Arkansas: il noir che strizza l’occhio a Tarantino e ai Coen tra pulp e dark comedy

Kyle da piccolo spacciatore di provincia, dopo una prova che supera brillantemente, viene promosso a grosso smerciatore di droga nel sud degli Stati Uniti. Si trasferisce, così, in Arkansas, dove viene affiancato al naïve Swin, per lavorare al soldo di Frog, fantomatico capo delle operazioni che non si è mai fatto vedere. I due si trovano a seguire gli ordini di un sottoposto, Bright, che come copertura gestisce un parco, ma che tramite una donna, Lei, porta avanti le consegne per conto di Frog. Un imprevisto, però, manderà tutto all’aria, portando Kyle e Swin ad andare alla cieca in un mondo in cui non ci si può permettere il minimo sbaglio.

Il 2020, tra le tante cose, sembra essere anche l’anno del neo noir, genere al quale parecchi esordienti si stanno dedicando, raccontando di realtà molto particolari e mescolando il gusto per il genere che fece tanta fortuna negli anni ’40 con elementi di modernità, soprattutto stilistica, in grado di attualizzarli alla nostra epoca. È anche questo il caso di Arkansas, diretto da Clark Duke che, dopo anni passati nella commedia demenziale e non, si mette dietro la macchina da presa per questo esordio che non brilla per originalità, rifacendosi palesemente allo stile e alla narrativa dei Coen e di Tarantino (suddivisione in capitoli, ironia nera, personaggi al limite dell’idiozia, violenza che deflagra inaspettatamente smorzando una comicità a tratti demenziale, l’avvicendarsi rocambolesco e quasi istantaneo di eventi che peggiorano sempre più la condizione dei protagonisti e via dicendo), ma ci immerge totalmente in questo racconto dai contorni rurali in cui non contano tanto le vicende, quanto i personaggi e gli ambienti.

È nella contrapposizione tra i due protagonisti che risiede il fulcro di Arkansas, col taciturno, solitario e apatico Kyle (interpretato discretamente da Liam Hemsworth nei panni di un personaggio che ci fa venire in mente molti “tipi” cinematografici al centro di noir e thriller del passato, tra i quali sicuramente quelli interpretati da Ryan Gosling, ma non solo), che si ritrova a condividere il lavoro e la vita con lo stralunato, iperattivo e ben più gioioso Swin (interpretato dallo stesso Duke, qui anche produttore e sceneggiatore). La strana coppia, però, incapperà subito in altre figure che mineranno il loro seppur labile equilibrio, portandoli all’escalation inarrestabile e inevitabile di violenza che li travolgerà loro malgrado.

Tra questi la ragazza di cui si innamora Swin, il succitato Bright (interpretato dal sempre più gigione John Malkovich) e Frog, la vera sorpresa del film, la “scheggia impazzita” Vince Vaughn, nei panni del personaggio più riuscito del film, il tipico criminale senza scrupoli, che si è fatto da sé a suon di tradimenti, uccisioni e fiuto per gli affari, che non si fa più vedere da nessuno, essendosi ritirato a vita privata, gestendo le cose nell’ombra tramite intermediari fidati scelti con cura (tra i quali la Lei, di cui non si sa il nome che vive su una palafitta e si rivela ben più stramba del previsto), ma che verrà costretto a tornare sul campo a causa dell’operato dei due nuovi arrivati, involontariamente al centro di uno sconquassamento degli equilibri raggiunti fino a quel momento.

Con una regia e uno stile estetico abbastanza anonimi, ma comunque non disprezzabili, Duke ci accompagna nel passato di questo personaggio, Frog, traghettandolo in un presente in cui qualcun altro sembra avere assunto il ruolo da lui assunto negli anni precedenti, unendo due epoche in cui molte cose sembrano essere cambiate e molte altre si ripetono sempre allo stesso modo. E molto probabilmente per poter sopravvivere in questo tipo di mondo, la solitudine, la disillusione, la passività, l’indifferenza la “medietà” totale, sono le armi migliori che si possano imbracciare. Ma la vita, con la sua imprevedibilità, a volte costringe ad entrare in campo, partecipando in prima persona agli eventi e mettendosi in gioco, cosa che impareranno a loro modo sia Frog che Kyle, fino ad arrivare ad un finale in cui molto probabilmente veniamo posti di fronte al fatto che paradossalmente al tempo stesso tutto cambia e nulla cambia.

2 commenti su “Arkansas: il noir che strizza l’occhio a Tarantino e ai Coen tra pulp e dark comedy

  1. Da come ne parli mi ricorda un altro film recente che ho visto e recensito, Cold Pursuit (in italiano Un Uomo Tranquillo) con Liam Neeson, anche quello un noir violento ma anche molto ironico in stile Tarantino o fratelli Coen. Ma è vero o no che John Malkovich è sempre più sopra le righe?? Pare proprio anche a me! Nella serie Space Force il suo personaggio, che doveva fare da contraltare di Steve Carell, era insopportabile!

  2. Sì, anche secondo me sta un po’ “sfrasciando”, però rimane sempre un grande. Un Uomo Tranquillo, invece, non l’ho ancora visto, però molto probabilmente il “filone” è quello.

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