La guerra dei mondi 1953 Vs La guerra dei mondi 2005

Fede o scienza? Il dilemma irrisolvibile

 

In un piccolo paese della California tutto procede tranquillamente, come sempre. All’improvviso però gli abitanti assistono ad un fenomeno straordinario: dal cielo cade una sorta di enorme meteorite. In realtà presto ci si rende conto che si tratta di tutt’altro, visto che dal suo interno partono dei raggi mortali in grado di polverizzare persone e oggetti. Di lì a poco dei velivoli cominciano ad aggirarsi per il mondo, portando distruzione e morte. E’ così che ha inizio una vera e propria guerra con questi esseri venuti da Marte.
Grande film di fantascienza, sicuramente tra i preferiti in assoluto dei cultori del genere, “La guerra dei mondi” riuscì a colpire moltissimo gli spettatori di allora, non solo per la qualità degli effetti speciali, per l’epoca davvero sorprendenti, ma soprattutto per il momento storico-sociale nel quale fu distribuito. Si era nel pieno del periodo di paura del comunismo e dell’invasione russa e per questo l’arrivo di alieni distruttori e conquistatori non poteva che terrorizzare tutti.
Ma al di là di questa valenza extra-diegetica della capacità di suggestionare il pubblico, “La guerra dei mondi” risulta un’ottima occasione per riflettere su un genere che spesso ha tentato di assumere valenze socio-politiche, ma che meno spesso, fino ad allora, si era caricato del compito di assumere un impianto visivo e spettacolare degno della categoria di appartenenza. E’ così che possiamo vedere “La guerra dei mondi”, allora, come un fantastico susseguirsi di attacchi alieni, di inseguimenti e fughe, come una serrata e coinvolgente lotta alla sopravvivenza, inframmezzata dalla voglia di scoprire i punti deboli del nemico, apparentemente indistruttibile e assolutamente imbattibile.
Tratto dal racconto di H.G. Wells, questo film del ’53, girato da Byron Haskin stupisce per la sua forza visiva (vinse anche il premio Oscar per gli effetti speciali) ottenuta anche grazie ad un perfetto technicolor nella lavorazione della fotografia e per la straordinarietà della creazione dei dischi volanti e degli alieni, creati artigianalmente e per questo ancora più apprezzabili.
Non manca, però, la vena più introspettiva, capace di farci riflettere, in maniera sobria e per nulla retorica o caricata, sulla relatività del giusto o sbagliato, sulle diverse prospettive dalle quali osservare il fenomeno della diversità, dell’alterità. Esemplare al riguardo la sequenza in cui viene mostrato il modo in cui gli alieni vedono gli umani: essere deformati, dallo sguardo minaccioso e per nulla accogliente o rassicurante.
Ma ancora più pregnante è la proposizione del solito, irrisolvibile, conflitto tra scienza e fede. Lo scienziato protagonista, insieme ad un team di colleghi e di militari, stima che, se continueranno nella loro opera di distruzione, gli alieni distruggeranno il mondo in sei giorni, proprio quanti ce ne sono voluti per crearlo. E quando la stima comincia a sembrare più reale che mai, il panico si impossessa di tutti gli esseri umani che cominciano ad accalcarsi per le strade, a fuggire, a saccheggiare, a lottare con tutti i mezzi, leciti e meno leciti, per la sopravvivenza (le scene di fuga di massa sono davvero impressionanti). Alcuni, però, si rifugiano nelle chiese e cominciano a pregare per la salvezza e a pentirsi della propria condotta precedente, forse motivo per il quale stanno subendo questa punizione.
Subito dopo, senza svelare il come e il perché, la situazione sembra migliorare, e lo spettatore viene lasciato col dubbio: la Terra si è salvata per volere divino o perché scientificamente parlando è stata in grado di respingere gli invasori?
 
 

