Il grande sonno




REGIA: Howard Hawks

CAST: Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Martha Vickers, John Ridgley, Dorothy Malone

ANNO: 1946

 

L’investigatore privato Philip Marlowe viene incaricato dal generale Sternwood di risolvere una questione scottante riguardante la sua figlia minore Carmen, ricattata da un ambiguo personaggio. Nel frattempo però nascerà un’irresistibile attrazione per la figlia maggiore Vivian.

 

Dalla penna di uno dei più grandi scrittori di letteratura noir, Raymond Chandler, prende vita una straordinaria pellicola di uno dei più grandi registi della storia del cinema, Howard Hawks, che ha saputo trasporre magistralmente, pur non attenendosi pedissequamente, il carattere e la personalità del suo protagonista, nonché le atmosfere e le sfumature nascoste tra le righe di uno dei più intensi e coinvolgenti romanzi della letteratura americana.

Uno dei più noti detective privati della storia della letteratura, l’inconfondibile Philip Marlowe assume il volto, le movenze e le espressioni laconiche del grande Humphrey Bogart, rimasto insuperato, nonostante successivamente succeduto da attori più che valenti come Elliot Gould e Robert Mitchum, nell’interpretazione di quest’uomo apparentemente cinico e coriaceo, ma irrimediabilmente debole nei confronti dell’amore, come tutti gli uomini. E se il film è diventato uno dei capisaldi del genere noir e del cinema in generale è anche grazie a questa straordinaria interpretazione, servitaci su un piatto d’argento non solo dal bravissimo attore, ma anche dalla regia “dimessa” al servizio dello stesso e della narrazione, con pochi ed essenziali movimenti di macchina, come da cinema classico che si rispetti. Una regia che elegantemente ci rende spettatori non solo degli intrighi e delle disavventure che vedono coinvolti il protagonista e tutti coloro che ruotano attorno a lui, ma anche delle psicologie di ciascun personaggio, attraverso primi piani ben studiati, amalgamati con un sapiente utilizzo del campo/controcampo e con una costruzione delle inquadrature all’interno delle quali è sempre presente il protagonista, a rimarcare il suo ruolo centrale e indispensabile all’interno della vicenda e di quello che essa sta a rappresentare.

Non si può, però, omettere anche il grande apporto dato dalla sensuale e affascinante Lauren Bacall, nel ruolo della figlia maggiore del generale completamente immersa in un mondo viziato e corrotto, che però si invaghisce perdutamente, ricambiata, dell’investigatore tutto d’un pezzo. La tensione erotica e passionale che si respira ogni qualvolta i due sono insieme sullo schermo è davvero impressionante, alimentata ovviamente dal fatto che fossero compagni anche nella vita. Stupisce ancora oggi l’irriverenza e i doppi sensi che accompagnano i dialoghi tra i due, soprattutto nella scena al ristorante in cui una discussione “ippica” assume contorni veramente piccanti, e considerando il periodo in cui è uscita la pellicola, la cosa è davvero eclatante.

Altra grande caratteristica di questo noir, che in realtà è un esponente alquanto atipico del genere dato che è sprovvisto di elementi tipici come il voice over o l’utilizzo dei flashback, è l’influenza espressionista insita non solo nella splendida ed elegantissima fotografia, ma anche in alcuni “momenti registici” molto particolari, come la sequenza dell’uccisione di Jones (uno dei tanti personaggi che si affastellano senza sosta uno dietro l’altro all’interno della narrazione), in cui il protagonista è nascosto dietro un paravento e osserva proiettata su di esso l’enorme ombra dell’assassino.

Nonostante l’intreccio complicatissimo, (che gli stessi attori, così come ci racconta l’aneddotica su questo film, non riuscirono a comprendere fino in fondo), fitto di personaggi, uccisioni, inseguimenti, rivolgimenti di prospettive, ecc… non è possibile rimanere impassibili di fronte alle atmosfere “dark” che condiscono la pellicola in cui si passa da bische clandestine a storie di ricatti, di droghe, di omicidi, di foto compromettenti, di tradimenti e via di questo passo, così come non si può non rimanere affascinati dall’ironia, dal cinismo, dal rigore morale e dalla strafottenza di Marlowe, espressi magistralmente dalla sua interpretazione, ma anche da una serie di dialoghi indimenticabili e irresistibili che hanno contribuito ad arricchire la sceneggiatura di William Faulkner, altro grandissimo scrittore, oltre che Premio Nobel per la letteratura.

Indimenticabile e straordinario, inoltre, rimane il finale in cui Marlowe per la prima volta mostra segni di cedimento e di paura, ma in cui grazie ad una strategia preventiva delle mosse del “nemico”, riesce comunque ad avere la meglio in un’ultima, epica e quasi shockante uccisione a suon di rivoltellate, in realtà indirizzate a lui, ma intelligentemente direzionate verso l’antagonista. Ma quel che più importa, in fin dei conti, è che nell’ultima inquadratura Marlowe non è più protagonista solitario, ma è affiancato dalla donna per cui ha continuato ad occuparsi di un caso apparentemente chiuso, e dunque arricchito nella sua personalità dal sentimento più comune e al tempo stesso ricco di tutti: l’amore.

 


9 commenti su “Il grande sonno

  1. che grande, questo film. "ha cercato di sedersi sulle mie ginecchia mentre ero ancora in piedi" (citazione non letterale) è una delle battute più belle di sempre.

  2. Pietra, anzi pietrone miliare!
    E sono contento di scoprire che ti piace anche Raymond Chandler, che è uno dei miei scrittori preferiti e che rileggo spesso volentieri…

    Christian

  3. Vedoux e Christian, ho letto quattro o cinque romanzi di Chandler e sono rimasti nel mio cuore. Vorrei poterli rileggere tutti e finire gli altri che mi mancano.

  4. Qui ci troviamo nell’incredibile mondo del divino (intendo Howard Hawks) dove il cinema è un meccanismo perfetto e irripetibile. Un film da vedere almeno tre volte di seguito^^

     

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