Un borghese piccolo piccolo

REGIA: Mario Monicelli
CAST: Alberto Sordi, Shelley Winters, Vincenzo Crociotti, Romolo Valli
ANNO: 1977
 
Giovanni Vivaldi, da trent’anni impiegato in un ministero di Roma, sogna per il figlio Mario una carriera statale e per farlo decide di raccomandarlo a tutti i costi, entrando addirittura nella massoneria. Il giorno dell’esame di concorso, però, il ragazzo viene ucciso in una sparatoria durante una rapina e per Mario niente sarà più lo stesso.
 
Altro grandissimo capolavoro di Mario Monicelli, “Un borghese piccolo piccolo” è un film di capitale importanza per svariati motivi, primo dei quali l’essenza di rottura che ha col cinema precedente del regista e del panorama italiano in generale. Non siamo più dalle parti della commedia, insomma: i vizi, le fratture, le incoerenze e i difetti del nostro paese non vengono più benevolmente derisi, messi alla berlina, canzonati e sbeffeggiati quasi con affetto, così come si era fatto fino ad allora e come aveva fatto egregiamente e quasi amorevolmente Monicelli. Ora, praticamente, non c’è più niente da ridere, bisogna raccontare la situazione fin troppo seria in un’altra maniera, abbandonare i toni leggeri e comici e assumere una drammaticità consona alla mancanza di indulgenza e di speranza ispirati da quell’Italia e da quegli italiani. Ecco che allora “Un borghese piccolo piccolo” risulta un film altamente drammatico, pieno di malinconia, tristezza, dolore, rassegnazione. Un film nel quale come sempre vengono fotografati quei caratteri universali tipici del cinema monicelliano, non senza venature ironiche e sarcastiche, ma con uno spirito del tutto diverso, uno spirito maggiormente critico e impietoso. Ancora più caratterizzanti sono poi i momenti contrassegnati da un tono grottesco e surreale, quasi come se il mondo di impiegati ministeriali nel quale il protagonista si muove, sia una realtà parallela, quasi avulsa dal contesto circostante (tant’è vero che solo quando entra a far parte della massoneria per raccomandare il figlio adorato, Giovanni scopre che era l’unico del suo ambiente di lavoro a non farne ancora parte; senza considerare il ridicolo e assurdo insieme di prove da superare per essere considerato un “fratello” a tutti gli effetti).
Altro importante motivo di riconoscibilità di questo film quale fucina di elementi di rottura e grande cinema è la straordinaria interpretazione di un inedito Alberto Sordi qui alle prese con un personaggio inizialmente ben incasellato, poi altamente sfaccettato. Un personaggio che vive uno stravolgimento e un cambiamento dovuto alla disgrazia che gli capita, ma soprattutto alla consapevolezza della realtà circostante, delle meschinerie del proprio paese, della presa di coscienza sfociante poi in uno scoppio di violenza inaspettato e al tempo stesso molto esemplare. Dopo aver interpretato l’italiano medio per molti anni e in tantissimi film, finalmente Sordi, che pure eccelleva in quel tipo di personaggi, ha l’opportunità di mostrare la gamma infinita di espressioni e sensazioni che riusciva a trasmettere col suo volto ora sofferente, ora stralunato, ora arrabbiato, ora rassegnato. Un’occasione unica per lui che ha potuto dimostrare la sua enorme valenza di attore drammatico e non solo comico e per lo spettatore che ha potuto e può ancora godere di uno spettacolo impareggiabile di arte cinematografica.
Pur rimanendo imparziale nei confronti delle scelte che il protagonista compie in seguito alla morte del figlio, Monicelli intesse una fitta rete di riflessioni e considerazioni sulla nostra società e sul suo inesorabile fallimento, nella sua sconfitta metaforizzata potentemente e profondamente dalla sconfitta del protagonista che ci conduce verso un finale altamente emblematico e riassuntivo dell’irreversibilità di una situazione sociale ormai irrecuperabile (basti pensare all’esplicativa sequenza delle bare che crollano nel cimitero, dove i morti vengono ammassati in attesa di sistemazione, e dove, ancora una volta, a contare sono i favoritismi e le raccomandazioni).
Una pellicola altamente politica che racconta di una vendetta  esemplare, la stessa che forse avrebbe dovuto desiderare un’Italia dilaniata e dissacrata. Un film di un’intensità unica ottenuta anche da una commovente colonna sonora, dalla perfetta malinconia racchiusa negli occhi di Shelley Winters, la madre sofferente, paralizzata e shockata (la stessa Italia magari?) e dalle atmosfere sempre più tristi, dolorose, commoventi, ma soprattutto altamente coinvolgenti e stimolanti.
E’ questo, infatti, un terzo motivo di grande apprezzamento nei confronti di “Un borghese piccolo piccolo”: alla varietà di espressioni interpretative di Alberto Sordi, fa da contraltare un’infinita  coesistenza di sensazioni e riflessioni che il film riesce a trasmettere, assurgendo al ruolo di pellicola che non si accontenta di essere un prodotto di puro e semplice intrattenimento, ma che assume un’importanza  comunicativa monumentale.


