A history of violence

REGIA: David Cronenberg

CAST: Viggo Mortensen, Ed Harris, William Hurt, Maria Bello
ANNO: 2005

TRAMA:

Tam Stall è un tranquillo cittadino americano che gestisce una tavola calda e che si occupa amorevolmente di moglie e figli. Un giorno due rapinatori entrano nel suo locale minacciando di fare piazza pulita e Tom li fa fuori divenendo l’eroe del momento. Dopo essere apparso in tv, un brutto ceffo, scambiatolo per un’altra persona, comincia a tampinarlo reclamando vendetta.

 


ANALISI PERSONALE

Tratto da un fumetto, A history of violence porta con sé il marchio indelebile e infallibile dello stile di Cronenberg che torna a parlarci di metamorfosi non solo del corpo, ma anche della mente. Il tema del doppio (ormai sdoganato al cinema) viene qui affrontato in maniera originale e del tutto personale con la mano inconfondibile del grande regista canadese. Ad interessare non è tanto il plot narrativo in sé per sé, che potrebbe risultare a tratti banale e soprattutto già visto, ma il messaggio che porta e che contiene, scritto a caratteri cubitali col sangue scaturito dalla violenza, che volenti o nolenti, è insita, con dosi diverse a seconda del caso, dentro ognuno di noi. Violenza che fa paura ma che al tempo stesso affascina, violenza mostrata talmente velocemente da non lasciarci neanche il tempo di pensare, come molto probabilmente il regista intendeva contrassegnando le scene clou della sua pellicola da una quasi totale mancanza di giudizi esterni o sopra le parti. Il narratore è nascosto, dunque, è quello che conta non è riflettere su un dato di fatto, ma rendersi conto della sua esistenza.

Tom Stall (un sempre più straordinario Viggo Mortensen) è il proprietario di una tavola calda. Vive con sua moglie Edie (una discreta Maria Bello) e i suoi figli Jack e Sarah. La sua vita trascorre tranquilla e Tom, a detta di sua moglie è l’uomo più buono del mondo. Consiglia suo figlio maggiore su come comportarsi coi suoi coetanei che lo infastidiscono, rassicura la piccola Sarah dell’inesistenza di mostri cattivi e si occupa della casa e del lavoro in modo egregio.
Un giorno durante l’orario di chiusura, nel suo locale appaiono due strani tipi che pretendono di bere caffè e di mangiare una torta. Quelli che sembrano essere solo due fastidiosi e prepotenti clienti si mostrano però per quello che sono in realtà: due rapinatori ed efferati assassini (li vediamo all’inizio uccidere senza pietà anche una piccola bambina). Tom non si fa cogliere di sorpresa e riesce ad uccidere entrambi, divenendo l’eroe locale del momento. L’uomo sembra non essere contento della crescente notorietà che comincia a caratterizzarlo, tanto da evitare il più possibile contatti con giornalisti e tv. Quanto tutto sembra essere tornato alla normalità a far visita al suo locale arriva un altro strano tipo con scagnozzi al seguito. Si tratta di Carl Fogarty (un estremamente caratteristico e impressionante Ed Harris) che afferma di conoscere Tom col nome di Joy Cusack e che pretende che l’uomo lo segua per andare a far visita a suo fratello Richie (il fumettistico e particolarissimo William Hurt).
Si tratta di s
cambio di persona o Tom nasconde qualcosa? Certo è che lui continua a negare di essere mai stato a Philadelphia come invece asserisce il temibile Carl e continua a giurare a sua moglie e ai suoi figli di non sapere di cosa parli quell’uomo. Continuando a proteggere la sua famiglia, Tom è costretto a “planare” nuovamente verso un tragico epilogo che ci lascia sospesi con un interrogativo ben fissato nella mente: conosciamo mai fino in fondo coloro che ci stanno accanto? Ma soprattutto, conosciamo davvero noi stessi?

