Centochiodi

REGIA: Ermanno Olmi

CAST: Raz Degan, Amina Seyd, Michele Zattara, Luna Bendandi, Damiano Scaini, Franco Andreani
ANNO: 2007

TRAMA:

Un giovane professore di filosofia,dopo aver letteralmente inchiodato cento incunaboli presenti nella biblioteca dell’Università di Bologna, abbandona la sua vecchia vita e si stabilisce in un piccolo e diroccato casolare sulle rive del Pò, nel quale impara ad assaporare la vita e le relazioni umane.


ANALISI PERSONALE

Centochiodi è a mio avviso qualcosa che va al di là del cinema comumemente inteso. E’ un’opera artistica ricca di valore che non può essere tralasciata e che giustamente, quindi, è riconosciuta come film d’interesse culturale nazionale dal ministero dei Beni e delle attività culturali. Ermanno Olmi saluta il cinema (da ora in poi si dedicherà solo ai documentari), regalandoci una pellicola soave, elegante, "soffice", con la quale si può sognare ad occhi aperti, non solo gli splendidi paesaggi valorizzati da un’ottima fotografia, ma anche un mondo più "intelligente", che riesce a pensare di testa propria, senza l’ausilio di qualche dottrina da seguire ciecamente solo perchè scritta su un libro.
Quello che conviene chiarire è che qui non abbiamo un Olmi contro la lettura o la cultura in generale, del resto sarebbe da stupidi anche solo pensarlo, ma è un Olmi a favore di una più ampia autonomia di decisione della propria vita e un ritorno all’autenticità e all’assaporamento dei piaceri che possono derivare anche da piccole cose, come una carezza, un caffè con un amico, la vista di un fiume che scorre, il contatto con la natura.
Il protagonista di questo film, un Raz Degan sorprendentemente carismatico ed espressivo, è una figura intenzionalmente e chiaramente affine a Gesù, che si spoglia (ma non completamente, dato che si tiene i soldi, il pc e la carta di credito) dei propri beni materiali, come la sfarzosa auto o anche il suo lavoro prestigioso di professore per andare a vivere in mezzo alla gente, in questo caso una piccola comunità per la maggior parte costituita da anziani caserecci e molto semplici che aiuta il ragazzo ad inserirsi in una catapecchia, procurandogli il cibo e la minima sussistenza. Il nostro Cristo, ha capito che tutta la sua vita passata tra i libri, a seguire le idee di quei libri, non è valsa a niente senza la minima emozione derivante dalle esperienze vere, vissute e ha deciso di compiere un atto simbolico e di sicuro rivoluzionario. Ha comprato dei chiodi molto simili a quelli usati per crocifiggere il figlio di Dio e ha "crocifisso" cento dei libri presenti nella sontuosa biblioteca della facoltà, dove di solito passava il tempo col suo amico e confidente, il monsignore che ha donato tutta la sua vita ai libri, che a sua detta sono i migliori amici che si possano avere. Ed è proprio questo lo spirito che il professore tenta di sovvertire, quello della preferenza di alcuni dotti e non, data all’eccessiva acculturazione e alle dottrine filosofiche, religiose e non, piuttosto che alla vita vera, costituita da eseperienze emozionanti, ma del tutto semplici che ci fanno sentire realmente appartenenti a qualcosa o a qualcuno.
"C’è più verità in una carezza, che nelle pagine di questi libri", dice Degan ad una donna orientale che lo interroga per una sua tesi.


Una volta avvicinatosi alla tanto agognata "vita vera" prima del tutto estranea e dedicata eslusivamente allo studio, il professore si ritrova a respirare a pieni polmoni l’aria dopo un temporale, a potare le erbacce che attorniano il suo rudere, a pescare con metodi rudimentali, a frequentare le balere a suon di "Non ti scordar di me" che gli fanno sognare battelli eleganti e luminosi, a passare giornate sulla spiaggia con i suoi nuovi amici e una bella ragazza, a cercare di aiutare, seppur con mezzi materiali come la sua carta di credito, gli stessi amici che rischiano di perdere tutto a causa di una burocrazia che non tiene conto di quanto quei luoghi contino per quella gente, tutta interessata alla illegale abusività di questi e quindi decisa ad abbatterli. Sarà proprio l’utilizzo della sua carta di credito che lo renderà reperibile a coloro che lo cercavano, dopo che aveva finto il suicidio per allontanarsi dalla sua vecchia vita. Ma il professore non perde il controllo, è tranquillo è sicuro di non aver fatto nulla di male. "Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico", dice infatti al carabiniere che lo porta in caserma per interrogarlo. Il professore insomma, non nè un terrorista, nè un artista, nè un dimostrante come aveva ipotizzato chi indagava sullo strano caso dei libri inchiodati che tanto avevano fatto disperare il monsignore, il quale allibito dal gesto del suo fraterno compagno, si reca da lui esprimendo tutto il suo disprezzo e la sua indignazione, ma di risposta non avrà altro che altrettanta indignazione da parte di un uomo ormai non più sicuro di nulla. "Le religioni non salvano il mondo", "E’ Dio che alla fine dei tempi dovrà rendere conto a noi dei mali e delle sofferenze del mondo", sibila Degan al suo interlocutore. Affermazioni forti, che danno da pensare e che di sicuro avranno fatto storcere il naso a molte persone, ma che nascondo e portano con sè delle enormi riflessioni.

