Amulet: dall’apparente romance di una coppia nascente all’orrore totale di una spietata vendetta

Tomaz, dopo essere stato al confine di un non precisato paese balcanico durante una guerra, si ritrova a vivere da senzatetto a Londra, dove una suora cerca di aiutarlo portandolo in una casa dove c’è una ragazza, Magda, costretta a prendersi cura della madre anziana e malata, ma anche molto violenta e cattiva. Lei ha bisogno di qualcuno che faccia dei lavoretti di ristrutturazione perché l’abitazione sta cadendo a pezzi, lui ha bisogno di un posto dove stare e dove, possibilmente, dimenticare un avvenimento particolare che torna ad ossessionarlo ogni notte e non solo. L’incontro tra i due porterà entrambi verso territori inaspettati…

Ha i toni dell’horror d’atmosfera per quasi tutta la sua durata, ad esclusione di un finale in cui sangue, violenza e deliri prendono il sopravvento trasformando il film in un allucinante, ipnotico e straordinario body horror. Amulet, però, non è sicuramente un horror per tutti i palati, non si incasella nel genere con facili espedienti per rendersi più attraente, anzi prosegue lentamente straniandoci con le sue atmosfere a tratti oniriche a tratti fin troppo realistiche (a seconda che ci troviamo nel presente o nel passato, ma soprattutto dentro o fuori la casa di Magda e della sua “mostruosa” madre, creatura orripilante, ormai alla fine della vita, che comunque continua con forza e incredibile veemenza a succhiare linfa vitale a sua figlia, salvo poi arrivare ad una shockante rivelazione finale che cambia tutte le carte in tavola e trasforma il film in un altro film).

È una pellicola molto disturbante, che lascia anche perplessi in più di un’occasione, soprattutto quando entriamo in una dimensione sospesa, irreale e a tratti grottesca, ogni qualvolta viene varcata la soglia della fatiscente casa di Magda, dove si annidano mostriciattoli che turbano la mente già labile del protagonista, costretto anche ad assistere ai deliri della vecchia relegata in soffitta e ritrovandosi più volte a dover accorrere per salvare Magda dalle sue grinfie. E se inizialmente tutto sembra virare verso una componente fortemente romance, con un sempre più pressante sentimento che inizia a legare i due protagonisti, molto presto le prospettive si ribaltano, mostrando la vera natura di questa storia e, soprattutto, dei suoi protagonisti. Natura che ci lascerà a bocca aperta, costringendoci anche a riflettere sulla giustezza o meno della vendetta che viene portata a termine nel finale, ma comunque conquistandoci con un impianto stilistico-formale decisamente caratterizzante, che ha modo di espletarsi nella sua totalità proprio nel suddetto finale, dove veniamo investiti da una follia visionaria e metaforica al tempo stesso e dove ci viene dato modo di capire, finalmente, che tipo di film abbiamo visto fino a quel momento.

L’amuleto che dà il titolo all’opera e che viene ritrovato da un particolare personaggio di questo film, per poi passare per altre mani, tornando solo alla fine tra quelle di chi aveva creduto (forse) al suo potere, è una sorta di dea protettrice con una conchiglia sulla testa, conchiglia che torna spesso a tormentare la mente turbata del giovane protagonista, in preda allo spaesamento più totale, nonché ad un’apatia dettata quasi sicuramente da un avvenimento passato risalente al tempo in cui faceva da guardia al confine balcanico e riconducibile all’incontro con una donna in fuga che, prima di potersi ricongiungere con sua figlia, si trova costretta a passare del tempo con lui, fino ad arrivare al giorno in cui decide di andarsene, scatenando una reazione inaspettata nel suo “salvatore”. Da qui parte l’”avventura” londinese del ragazzo e qui si ritorna per capire tutto quello che gli succede dal momento in cui entra nella casa di Magda a quello in cui scopriamo cosa si nasconde in realtà tra le sue mura fatiscenti.

Menzione d’onore, ferma restando l’alta qualità della recitazione dell’intero cast, al personaggio e all’interpretazione di Imelda Staunton, suora melliflua, ambigua, imperscrutabile e sinistra, che alla fine si dimostra, come tutti gli altri (protagonista compreso), per quello che realmente è, perdendo la facciata mantenuta fino ad un certo momento, sotto la quale si nasconde molto altro.

Un’opera prima, questa dell’attrice Romola Garai, che sicuramente colpisce per la sua non convenzionalità e per il coraggio di andare fino in fondo, utilizzando delle atmosfere a tratti alienanti e un ritmo lentissimo che però ci trascina totalmente. Un film sicuramente insolito che però non può non rimanere impresso proprio per il suo carattere ambizioso e incurante dell’approvazione altrui, a tratti addirittura sgradevole ma indiscutibilmente intenso.

2 commenti su “Amulet: dall’apparente romance di una coppia nascente all’orrore totale di una spietata vendetta

  1. Avercene di opere prime come questa, ho letto che sarà in concorso al ToHorror quest’anno, spero di poterlo rivedere anche in sala dove merita di stare, per il resto concordo in pieno con la tua analisi, ma avevo pochi dubbi in merito 😉 Cheers

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