La battaglia dei tre regni




REGIA: John Woo

CAST: Tony Leung, Takeshi Kaneshiro

ANNO: 2009

 

III secoldo d. C., in Cina il primo ministro Cao Cao ambisce alla conquista dell’intero paese. Il Vicerè della terra di Wu a Sud, Zhou Yu, alleatosi con il dominatore della terra di Xu a Ovest, Liu Bei, decide di affrontare la battaglia partendo dalla base di Red Cliff.

 

Un ritorno in patria di quelli col botto, questo di John Woo che, abbandonando il genere action a lui caro che ci ha donato perle come “Face-off”, ma anche parecchi passi falsi, si dedica ad un war-movie in odore di kolossal dalle venature epiche e poetiche. Un maestoso affresco di una notevole fetta di storia della Cina, giostrato in maniera molto abile dal regista che ne ha creato una pellicola di notevole interesse, soprattutto visivo ed emotivo.

Rifacendosi spudoratamente e quasi simpaticamente ad una sorta di stile citazionistico della migliore tradizione di spaghtti-western (Leone è sempre dietro l’angolo, fino ad uscirne completamente nella scena della goccia dell’acqua che rappresenta il cambiamento della direzione del vento), Woo costruisce un’impalcatura solidissima in cui allo spettatore è dato modo di assistere ad un susseguirsi di sequenze che mozzano il fiato, alternandosi tra l’intimità di alcune straordinarie scene d’interni con i rispettivi regnanti che affrontano in maniera opposta “l’arte della guerra”, e l’ampiezza di vedute e di paesaggi delle sequenze in esterno, in cui la mdp di Woo avvolge sapientemente le centinaia di soldati in guerra, per poi restringersi sulla singolarità di alcuni di essi, arrivando persino a commuovere, onestamente il più delle volte, lo spettatore che ne ha conosciuto in precedenza le personalità e le caratteristiche più intime.

Un film, questo “La battaglia dei tre regni” (titolo originale molto più evocativo “Red Cliff”), che ci restituisce anche l’importanza e la grandezza dell’ingegno umano a dispetto della mera forza e supremazia, così come dimostrano gli esiti della roboante battaglia finale (in cui l’amore del regista per l’azione ha completamente modo di esprimersi), in cui la parte apparentemente debole della contesa, governata da un Vicerè onesto e leale, riesce ad avere la meglio sull’esercito più numeroso, preparato e fornito dell’ambizioso primo ministro. Ma non è in questa netta e manicheistica separazione tra buono e cattivo, seppur decisamente estremizzata dalla sceneggiatura e dal montaggio, che sta l’interesse di questo trionfo del bene, perché ciò che più coinvolge e conquista lo spettatore sono le modalità e le azioni che portano a questa vittoria. Un inno alla strategia, all’intelligenza e alla furbizia, dunque, questa pellicola che per quasi tutta la sua durata su questi elementi si regge e questi aspetti ci mostra, rendendoci partecipi delle mosse, meschine o meno a seconda di chi le intraprende (tornando a quella netta separazione succitata), di ciascun regnante, dimostrando la completa fatuità ed inettitudine di chi, adagiandosi sugli allori per la completa sicurezza e convizione della propria supremazia, si affida unicamente alla propria superiorità di armi e soldati, e chi, invece, non si arrende nonostante le avversità facendo della scaltrezza e dello studio preciso e approfondito di quanto l’ambiente circostante ha da offrire, una potentissima arma vincente.

Ecco che allora gli elementi naturali assumono importanza capitale nella narrazione di questa strategia di guerra, a partire dal vento, fino ad arrivare al fuoco, senza tralasciare comunque sia l’acqua che la terra. Impossibile, dunque, non rimanere affascinati dall’eleganza dello stile narrativo ed estetico di questa pellicola (fotografia e colonna sonora sono davvero molto raffinate, così come l’utilizzo quasi estremo del ralenti a sottolineare i momenti di più alto pathos, quasi sempre corrispondenti con l’imminenza della morte), seppur attraversata da venature quasi goliardiche in alcuni primissimi piani e zoomate dei vari protagonisti, poi ripresi faccia a faccia di profilo, proprio da tipica tradizione western, come premesso.