 
Pubblicato su www.livecity.it

6 commenti su “Un borghese piccolo piccolo

  1. Monicelli voleva girare il film che sarebbe stata la pietra tombale della commedia italiana,giustamente perchè come dici tu ormai non si poteva più ridere.
    Però era anche un film che voleva colpire duramente il singolo borghese padre di famiglia,marito,e lavoratore che nasconde dentro di sè un ferocissimo mostro assassino.Molto spesso e lo stesso Sordi ha contribuito a questo ,si pensa che sia un film genere :il cittadino si ribella,errata concezione visto che Monicelli voleva denunciare e condannare questa deriva giustizialista
    Lo ammette anche Cerami in una intervista sul dvd dedicato a questo capolavoro
    Il film è infatti tratto dal romanzo dello scrittore e sceneggiatore per Benigni,il quale racconta appunto delle diverse chiavi interpretative data al personaggio da Sordi e da Monicelli.Io concordo con il regista chiaramente,tanto che in quel periodo dove andava di moda una sorta di violenza reazionaria e appunto borghese,reazione delle frustrazioni più o meno giuste della platea ,questa pellicola e sopratutto il capolavoro di Montaldo:Il Giocattolo con Manfredi,segnavano una strada ampiamente accettabile dal sottoscritto quanto meno:cioè la distruzione dell'essere umano nel nome della vendetta e dell'individualismo giustiziere.
    Chiaramente se sprofonda l'individuo vuol dire che anche la società è sulla via della capitolazione,e se la società non funziona vuol dire che lo stato è debolissimo,(stato,società,individuo questa la scala di valori per aver un nazione più o meno sana),il film di monicelli ci spiega questo

    Va detto che poi Monicelli sarebbe tornato alla commedia con amici miei 2 e con il capolavoro Marchese del Grillo.

    Sordi ha offerto validissime prove drammatiche in film come :Mafioso,I magliari,vita difficile,tutti a casa,detenuto in attesa di giudizio

  2. Come ho scritto da me, Monicelli E' la commedia all'italiana. Ne costituisce l'inizio e ne sancisce la fine con due dei più grandi capolavori del nostro Cinema : La Grande Guerra e – per l'appunto – Un Borghese Piccolo Piccolo. Entrambi impreziositi dalla bravura immensa di un Alberto Sordi in stato di grazia.

  3. viga, sicuramente c'è anche uno sguardo impietoso nei confronti del protagonista che non è esente da critiche e difetti. Comunque chissà come mai splinder ha inserito 7 commenti!!!

    Rear, come non essere d'accordo. Un altro pezzo grosso e insostituibile del nostro cinema se n'è andato.

  4. Grandissimo film!

    D'altra parte tutta la filmografia di Monicelli è incredibile!

    Via il cappello di fronte a Marione!

    Domanda che non c'entra niente:

    ma tra il finale di stagione di The Walking Dead e quello di Boardwalk Empire secondo te chi ha vinto?!

    ^^

    Valentina

  5. Quello di The walking dead mi ha fatto leggermente cagare. Con Boardwalk empire purtroppo sono tre episodi indietro. Ti farò sapere.

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