 


Psicologicamente teso ed intenso, questo film, giocando sulla dualità della mente, della personalità e persino della corporeità racconta il processo di metamorfosi e di trasformazione subita, volontariamente o necessariamente, da un uomo che sembra aver completamente cancellato uno scomodo passato di violenza e degradazione per raggiungere e realizzare quello che è il tipico sogno americano: un bel lavoro, una bella casa a due piani e una famiglia felice. Ma si sa, la realtà è tutt’altra cosa e quando meno ce lo aspettiamo la nostra vera (duplice o multiforme) natura prima o poi viene a galla. Nel film il cambiamento, il trapasso, l’emergere degli istinti più reconditi viene mostrato attraverso due metaforiche e significative scene di sesso tra Tom e Edie: nella prima i due giocano a fare gli adolescenti paurosi di essere colti in flagrante (scena che porta con sé tutta la dolcezza e la delicatezza di un rapporto di coppia), nella seconda marito e moglie dopo una furiosa lite verbale e fisica sulle scale della loro casa si lasciano andare ad una violenta passione che però non riesce ad unirli realmente (immagini queste di una forte forza comunicativa).
Ma a dimostrazione che agli istinti è difficile porre un freno viene posta anche la questione del figlio maggiore di Tom che viene continuamente vessato da un suo compagno, bullo che più bullo non si può (che inizialmente incrocia il suo sguardo in auto con quello dei due assalitori della tavola calda in un camioncino quasi a dimostrare una sorta di specularità) e che, dopo aver sopportato stoicamente senza reagire, scoppia in un impeto di violenza repressa.
Il cambiamento di registro dall’iniziale amenità della cittadina di Millbrook (Indiana) contrassegnata da un alone di pace, serenità e fratellanza tra i suoi abitanti fino ad arrivare ad una sorta di tacita e nascosta consapevolezza dei segreti che nasconde (nella persona di Tom, ma non solo) appare quasi impercettibile, ma è sicuramente ben realizzato anche grazie ad un cambiamento di tono nella fotografia che si incupisce ed ingrigisce man mano che si prosegue col “racconto” e della quasi del
tutto assente colonna sonora che arriva propiziamente a sottolineare i momenti di più alta tensione. Senza mai esagerare, Cronenberg filma i momenti salienti con cura e parsimonia regalandoci inquadrature importanti (quella iniziale – che sembra quasi un quadro dipinto per quanto è meravigliosamente fotografata –   in cui i due assassini dopo aver sterminato varie persone nella tavola calda escono e mettono a posto la sedia è davvero spettacolare) e soffermandosi su sguardi che raccontano più di mille parole, come quello finale tra Tom e Edie, straziante e latore di immense ed infinite interpretazioni.
A history of violence (che porta nel titolo tutta la sua essenza) è un film ricco di stile ed eleganza formale che riesce a insinuarsi prepotentemente nella mente dello spettatore.

Regia: 9
Sceneggiatura: 7,5
Recitazione: 8,5
Fotografia: 9
Colonna sonora: 8
Ambientazione: 8,5
Voto finale: 8,5

 


CITAZIONE DEL GIORNO
 
Le esperienze si possono anche leggere: non c’è bisogno di farle tutte di persona. (Marcello Mastroianni in "Verso sera")


LOCANDINA


27 commenti su “A history of violence

  1. lo recensii non molto tempo fa e gli diedi un bel 9..quasi perfetto..non mi andò giu molto william hurt (troppo fumettistico il suo personaggio) e poco altro..sostanzialmente d’accordo su tutto comunque!

  2. Credo che sia stato volutamente costruito in quella maniera eccessivamente fumettistica…comunque mi fa piacere che ti sia piaciuto molto!!!

  3. Vedo che continui l’avventura cronenberghiana, ehehehe..!!!

    Beh, che dire, anche qui sfondi una porta aperta, essendo io un autentico fan di questo gioiello.

    Nonostante l’apparente distacco dalla sua cifra stilistica (come scrivi anche tu la mutazione stavolta è interiore, e non c’è la carne) HISTORY è forse il suo picco, registicamente parlando.

