Nella valle di Elah




REGIA: Paul Haggis

CAST: Tommy Lee Jones, Susan Sarandon, Charlize Theron, James Franco, Josh Brolin

ANNO: 2007

 

TRAMA:

 

Hank, veterano del Vietnam, va alla ricerca di suo figlio Mike, scomparso dopo essere tornato dalla guerra in Iraq. Ad aiutarlo ci sarà il detective Emily Sanders, insieme alla quale, Hank arriverà a scoprire un’agghiacciante verità.


 

 


ANALISI PERSONALE

 

In quel grande capolavoro che è Taxi driver, le conseguenze della guerra in Vietnam si esplicavano nel personaggio di Travis sconfinato nella più desolante solitudine e in un delirio omicida atto a ripulire la città da criminali. Cosa può succedere allora a chi partecipa ad un’altra guerra come quella in Iraq? Sostanzialmente è quello che ci viene mostrato in questo Nella valle di Elah (titolo che rimanda alla leggenda di Davide e Golia, il gigante e il bambino, metafora fin troppo spicciola per descrivere e raccontare le vicende di attualità oltre che quelle personali raccontate nella pellicola), un film che oltre a dipanarsi nelle maglie del thriller, cerca di fotografare una realtà sfaccettata come quella dell’America odierna. Ed è così che scopriremo qual è la terrorizzante verità che sta dietro il crudele e terribile assassinio del figlio di Hank, ex-militare fissato con la disciplina e con i valori della patria e del nazionalismo. Man mano che le diverse verità verranno a galla, gran parte delle sicurezze e degli ideali di Hank si scioglieranno come neve al sole, fino a giungere ad una disillusione finale (mostrata tramite la metafora della bandiera, che se da un lato poteva avere una forte valenza comunicativa ed emotiva, dall’altro sfocia nella più becera retorica proprio perché, tra le altre cose, accompagnata da una canzone strappalacrime e da una premessa a dir poco stucchevole e fin troppo sentimentale), che non lascia spazio a nessun tipo di speranza e di fiducia nel proprio paese, fino ad allora onorato e difeso a spada tratta e poi, in seguito alla scoperta dei meccanismi che portano a determinati risultati, quasi rifiutato con l’intento di ripartire da zero nel ricostruirlo e nel “salvarlo da se stesso”. Non un film sulla guerra dunque, ma sul reducismo e sulle conseguenze che determinate esperienze possono causare nell’animo e nella mente umana, portando anche i più stabili degli individui, ad assumere atteggiamenti incomprensibili. Soffermandoci a questo livello di lettura si potrebbe dire che la pellicola è più che riuscita, nonostante qualche luogo comune di troppo (la poliziotta, ragazza madre che viene vessata dai colleghi di lavoro o la  precedente perdita di un altro figlio di Hank), ma purtroppo, Haggis non si ferma qui e cerca di tingere di giallo le vicende che riguardano l’assassinio del giovane Mike, con tanto di indagini e di inseguimenti, peraltro girati in maniera poco apprezzabile (esplicativa al riguardo la scena dell’inseguimento ad un giovane militare messicano sospettato dell’omicidio).

 

Una regia che, al di là di quei momenti di scarso livello, si lascia apprezzare soprattutto per quanto attiene allo scrutamento delle interiorità dei personaggi, ottenuto mediante dei primi piani per niente fini a sé stessi, ma che a volte viene quasi sopraffatta dalla sceneggiatura (il Paul Haggis regista e il Paul Haggis sceneggiatore non sono riusciti ad amalgamarsi totalmente) che, in diversi momenti della pellicola, soprattutto quelli centrali, risulta essere prolissa e a dir poco ridondante e in altri ancora appare fin troppo approssimativa e superficiale (il personaggio della moglie di Hank, recitato egregiamente dalla grande Susan Sarandon, non viene approfondito adeguatamente, comparendo di quando in quando solo per piangere la perdita del figlio). Ma tra gli aspetti negativi, che non sono pochi, è possibile comunque ravvisare molti elementi più che apprezzabili a partire dall’atmosfera e dalla colonna sonora davvero adeguati al tipo di storia narrata e soprattutto coinvolgenti (bellissima la fotografia e l’ambientazione soprattutto quando ci avviciniamo al luogo del delitto) fino ad arrivare alle straordinarie interpretazioni dei due attori protagonisti: il marmoreo e al contempo estremamente comunicativo Tommy Lee Jones probabilmente impegnato in uno dei ruoli più significativi della sua carriera, quello di un uomo distrutto dalla perdita di due figli ma soprattutto via via sempre più consapevole dei propri errori e delle proprie false illusioni; e la bellissima (nonostante truccata in maniera tale da sembrarlo meno) e validissima Charlize Theron poliziotta dal pugno duro che non si dà per vinta nonostante venga presa in giro dai suoi colleghi sbruffoni e continua ad indagare su un caso scomodo che dà fastidio a più persone. A conti fatti Nella valle di Elah, nelle intenzioni poteva essere davvero un grande film di introspezione e di riflessione, la qual cosa in un certo senso è, anche se il risultato complessivo viene inficiato da alcune scelte di dubbio gusto e da determinate prese di posizione, che seppur condivisibili, vengono fin troppo spiattellate allo spettatore lasciandogli poco spazio per la libera interpretazione.

