Un uomo da marciapiede

REGIA: John Schelinsger

CAST: Jon Voight, Dustin Hoffman, Bob Balaban
ANNO: 1969

TRAMA:

Joe Buck, stanco di fare lo sguattero, si trasferisce a New York con l’intenzione di guadagnarsi da vivere prostituendosi con ricche signore. Il contatto con la dura realtà della corrotta e spietata città lo condurrà verso esperienze degradanti ed imbarazzanti, fino a quando in seguito all’amicizia con un italo-americano disadattato, soprannominato Sozzo, non deciderà di trasferirsi in Florida e di trovare un altro modo per sopravvivere.

 



ANALISI PERSONALE

Chi non conosce la canzone Everybody’s talkin’ di Harry Nillson? E’ anche grazie a questa canzone e alla colonna sonora in generale che Un uomo da marciapiede (volgare italianizzazione del più poetico Midnight cowboy, titolo anche del romanzo da cui il film è tratto), risulta essere un film indimenticabile. L’esordiente Jon Voight dà vita ad un personaggio ingenuo e fiducioso che si illude di poter trovare fortuna nella grande mela, città vagheggiata e sognata, anche perché contrapposta allo squallore della sua condizione. Ma è molto probabilmente Dustin Hoffman a regalarci l’interpretazione migliore, quella di un piccolo uomo alla deriva della società, che vive ai margini e sopravvive solo grazie a più o meno leciti espedienti e mezzucoli. La loro amicizia, che tarda ad arrivare e che comincia sui binari della convenienza e della necessità, sarà l’emblema dell’intera pellicola, che apparentemente si sorregge sullo scandalo che un determinato argomento, soprattutto all’epoca, può creare, ma che in realtà si serve di esso per comunicare ben altro. Siamo negli anni della guerra del Vietnam, che viene solo nominata di sfuggita nella tv di una signora benestante (in una scena di straordinaria ironia e lucidità), la prima alla quale Joe si rivolge appena giunto in città, che si rivela essere a sua volta una specie di prostituta. Il ragazzone pieno di speranze e di sogni si scontrerà con una realtà forse più crudele di quella vissuta fino ad allora (realtà mostrata in una serie di shockanti flashback che contribuiscono a delineare il personaggio nella sua totalità), la realtà di una città nella quale se un uomo sviene nessuno lo soccorre, nella quale le persone più ricche e benestanti si dimostrano essere le più corrotte e “malate” e dove coloro che sembrano apparentemente dei relitti e dei reietti, nel momento del bisogno mostrano tutta la loro generosità e il loro cuore. E’ il caso appunto dello zoppicante e malaticcio Ratso Rizzo, da tutti soprannominato il sozzo, che si rivela essere un imbroglione e che arriva anche a truffare il povero Joe, incauto e sprovveduto.  Si offrirà di fargli da menager con l’intento di rubargli 20 dollari e non farsi mai più ritrovare.

Ma anche in una grande metropoli come New York è possibile “scontrarsi” con qualche vecchia conoscenza e l’unico modo che Ratso troverà per farsi perdonare della sua scortesia, sarà quella di ospitare l’ormai povero Joe nel suo fatiscente appartamento che rischia il crollo da un momento all’altro. I due riusciranno a sopravvivere rubacchiando qua e là, e cercando sempre nuovi clienti per Joe, che arriva a toccare persino il fondo per rendersi conto di non poter proseguire in quella maniera. L’inverno estremamente gelido contribuirà a peggiorare le condizioni di Ratso che da tempo vagheggia di una vita lussuosa e prosperosa in Florida. Sarà proprio il degenerare della sua malattia, che porterà Joe, ormai sinceramente affezionato al suo compagno di sventure, ad abbandonare la città nella quale qualcosa stava cominciando a muoversi dopo una fortunata esperienza con una ricca cliente, per raggiungere le spiagge di Miami dal clima più caldo e salutare. Poco importa se per permettersi i soldi del viaggio sarà costretto a scendere più in basso di quello che aveva già fatto nel corso della sua permanenza a New York, la città spietata e crudele che ti abbandona al tuo destino se non riesci ad adeguarti ai tempi e alle situazioni. La città che ospita accanto agli appartamenti di lusso abitati da una borghesia più corrotta che mai, abitazioni fatiscenti e situazioni-limite di prostituzione ma non solo (esemplare il festino orgiastico al quale vengono invitati i due protagonisti). E così il ragazzo venuto dal Texas, con tanto di giacca a frange e di camperos col motto “Non sono un cowboy, ma un vero stallone”, si ritroverà in Florida col vantaggio di aver imparato moltissimo dalla sua triste esperienza e soprattutto dal rapporto di grande amicizia nato con il sozzo che non riuscirà a vedere avverato il sogno della sua vita. Entrambi, comunque, grazie all’aiuto l’uno dell’altro, saranno giunti ad una “felice” conclusione: la consapevolezza di sé stessi e della propria reale natura.
Vincitore di tre premi oscar, regia film e sceneggiatura, ne avrebbe meritati sicuramente altri, come quello alla colonna sonora e a Dustin Hoffman che, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dopo la straordinaria interpretazione de Il laureato, dimostra definitivamente il suo enorme talento d’attore.

VOTO: 9

 



CITAZIONE DEL GIORNO

Hai delle pallottole? Ho avuto una lunga discussione e sono rimasto a corto di argomenti. (Bud Spencer in "E continuavano a chiamarlo Trinità")


LOCANDINA

10 commenti su “Un uomo da marciapiede

  1. ben detto, ma anche la prova d’attore di jon voight è degna di nota. un film intenso come pochi, l’unico X-RATED fino ad oggi ad aver vinto l’oscar come miglior film.

    mario

  2. Ebbrava Ale!

    Come sai, questo mi è arrivato in dvd da poco e spero di vederlo presto.

    Credo che non resterò deluso 🙂

  3. Alèèèè, na canzone epocale!!

    Mario, felice che ti sia piaciuto.

    Chimy, grandi giornate anche per me come cinefila. Mi stanno capitando dei film che sono tutti dei capolavori.

    Tom, già, vedilo al pià presto, sono sicura che ti piacerà moltissimo!

  4. Gran bel film!

    E grandissima interpretazione di Hoffman, il mio attore preferito, e, per me, il migliore di tutti i tempi.

    Anche John Woight è bravo, e cosa completamente frivola: ma avete visto quanto gli somiglia sua figlia Angelina?!

    Bella recensione!

    🙂

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