    Certo, non c’è la filosofia dei suoi capolavori precedenti (qui si gioca “solo” a fare cinema) ma, tanto per dirne una, la scena finale in cucina è la testimonianza di un Artista stratosferico che ormai è oltre ogni mera classificazione.

  4. sottoscrivo in pieno.

    il morandini ha dato a questo film 5 stelle (tra tutti i film presenti nel dizionario solo una trentina hanno avuto così tanto).

    mario

  5. Se fossi stato Morando Morandini forse non avrei dato 5 stelle a questo film…ma sicuramente 4!!! Ho visto questo film e ne sono rimasto totalmente affascinato…e non ho ancora visto “La promessa dell’assassino” che dalle critiche figura anhe meglio di questo. Grande Cronenberg

  6. Al devi assolutamente guardare La promessa dell’assassino!!!

    Luciano, infatti, la forma e lo stile non mancano di certo al grandissimo Cronenberg ^^

  7. per me è uno dei capolavori del cinema degli ultimi 10 anni, insieme a Caché- Niente da nascondere, di haneke, sono i 2 film che parlando della “normalità” trovano invece l’anarmolita, la paura del mondo contemporaneo… Film assoluto!

  8. E’ vero, è una constatazione davvero intelligente la tua. Indubbiamente A history of violence è un grandissimo film, uno dei più grandi degli ultimi anni.

    Quello che dici di Haneke non l’ho ancora visto, ma ovviamente recupererò ^^

  9. Un capolavoro, uno dei migliori film del 2005.

    Lo stile fumettistico secondo me è voluto. A History of Violence è uno dei miglioir adattamenti di un fumetto da molti anni a questa parte. Cronenberg ha fatto suo il fumetto di John Wagner e Vince Locke rimanendo fedela al materiale di base e mettendo allo stesso tempo tutti gli elementi che caratterizzano il suo cinema.

    Il finale è l’unica grande differenza con il fumetto. E vi dirò… il finale di Cronenberg è dal mio punto di vista molto più efficace!

    Complimenti per il blog, lo sfondo con le locandine mi piace molto 🙂

  10. Questa tua analisi del mondo Cronenberghiano non può che rendermi felice…:)

    Questo film poi, non so perchè (o meglio, lo so!), ma il finale riesce a darmi i brividi ad ogni visione.

    Ricordo che quando ho comprato il dvd ho visto quella scena almeno 20 volte di seguito…Bellissima!

  11. Grazie mille t3enshi, lo sfondo è opera di una mia amica ^^

    Filippo, quel finale è uno dei migliori che io abbia mai visto nel corso della mia “esperienza cinematografica”.

  12. Concordo con Claudio sulla straordinarietà di “Niente da nascondere”, ti piacerà di sicuro…

    Su “A History of Violence” che dire? forse non è uno dei miei Cronenberg preferiti in assoluto, ma avercene di film così belli…

    Un saluto

    Chimy

  13. Teso ed intenso come scrivi, Ale, solo che c’è qualcosa che non mi convince a pieno. Cronenberg a ‘sto giro lavora meno sulla psicologia dei personaggi. Ha girato più un film nel vero senso del termine piuttosto che il suo pugno in faccia, marca di fabbrica della sua filmografia. Un po’ troppo formale, ecco. Resta il fatto che il film ha molti meriti. Abbasserei di un voto e mezzo la tua valutazione finale.

  14. Claudio credo proprio che ci andrò oggi e non vedo l’ora!!!

    Shadow a me pare invece che la psicologia dei personaggi sia affrontata in maniera approfondita. In effetti, questo film si discosta molto dal suo classico modo di giare, ma non per questo ritengo che sia inferiore.

  15. Cara Alessandra,

    sono in linea con la tua analisi perché “A History of Violence” di David Cronenberg,che devo dire che l’ho trovato strepitoso.

    Questa volta Cronenberg concepisce un Film violento,senza peli sulla lingua e che va subito al sodo,ma nello stesso tempo molto profondo e che ti fa riflettere.

