Monsters

REGIA: Gareth Edwards
CAST: Whitney Able, Scoot McNairy
ANNO: 2011
 
A causa di un esperimento della Nasa, adesso al confine tra Stati Uniti e Messico esiste una zona contaminata da alcune creature aliene che si sono riprodotte e che non sembrano essere poi così innocue. Un fotoreporter attraverserà la zona messa in quarantena per riportare l’avvenente figlia del suo capo in America.
 
Una fantascienza intimista, poco gridata, priva di fracassonate, momenti action o effetti speciali a tutto spiano è quella che ultimamente abbiamo avuto modo di apprezzare soprattutto grazie al Neil Blomkamp di “District 9”, a cui questo “Monsters” si rifà notevolmente, e al Duncan Jones di “Moon” e in misura minore di “Source code”. Una nuova speranza per un genere che era stato ormai inglobato nella categoria del blockbuster a tutti i costi e che, invece, sembra di nuovo aver assunto una certa autorialità, raccontando anche qualcosa e comunicando attraverso l’espediente dell’”altro” numerose tematiche di non poco conto.
Come era avvenuto per il primo film succitato, infatti, non è dell’invasione che si racconta, né degli isterismi degli esseri umani in fuga dagli esseri mostruosi. Ad essere messi sotto la lente d’ingrandimento sono gli avvenimenti post “invasione”, le modalità di sopravvivenza del genere umano che continua con la sua vita di tutti i giorni nonostante la minaccia aliena. Gli alieni a forma di polipo, insomma, non sono altro che un pretesto per mostrare una situazione socio-politica decisamente scottante, del resto il confine tra Messico e Stati Uniti è davvero un teatro suggestivo in tal senso. Ma non è solo questo il fulcro di “Monsters”, tra l’altro forse un po’ troppo didascalicamente esposto in un pre-finale visivamente da brividi con i due protagonisti che osservano al di là del confine il loro paese. Ad accompagnare le principali tematiche del viaggio di ritorno e al tempo stesso fuga e dell’analisi di due diverse realtà messe a confronto in un misto di unione e scontro, c’è anche l’osservazione dell’uomo e delle sue paure, più o meno ancestrali, della difficoltà dei rapporti interpersonali e del contatto con una natura al tempo stesso accogliente e perturbante. Le dualità, insomma, la fanno da padrone, fino ad arrivare ad un finale decisamente toccante e rivelatore, in cui tutto assume dei contorni decisamente differenti rispetto a ciò che si è portati a pensare fino a quel momento e in cui finalmente anche l’uomo, grazie all’”alieno”, diminuisce la distanza tra sé e l’altro, smussando la sua solitudine, il suo individualismo e la sua pienezza di sé.
Il tutto raccontato con uno stile sobrio e decisamente coinvolgente, soprattutto grazie alla straordinaria fotografia che incornicia dei paesaggi mozzafiato (siamo in America centrale e in particolar modo in Messico, Guatemala, Belize e in parte negli Stati Uniti), ma anche in virtù del talento di Gareth Edwards, il quale ha girato in tre settimane e si è poi occupato anche del montaggio, degli effetti speciali, della fotografia stessa, nonché della sceneggiatura. Avvalendosi di una troupe composta da pochissime persone (gli unici attori professionisti sono i due protagonisti, affiancati poi da comparse del luogo), nonché di scarsissimi mezzi economici, Edwards ha partorito quello che è stato giustamente definito “un film di mostri senza mostri”, sorprendendoci con questa imperdibile opera prima, partendo dall’alieno e arrivando all’uomo, in una parabola a dir poco illuminante, ma al tempo stesso incantevole, romantica e a tratti commovente.

VOTO:

Pubblicato su www.livecity.it

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