Il film termina con una veduta delle sponde del Pò e dei loro abitanti che non sono riusciti ad opporsi agli interventi della "legge" e con l’amico postino che racconta allo spettatore che di quell’uomo con la faccia di Cristo nessuno ha mai più avuto notizie. Un finale a tratti triste, a tratti speranzoso che lascia molte porte aperte e di sicuro non solo sul destino del professore.
Ho amato moltissimo questo film, se non foss’altro per il coraggio di comunicare un’idea difficile da esprimere e soprattutto soggetta a quasi sicure proteste. Ma il tutto non si ferma di certo qui. Durante la pellicola veniamo accompagnati da una colonna sonora leggiadra ma al tempo stesso piena di musiche che si fanno più possenti nei momenti di tensione (come quando il custode dell’università scopre lo "scempio") e poi più delicate nei momenti di estrema contemplazione della natura e delle sue bellezze. Bellezze che vengono mostrate attraverso una fotografia e un’ambientazione al limite della perfezione visiva, che fanno letteralmente sognare di poter essere, anche per un solo istante, in quei meravigliosi posti ancora incontaminati dalla "cattiveria" umana. A farla da padrone, inoltre, le parole seppur poche ma ben spese, del protagonista che ci affascina e ci ammalia con il racconto delle parabole del figliol prodigo o della moltiplicazione dei pani e dei vini e con le sue mezze frasi cariche di significati. Una sceneggiatura, insomma, a tratti scarna ma sicuramente incisiva e profonda, arricchita dal dialetto veneziano che contraddistingue gli abitanti del Pò, col loro fale gioviale e a tratti quasi scurrile, ma di sicuro sincero e benevolo.
Centochiodi è tutto questo, è un’immensa parabola sulla vita e su come sarebbe il modo migliore di viverla, senza ricorrere a troppo artifici, letterari e non.

Consigliato a chi non vuole perdersi l’ultimo grande lavoro del superbo Ermanno Olmi.


Regia: 8,5
Recitazione: 8

Sceneggiatura: 8,5

Fotografia: 9
Colonna sonora: 8
Ambientazione: 9
Voto finale: 8,5



CITAZIONE DEL GIORNO

Gli uomini sono come i meloni: prima di trovare quello giusto bisogna provarne cento. (da "Per incanto e per delizia")



LOCANDINA

12 commenti su “Centochiodi

  1. ”ma è un Olmi a favore di una più ampia autonomia di decisione della propria vita e un ritorno all’autenticità e all’assaporamento dei piaceri che possono derivare anche da piccole cose, come una carezza, un caffè con un amico, la vista di un fiume che scorre, il contatto con la natura”

    perfetto.

    ”arricchita dal dialetto veneziano che contraddistingue gli abitanti del Pò, col loro fale gioviale e a tratti quasi scurrile, ma di sicuro sincero e benevolo.”

    Mi pare sia dialetto tra il modenese e il mantovano.

    “Centochiodi è tutto questo, è un’immensa parabola sulla vita e su come sarebbe il modo migliore di viverla, senza ricorrere a troppo artifici, letterari e non.”

    verissimo.

    p.s.: inoltre pare che un film che apprezza molto terrence malick sia Il posto di Olmi. Malick è senza ombra di dubbio il mio regista prediletto. per certi versi affine al cinema di Olmi e di Herzog.

  2. Questo non l’ho ancora visto (ahi, ahi!). Ma è uno dei quei film che non perderò (anche se non vedendolo al cinema ho già perso qualcosa). Grazie alla tua recensione lo gusterò ancor di più. A presto.

  3. Ah delirio, grazie per la precisazione, mi pareva veneziano! 😛 Per ora nn ho visto nulla di Malick, ma provvederò ^_-

    Bè, Luciano, nemmeno io l’ho visto al cinema purtroppo, ma ti assicuro che ne vale la pena lo stesso!

  4. “Per ora nn ho visto nulla di Malick, ma provvederò”

    bè, non ho parole, PIANGO.

    ma attenta, poi non ne potrai più fare a meno. Mi raccomando. Conto su di te.

    La rabbia Giovane

    I giorni del cielo

    La sottile linea rossa

    The New World

    4 capolavori in 40 anni.

  5. Wow! Allora mi coviene affrettarmi, voglio sicuramente recensire qualcosa di suo, se tu ne parli così bene è sicuramente qualcosa che vale.

    Ti farò sapere sicuramente! ^_-

  6. Bè, non posso nè asserire nè dissentire perchè non lo conosco, ma di sicuro, ce ne sarà qualcuno non dico meglio (per te), ma quantomeno alla pari 😛

  7. ritorno con piacere in questo bel blog, dopo avere trascurato per tutta l’estate anche il mio…..per quanto riguarda il film sono molto perplessa su Raz Decan …ehm Degan 😉

  8. Eh guarda, tornerò sul tuo blog anche io molto presto. Ero molto perplessa su Degan anche io, e invece sono stata piacevolmente sopresa di trovarlo davvero ottimo e competente!

  9. I pregiudizi sui personaggi televisivi vanno sempre verificati. Come Fabio Volo nei filn di D’Alatri e Cappuccio, il vituperato Degan è bravo davvero. Olmi è il regista che ci mancherà (pare non voglia più fare film), e il film è una perla aggiunta a una collana luccicante di titoli come “La leggenda del santo bevitore” o “Il mestiere delle armi”.

    Brava Alessandra, questo blog è smagliante!

    Ciao.

    Armando

  10. Ti ringrazio vivamente e ammetto di essere stata la prima ad avere pregiudizi negativi su Degan. Ma almeno ho la decenza di cambiare idea quando mi rendo conto che c’è del talento, insomma i tempi dello Jegermaster sono lontani!

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