Nonostante la lunga durata (due ore e mezza di per sé già dimezzate rispetto alle quattro ore e passa della versione originale), lo spettatore non trova un attimo di noia nella visione del film, che nonostante l’introspezione approfondita di molti personaggi emblematici (oltre ai due contendenti, anche le due figure femminili hanno un certo spessore), riesce a tenere desta l’attenzione dall’inizio alla fine, grazie anche al ricco cast di attori decisamente apprezzabili, a partire dagli ormai famosissimi Tony Leung e Takeshi Kaneshiro. Un film da non perdere, insomma, che regalerà un’opportunità in più per approfondire un segmento di storia cinese, per riflettere come sempre sulla guerra e tutte le sue sfumature e sfaccettature, ma soprattutto per assistere ad un grande cinema.

 

VOTO:




14 commenti su “La battaglia dei tre regni

  1. Bella recensione! ^^
    Spero di vederlo presto, anche se in questi giorni nelle sale ci sono fin troppi film interessanti.
    Sono un fan di John Woo della prima ora, e ho sempre amato come il suo stile estetico e visivo sa mantenersi al servizio della narrazione e dei contenuti, senza ridursi a un virtuosismo fine a sé stesso. Leggere di "Impalcatura solidissima" e le tue riflessioni sulla personalità e la caratterizzazione dei personaggi mi fa sperare per il meglio. Peccato solo che l’edizione italiana del film sia "ridotta" rispetto a quella originale: immagino che quest’ultima approfondisca di più gli argomenti trattati.

    Ciao
    Christian

  2. Si, indubbiamente è un peccato, però ho letto in giro, non so se fidarmi o meno però, che la versione ridotta mantiene salda comunque l’impalcatura del film.

  3. Io invece ho trovato più di un attimo di noia, al punto di uscire dalla sala a metà visione… Incredibilmente banale, ripetitivo nella regia, storia noiosissima… In conclusione uno dei film più orridi di questa stagione cinematografica che ancora deve fornirmi una pellicola capace di dirmi davvero qualcosa…

  4. Verdoux, in questo caso assolutamente si.

    utente anonimo, alla fine ovviamente è questione di gusti. Però io non l’ho trovato assolutamente noioso, e anzi davvero molto interessante e appassionante da seguire.

  5. non vado pazzo per  woo e le sue lungaggini melodrammatiche, ma a quanto dici questo sembra più appetibile. se riesco, me lo vedo.

  6. Più che melodrammatico questo è epico e poetico. Per me è un gran bel film, ripeto affascinante dal punto di vista visivo ed estetico, ed emozionante per gli stessi motivi, ma non solo.

  7. sì, mi riferivo ai film precedenti, fra cui il moltoamato the killer che io non riesco a moltoamare. questo sembra effettivamente più una cosa alla tsui hark, per come lo descrivi, quindi m’incuriosisce.

  8. Beh, ma John Woo ha sempre avuto molto in comune con Tsui Hark, anche se poi non sempre i due andavano d’accordo sulle scelte da fare (vedi il caso di "A better tomorrow III", che Tsui ha girato in polemica con il capitolo II di Woo).
    Non a caso i film migliori di Woo sono quelli prodotti da Tsui, e che quando i due si sono separati, il livello è calato.

    Per Ale55andra: Oltre a "The killer", recupera "A better tomorrow" e soprattutto "Bullet in the head", se non li hai visti! ^^

    Ciao
    Christian

  9. Anche a me il film è piaciuto parecchio, anche se ho avuto un po’ di difficoltà a riconoscere i vari personaggi visto che sono molti e che non sono affatto un fisionomista.
    Io però non sono riuscito a vedere molta introspezione dei personaggi, o almeno soltanto dei 3 fondamentali, mentre tutti gli altri seppur molto importanti mi sono sembrati delle specie di burattini. Anche se bisogna riconoscere che per un film dove le battaglie la fanno da padrone già questo è più che sufficiente. In ogni caso non vedo l’ora di avere fra le mani la versione di 280 minuti!
    Ciao

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