene subito dimenticare, tant’è che quando arriva il colpo di scena (e di genio) finale, si rimane decisamente sorpresi.

E’ così che da un canovaccio quanto mai usurato (il chi e il cosa, infatti, sono cinematograficamente abusati), regista e sceneggiatore riescono a tirare fuori una pellicola dall’alto valore che rimarrà sicuramente tra i migliori esponenti del genere (è il come, infatti, a risultare originale e di pregevole fattura), andandosi ad allineare ad alcune pietre miliari che vengono simpaticamente e deliziosamente omaggiate all’interno della pellicola, come ad esempio “Quel pomeriggio di un giorno da cani” e “Serpico”.

Arricchito da una serie di dialoghi frizzanti e ammiccanti a quel cinema opportunamente omaggiato, “Inside man”, così come i rapinatori protagonisti del film, scava in profondità della storia narrata per poi tornare in superficie con una consapevolezza e una maturità non indifferente.

 


 

Pubblicato su www.livecity.it

15 commenti su “Inside man

  1. Film ottimo, da uno Spike Lee sorprendente che non ti aspetti. Bellissima la scena inziale e tutta la struttura del film concorre in maniera originale a catturare l'attenzione. Direi un thriller un po' sui generis, ma sicuramente da vedere.

    Missile

  2. Si, la scena iniziale è davvero molto bella secondo me, ma è tutto il film ad esserlo perchè è sorreto da una regia e una sceneggiatura davvero molto belle.

  3. Quattro persone travestite entrano nell’affollata hall di una prestigiosa banca. Nel giro di pochi secondi, i rapinatori sono padroni della situazione e in più con 50 ostaggi.
    Cosa c’è di più visto sullo schermo? 

    Eppure qui ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo, qualcosa di molto originale e sorprendente.

  4. Ecco, è di questo che parlavo altrove, un intrusione nel genere che pochi registi hanno il coraggio di fare, perlopiù con gli stessi temi (penso al razzismo verso il sikh), un attore feticcio e una trama che ti prende fin dall'inizio, magari ironizzando su centinaia di film che butteresti via dopo la prima visione.
    Una piacevole sorpresa quindi.

  5. un film che non sbaglia niente, un esempio per spiegare come si fa un film, un meccanismo ad orologeria dove tutto funzione a perfezione, una gioia per lo spettatore.

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