Altro che fede e scienza, la famiglia viene prima di tutto
 

Dopo il racconto di Wells, la mitica versione radiofonica di Orson Welles, la trasposizione cinematografica di Haskin, arriva anche la mano di Spielberg a rielaborare questa storia di invasione aliena e di lotta alla sopravvivenza da parte degli esseri umani. Che Spielberg fosse un attento conoscitore e un ammiratore del film di Haskin era alquanto noto visto che per la creazione del suo mitico E.T. si è ispirato chiaramente all’alieno che compare per pochi minuti all’interno de “La guerra dei mondi” del 1953.
Sono molti gli elementi di differenza con la trasposizione cinematografica originale, anche perché sono passati più di 50 anni e nel mondo e nella società molte cose sono cambiate. Prima di tutto lo stato di disgregazione della famiglia, ma, forse soprattutto, l’11 settembre. Ed è su questi due elementi storico-sociali che si basa “La guerra dei mondi” del 2005, visto che spesso si fa riferimento ad attacchi terroristici e i protagonisti sono un padre e due figli che tentano in tutti i modi di restare uniti e di ritrovare una dimensione familiare, andata ormai perduta.
Il film di Spielberg, quindi, non è soltanto una pellicola fantascientifica, perché risulta contaminata da altri generi, prima di tutto il catastrofico, ma anche il road-movie, visto che i protagonisti compiono un lunghissimo e pericoloso viaggio per giungere alla tanto agognata unione familiare. Fortunatamente tutte le caratteristiche negative e le banalità di questi generi vengono eluse, mancano infatti eroismi da quattro soldi, presidenti che si sacrificano, salvataggi all’ultimo secondo. Il protagonista agisce solo per sé stesso e per i suoi figli, portando avanti una strenua e sofferta lotta alla sopravvivenza, compiendo anche atti poco ortodossi.
Quello che non si riesce ad evitare, però, è il retoricismo di fondo che accompagna il rapporto padre-figli, la stucchevolezza del finale buonista e riconciliatore a tutti i costi, l’inadeguatezza dei dialoghi e del microcosmo familiare su cui viene puntata la lente d’ingrandimento, a differenza della soddisfazione che si riceve quando il punto di vista si allarga a tutto il genere umano. Si potrebbe obiettare che sono caratteristiche tipiche del cinema spielberghiano, caratteristiche che lo rendono il sognatore-bambino che noi tutti amiamo, in grado di imbastire favole moderne capaci di coinvolgerci totalmente.
Il problema, in questo caso, è che la “favola” stona leggermente col contesto fatto di estrema e straordinaria spettacolarità, di grandi scene dal fortissimo impatto visivo (il treno infuocato, i cadaveri trascinati dal fiume, gli attacchi stessi degli alieni), di effetti speciali a non finire, di esplosioni, uccisioni e via di questo passo.
Alquanto debole anche la sequenza con Tim Robbins, ambientata in un sottoscala, estremamente dilatata e per certi versi telefonata. Ad entusiasmare maggiormente, così come avveniva nell’originale, è la messa in scena, la precisione con cui sono disegnati gli alieni (stavolta retti da tre piedi e quindi chiamati tripodi), la desolazione quasi post-apocalittica che si riversa su una Terra fatta di vermi al confronto degli invasori.
Ed è proprio l’invasione, ancora una volta, al centro di tutto. Questa volta, però, non c’entra più il comunismo. La paura e il terrore del nemico sono ben rappresentate registicamente da Spielberg che, utilizzando sapientemente la macchina a mano, e focalizzando l’attenzione sui volti impauriti e sui corpi in fuga, ci restituisce il senso di una società ormai preda del pericolo di attacchi, conquiste, ritorsioni, in una sola parola, della guerra.

Pubblicato su www.supergacinema.it

9 commenti su “La guerra dei mondi 1953 Vs La guerra dei mondi 2005

  1. la riflessione sulla paura post 11 settembre,per me è ottimamente rappresentata da Cloverfield.Una società che implode nella paura e nella solitudine.

    Spielberg è uno dei tre che non sopporto assolutamente- gli altri due son Tarantino e Scott,pur riconoscendo doti e bravura- per via del suo "stuporismo yankee"stucchevolissimo e indigesto per gli smaliziati europei.Questo remake l'ho visto e scordato.
    Altro invece l'originale,godibilissima pellicola davvero classica!

  2. Indubbiamente l'originale è migliore, come sempre o quasi tra l'altro. A me Spielberg solitamente piace proprio moltissimo. Qui mi è piaciuto un po' meno, anche se devo dire che registicamente e visivamente il film mi ha colpito molto.

    Su Cloverfield siamo d'accordo.

  3. duel,lo squalo e sugarland express non sono affatto male,anzi!Piacciono moltissimo anche a me.Mi urta il suo stuporismo americano che proprio non digerisco.
    Esistono per me anche remake che son all'altezza dell'originale o addirittura meglio:vedi alla voce The Thing di John Carpenter!

  4. Non ho ancora visto l'originale degli Anni 50.
    Quanto al remake, se è vero che pecca di un eccesso di retorica, come molti film di Spielberg (come giustamente ricordi), trovo che l'impianto visivo sia talmente potente che gli si può perdonare qualche difetto.

  5. Si, infatti, in questo caso però la retorica stonava eccessivamente secondo me. Per il resto si concorda. L'originale va visto comunque, perlomeno se sei amante del genere.

  6. come dice anche rearwindow, la retorica è l'unico grande difetto del cinema di spielberg (non c'è suo film in cui non sia presente un dramma familiare, compresa questa pellicola). cmq il remake è davvero un film che non lascia un attimo di respiro, una suspence continua, girato come sempre alla grande dal maestro Spielberg. L'originale è un classico, un cult che cambiò in parte il mondo della fantascienza cinematografica, anche se forse oggi appare, inevitabilmente, un pò datato.

  7. Per me l'originale è un cult, grande film che deve essere visto almeno dagli appassionati di fantascienza e dai cinefili. Il remake non l'ho trovato interessante. Non certo da annoverare tra i migliori lavori di Spielberg.

  8. verdoux, secondo me questi grandi capisaldi cinematografici, soprattutto quando costituiscono una parte fondamentale della storia di un genere cinematografico, non saranno mai datati.

    Luciano, il remake di Spielberg dal punto di vista dello spettacolo, dell'intrattenimento e della regia secondo me è molto apprezzabile. Ovviamente nulla a che vedere con l'originale.

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