La regola del gioco

REGIA: Jean Renoir

CAST: Jean Renoir, Marcel Dalio, Nola Gregor, Roland Tautain, Gaston Modot, Julien Carette
ANNO: 1939

TRAMA:

Storie di amori segreti e nascosti tra marchesi, aviatori e domestici. Una partita di caccia sarà l’occasione per l’intrecciarsi di queste relazioni e per un continuo e a tratti tragicomico scambio di coppie che culminerà in un dramma presto dimenticato.

 



ANALISI PERSONALE

Un capolavoro d’altri tempi, La regola del gioco non può non essere considerato un vero e proprio cult da ogni cinefilo doc che si rispetti. In questa pellicola, apparentemente lineare dal punto di vista registico, ma in realtà piena zeppa di guizzi e trovate davvero originali e imperdibili, succede di tutto di più, in una specie di danza dai toni quasi grotteschi che vede come protagonista tutta una fetta della società francese pre-seconda guerra mondiale. Sotto la lente d’ingrandimento non solo i nobili viziosi e lussuriosi, impersonati dal marchese e da sua moglie nonché dai rispettivi amanti, ma anche tutta la gente ai margini, a partire dalle dame di compagnia, fino ad arrivare ai domestici e ai bracconieri. Nessuno è esente dalla sottile critica sociale che Renoir, seppur negandolo, ha costruito con questa affascinantissima e sensualissima pellicola, che ha anche il pregio di avvalersi di un parterre di attori in stato di grazia e di alcune sequenze da incorniciare e portare per sempre nel cuore. Indimenticabile la preparazione della battuta di caccia con tutti gli animali inquadrati in contrapposizione con gli invitati del marchese (ma siamo sicuri che si tratti proprio di una contrapposizione?), senza tener conto della battuta vera e propria, fino ad arrivare alle varie rappresentazioni musicali e teatrali (che ci trasmettono la passione del regista per tutte le forme d’arte) inscenate nel castello per intrattenere gli ospiti, in realtà interessati a tutt’altre faccende, e cioè quelle amorose che intercorrono tra non pochi dei presenti. Il marchese è stanco della sua petulante amante e vorrebbe lasciarla anche perché si sente minacciato da un insistente spasimante di sua moglie, un aviatore che ha tentato il suicidio per il rifiuto della bella ed elegante marchesa. Per essere cortese e per accondiscendere ad un desiderio di sua moglie (confidatasi col suo migliore amico Octave, interpretato proprio dallo stesso Renoir, amico del suddetto aviatore), il marchese si decide ad invitare, oltre alla sua amante per dirle addio, anche il presunto amante di sua moglie. A fare da contorno a queste ingarbugliate e a tratti amorali vicende, arrivano anche altri personaggi di contorno che contribuiscono a sottolineare la vacuità e la leggerezza di un determinato modo di vivere, tipico di quella particolare “casta sociale”, tutta dedita al divertimento, alla spensieratezza e alla superficialità. Così il povero Schumacher, il guardiano del castello (il più semplice e genuino dei protagonisti di questa pellicola, l’unico veramente sincero e serio, insieme al povero aviatore vittima dell’amore) vedrà sua moglie, la dama di compagnia della marchesa, amoreggiare con alcuni domestici e anche con lo stesso Octave, in realtà segretamente innamorato di Christine, la marchesa sua amica d’infanzia. Questo continuo scambio di coppie e di relazioni, porterà verso un finale tragico che vedrà la morte accidentale di una persona scambiata per un’altra. Ed è così che il divertimento si trasformerà per un breve tempo in desolazione e imbarazzo e il dolore per la perdita di una persona verrà liquidato con delle scuse e con la promessa di proseguire con i festeggiamenti, salvo poi commemorare la povera vittima di un incauto “incidente”, il giorno seguente. Due invitati commentano sarcasticamente e allo spettatore non resta altro che rimanere esterrefatto per la semplicità con la quale un avvenimento di tal portata viene assimilato dai suoi amici e dai suoi conoscenti. La stessa marchesa, che cambia i suoi sentimenti almeno tre volte durante la pellicola, finendo col rimanere ancorata alle convenzioni sociali, sembra riprendersi in maniera fulminea dalla notizia della morte di uno degli uomini di cui segretamente, ma neanche tanto, innamorata. Renoir non calca la mano e tratteggia tutti i suoi protagonisti con una piccola dose di simpatia e di furbizia che non ce li fa disprezzare totalmente, e che anzi in più di un’occasione ce li rende accattivanti. Ma La regola del gioco (gli amanti sono tutti cortesi tra di loro, si rispettano e rispettano le convenzioni sociali, chi si discosta dal modello predefinito di queste relazioni sociali è destinato a soccombere in una maniera o nell’altra), non è solo una potente ed intensa analisi della società francese di quel periodo, è, forse soprattutto, una pellicola molto movimentata piena zeppa di situazioni divertenti ed esilaranti condite da dialoghi molto veloci e scoppiettanti, ma altrettanto profondi e illuminanti.
Quasi scandalizza la notizia del suo fallimento commerciale che all’epoca contribuì al trasferimento
in America del geniale regista francese e che portò a vari tagliuzzamenti di pellicola per renderla più appetibile al grande pubblico. Ma in fondo si sa, il grande cinema viene sempre a galla e per fortuna grazie a successive riedizioni, La regola del gioco ha avuto la fama e le giuste considerazioni che meritava, divenendo col tempo uno dei più grandi capolavori della cinematografia mondiale. 

VOTO: 10

 



CITAZIONE DEL GIORNO

Credo che lei abbia la noiosa abitudine di sopravvivere. (dal film di 007 "Octopussy")


LOCANDINA



9 commenti su “La regola del gioco

  1. Questo è un capolavoro. E Renoir secondo me ne ha girati almeno 4. Raro per un regista. Un film immenso,apaprentemente semplice, ma pregno di stimoli che inducono lo spettatore a rifletter sotto ogni aspetto. Per me un saggio di cinema.

  2. Ah William, pensavo mi stessi rimproverando ^^

    Luciano, assolutamente d’accordo.

    Damiani, da recuperare al più presto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.