    Tratto dalla novella di Jhon Wagner e

    Vince Locke,il regista questo Film l’ha

    realizzato su commissione,ma lo fa talmente suo che riesce a spiazzarti e inquietarti durante il racconto che prosegue.

    Ci descrive questa famigliola,in cui pare che tutto vada a gonfie vele,che siano tutti contenti e fili liscio,il padre,Tom,sembra uscito

    da “Happy Days” e inizialmente è somigliante a Richie Cunnigham.

    Finché una sera ammazza due persone senza battere ciglio e ad una velocità supersonica,da lasciarci sbigottiti,e infatti da lì capisce che Tom non è la prima volta che ammazza,anche se quello ci vuole far credere,e diventa un eroe nazionale e l’intero paese si stringe intorno a lui.

    Ma un giorno entra nel suo Bar-Ristorante, uno della criminalità di Philadelphia,con un occhio distrutto che dice di conoscerlo con un altro nome e da qui il Film prende una via imprevedibile.

    Insomma mi sono trovato davanti a un prodotto che non era il solito,costruito come un puzzle,e con due personaggi iniziali,che sono due loschi individui volenti,che sembrano usciti da un Film

    di Quentin Tarantino,da quanto sono Pulp,ed è miscelato tra il Noir (molto Noir),il melò e il “Gangster’s Movie”,quello più violento, dove il sangue ti schizza dappertutto ed

    è costruito come i Film degli anni ’50/60

    in bianco e nero del genere.

    Da segnalare la direzione degli attori

    soprattutto Viggo Mortensen,che a

    tratti prende tutta la scena e le interpretazioni di Ed Harris,gangster vendicativo che dice

    la verità e William Hurt,che rientra nei

    in un Film che conta.

    In conclusione un ottimo Film,

    dove Cronenberg ci racconta con

    un linguaggio narrativo rigoroso,

    quasi chirurgico questa storia

    che ti entra dentro l’anima e ti

    fa riflettere con un finale amaro

    e con un ritratto di famiglia

    quasi intimista,utilizzando

    la doppia identità come entrare e uscire

    in un corpo,scegliendo la metafora della famiglia per criticare il mito fondativo degli U.S.A.

    e contro i relativi sistemi estremi,che descrive la violenza come strumento di nascita e crescita di una nazione che usa la violenza come se fosse una cosa normale.

    Il mio voto: 7,5.

  16. Bè, io non riesco proprio a scegliere. Forse Videodrome rimane imbattibile, ma anche Il pasto nudo o Eastern promises non scherzano. Senza contare tutti gli altri capolavori partoriti dalla sua mente malata 😛

  17. L’America ha la violenza nel Dna, guarirne è forse impossibile? La violenza viene fuori dall’impossibilità di vivere la realtà che vorremmo? E’ possibile essere normali in un mondo impazzito?

    Il film pone molte domande, lasciando le risposte in sospeso, aperte alle interpretazioni dello spettatore.

    Il finale fa discutere. Nulla sarà più come prima. O forse sì. Tutto sembra ricomporsi come se nulla fosse. Trionfo della falsità e ipocrisia? Affermazione che ogni tipo di violenza (sessuale, scolastica, mentale, fisica…) è giustificata se il fine la richiede?

    Quello che è certo è che David Cronenberg si conferma maestro di un cinema angoscioso e disturbante, un cinema che ha sempre aperto la porta a inquietudini e imbarazzi.

    E si conferma ottimo direttore di attori, qui tutti perfetti e bravissimi (ma la palma va ai due veterani Ed Harris e William Hurt, veramente straordinari).

  18. Recensione completa e puntuale Ale, hai ragione tensione e metamorfosi sono alla base della cinematografia di Cronenberg, qui assumono solo un nuovo aspetto dopo aver esaurito la carica della poetica della “nuova carne”.

    Il finale poi con quel campo/controcampo è emotivamente sconvolgente e bellissimo.

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