Spider

REGIA: David Cronenberg
CAST: Ralph Fiennes, Miranda Richardson, Gabriel Byrne, Bradley Hall, Lynn Redgrave, John Neville
ANNO: 2002
 
Dennis Cleg si reca in una squallida pensione governata da una impettita e severa tutrice. Rivisitando i luoghi della sua infanzia cerca di ricordare la verità su ciò che successe a sua madre molti anni prima. Procedendo a tappe non sempre lineari e lucide, perverrà alla verità e alla serenità mentale.
 
Che il cinema di Cronenberg sia in qualche modo malato e tendente dunque al racconto di perversioni, deviazioni e anormalità, lo sappiamo fin troppo bene visto che tutte le sue pellicole in un modo o nell’altro si sono concentrate su questi temi. La differenza che possiamo riscontrare tra i film appartenenti alla prima parte della sua carriera e quelli che invece rientrano in un nuovo filone stilistico-formale (filone a cui “Spider” appartiene), sta nella maniera di trattare questi temi. Se inizialmente la dualità, la doppiezza o molteplicità della mente umana, le mutazioni fisiche e mentali, le ossessioni sessuali e non erano anche visivamente mostrate con risultati che andavano dall’orrido al sensazionale, in un miscuglio perfetto e volutamente esagerato tra contenitore e contenuto (poltiglie, animali vari, perlopiù insetti, che entrano ed escono dai corpi, parti mostruosi, mutazioni genetiche, orifizi usati per i più differenti motivi e si potrebbe continuare a lungo); con le sue ultime pellicole Cronenberg si è più concentrato sulla mente, sul labirinto che spesso la imprigiona, sulle sue molteplici e a volte inestricabili sfaccettature. Questo labirinto in “Spider” è perfettamente e anche poeticamente metaforizzato dalla ragnatela che il protagonista sin da bambino aveva costruito nella sua stanza per proteggersi dai pericoli esterni e che poi ricrea da adulto per snodare i ricordi del suo passato e ricostruire i tasselli della sua mente, cercando di liberarla dalla prigione in cui sembra essere rinchiusa. Trattasi, allora, di un viaggio affascinante e coinvolgente nella mente allucinata e schizofrenica di questo personaggio molto intenso e suggestivo, bambino potentemente legato alla figura di una madre idealizzata e quasi angelicata prima, adulto sconvolto da un determinato avvenimento della sua infanzia dopo. E’ proprio tramite il percorso mnemonico del protagonista da adulto, un Ralph Fiennes davvero sorprendente e impressionante, che lo spettatore riuscirà ad attraversare il ponte che egli stesso percorre, un ponte che lo mette direttamente in contatto con gli eventi del suo passato (da qui lo straniante, ma al tempo stesso funzionale stratagemma di far coesistere sullo schermo il Dennis bambino e adulto, nel mentre vive e ricorda contemporaneamente i fatti mostrati). Certo è che fin da subito appare chiaro che non tutto ciò che l’uomo ricorda o crede di ricordare può essere accaduto così come lui lo rivive, ma è proprio questo che mette in moto l’immaginazione e la riflessione dello spettatore che si ritrova ad interpretare passo passo le azioni e le reazioni dei tre principali protagonisti che si muovono sulla scena. Oltre a Dennis, infatti, sono di capitale importanza i suoi genitori. La madre, alla quale il figlio è palesemente legato da un velato ma potente complesso di Edipo (una Miranda Richardson davvero straordinaria che dopo vedremo esibirsi in altre due perfette interpretazioni) e il padre, visto come bifolco e violento usurpatore dell’innocenza della donna (un ambiguo Gabriel Byrne). Dopo aver visto i due genitori baciarsi appassionatamente nel cortile di casa, l’immaginazione e la mente del bambino cominciano a costruire una realtà fittizia nella quale l’uomo uccide la moglie e la sostituisce con una volgare e sguaiata prostituta. Una prostituta di cui bisogna al più presto liberarsi… Ma cosa è veramente reale e cosa è in realtà fittizio? E’ col peso di questi ricordi che deve convivere il protagonista, ma soprattutto con l’indeterminatezza degli stessi, con l’insicurezza sulla reale sorte capitata alla madre che lo aveva teneramente soprannominato Spider, raccontandogli un’emblematica storia di un ragno che dopo aver costruito la sua tela va via senza mai più tornare, così come fa lei stessa dopo averlo teneramente nutrito col suo affetto e la sua protezione.
Il regista, abilissimo nella costruzione della messa in scena e nella tessitura di un intreccio intrigante, ma al tempo stesso anche molto inquietante e angoscioso, dissemina qui e lì una serie di indizi per lo scioglimento della matassa, o per meglio dire della ragnatela. Nonostante l’apparente linearità stilistica, molto distante dalle sue pellicole cult di un tempo, Cronenberg infittisce questo ulteriore racconto della complessità e della pericolosità della mente umana con molti elementi di “disturbo” come l’involgarimento della protagonista femminile, il primo piano dello sperma gettato quasi in faccia agli spettatori dalla prostituta che ha appena finito di masturbare il padre del protagonista, e i ricordi di Dennis risalenti alla sua permanenza in manicomio (straordinaria la scena della rottura di un vetro da parte di un altro paziente che, ricostruito, con le sue venature ricorda una ragnatela).
Per mettere a confronto i due diversi approcci registici e formali di Cronenberg si potrebbe quasi fare un paragone tra le due donne mostrate nel film, quella più elegante e raffinata, ma al tempo stesso allusiva e sfuggente, e quella più vitale e sanguigna, diretta e sporca. In realtà, come scopriremo durante la visione, sia in riferimento alla natura delle due donne, sia a quella del cinema di Cronenberg, si tratta sostanzialmente delle due facce di una stessa medaglia.

Pubblicato su www.livecity.it

2 commenti su “Spider

  1. Film notevole e che presenta grandi difficoltà di visione. E notevole la tua recensione come sempre precisa e molto interessante. Ritengo che non sia semplice commentare un film come Spider.

  2. Non è semplice guardarlo, non è semplice commentarlo, non è semplice farlo sedimentare. Ma tutto il cinema di Cronenberg non è facile. Ed è questa, anche, la sua enorme grandezza.

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