 

VOTO: 6

 



CITAZIONE DEL GIORNO

 

Negli harem si divertono. Cantano, ballano e affini. (Toto’ in "Un turco napoletano")



LOCANDINA

 

14 commenti su “Nella valle di Elah

  1. mah, secondo me l’hai giudicato un po’ troppo severamente… a me era piaciuto, gli avrei dato un bel 7. però sono d’accordo sul fatto che il personaggio di susan sarandon è poco approfondito.

    alberto

  2. Bè solitamente, e questo sol ultimamente perchè in passato ero quasi una iena, sono davvero poco severa nel mio approccio all’analisi di un film, cerco sempre di trovare un lato positivo, se c’è. Qui di lati positivi ce ne sono, ma credo che ce ne siano altrettanto di negativi, cose che contribuisce a pareggiare i conti, quando invece mi aspettavo un qualcosina in più.

  3. Crash a me già era piaciuto di più, ma sospetto che se lo dovessi rivedere il mio giudizio potrebbe cambiare.

    mario, in effetti in parte è come dici tu, ma io sono comunque riuscita a trovare qualcosa di positivo.

  4. sinceramente non ci vedo questi difetti clamorosi…Su personaggi poco approfonditi ci sono stati clamorose interferenze della produzione (che ha imposto la theron, comunque non disprezabile) e ha rischiato di far saltare il film, da quel che ricordo senza il contributo di eastwood forse il film saltava…

    Il mio unico dubbio del film è che come spesso capita nel cinema USA si trova la verità solo con la volontà e il coraggio di un singolo che combatte contro il sistema. Mi pare una semplicazione un po’ banale e retorica, ma a ben vedere in america è veramente così! è un ritratto perfetto dell’americano medio che vota repubblicano e poi si accorge di quel che hanno combinato… Nella storia degli Usa sono quasi sempre i “singoli” a cambiarla (dai kennedy in poi…)

  5. Io invece sono stato un po’ più cattivello con questo film perchè, dopo Crash, Haggis mi ha fregato di nuovo: troppa retorica e la metafora di Davide e Golia riproposta fino alla nausea.

    Tommy Lee Jones però è perfetto nel ruolo e non gli si può proprio dir nulla ^__^

  6. Claudio, vogliamo parlare della Sarandon? E del finale a dir poco ultra-retorico? E della morale di Davide e Golia ripetuta all’infinito? Detto questo però, ci sono anche egli aspetti positivi, come la recitazione, la fotografia, le atmosfere, la regia (tranne qualche momento da dimenticare) e qualche spunto di riflessione.

    Luciano, non so, magari potrebbe piacerti.

    Weltall, Tommy Lee Jones è un grande.

  7. concordo con il tuo voto Ale55andra, ma aggiungo: il soldato è stato trucidato in Iraq, dagli iraqeni, e l’esercito americano pur di non farlo sapere monta la messa in scena, dando la colpa alla psicosi: “il nemico non ci può sconfiggere, al massimo c’è qualche mela marcia tra le nostre fila”. che ne pensi?

  8. Bè, in effetti è un’ipotesi quanto mai originale ed interessante. Non mi è parso di cogliere alcun tipo di seppur minimo o nascosto riferimento che potesse suggerirla. Però ovviamente le interpretazioni se vogliamo dire “extra-filmiche”, sono tutte più o meno plausibili, o perlomeno questa lo è e rafforzerebbe anche la tematica di fondo che è poi quella sorta di americanismo estremamente patriottico, come quello del protagonista della pellicola che solo dopo le enormi delusioni (e cioè la scoperta della natura dell’omicidio di suo figlio), perde le sue illusioni e mette in discussione i suoi valori (come dimostra la scena della bandiera).

  9. sì, io l’ho immaginato quando all’inizio il coroner parla delle 42 coltellate rinvenute sui resti del cadavere, poi anche il fatto che i tre marines compagni vadano a cenare dopo il fatto. cmnq non dimentichiamoci che la storia è basata su fatti reali.

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