REGIA: Fritz Lang
CAST: Michael Redgrave, Joan Bennett
ANNO: 1948
TRAMA:
Celia e Mark si incontrano in Brasile ed è amore a prima vista. Si sposano dopo tre giorni, ma lei scopre che c’è qualcosa di strano nei comportamenti di suo marito che ha l’hobby di collezionare camere nelle quali sono stati compiuti famosi ed efferati delitti.
ANALISI PERSONALE
Un bel noir tinto di psicanalisi, come da tradizione degli anni ’40, che ricorda molto da vicino le più belle pellicole di Hitchcock, senza riuscire però ad avere lo stesso guizzo e la stessa genialità, ma rimanendo comunque un film costruito in maniera quasi impeccabile, se non si tiene conto di qualche cliché nel delineare l’eroina e il principe cattivo, tipo di ogni favola che si rispetti, (cliché sicuramente voluti), e di una forse fin troppo imperante voce fuori campo che contribuisce sicuramente a rendere molto più affascinante il film, ma che alla lunga lo rende anche un po’ troppo didascalico. Un uomo colpito da qualche turbe misteriosa, una donna decisa a scoprire i segreti dell’uomo che ama e del tutto determinata ad aiutarlo una volta scoperto il suo grave problema. Su questi due personaggi davvero molto interessanti si concentra lo studio e lo sguardo del regista, che poi di contorno utilizza delle figure a dir poco ambigue e sicuramente enigmatiche e quasi sfuggenti: una sorella-padrona, un figlio che pare essere un uomo in miniatura e una segretaria sfregiata con un foulard che le copre parte del volto. Insomma non si assiste mai ad un momento di stasi e sicuramente molte sequenze e molti atteggiamenti dei suddetti personaggi mettono davvero i brividi, caratteristica peculiare di ogni noir che si rispetti.
Quando Celia, spaesata, arriva a destinazione, scorge dalla finestra una persona in penombra che la sta osservando enigmaticamente. Ad accoglierla arriva Carolina, la sorella di Mark, che, non sapendo che sua cognata è all’oscuro di quasi tutto ciò che riguarda suo fratello, la mette al corrente del fatto che costui ha un figlio, Davide, ed è vedovo di Elena. Celia sembra accusare il colpo come una vera signora e non dà ad intendere di non conoscere certi particolari importanti riguardanti suo marito, che nel fulmineo viaggio di nozze le aveva detto forse l’unica cosa intima che lo riguarda: è un collezionista di stanze importanti perché luoghi di avvenimenti da lui descritti come “felici”.
Celia, cerca di ambientarsi meglio che può e prima dell’arrivo di suo marito, fa la conoscenza di Davide, che pare essere una miniatura del padre, ma che lo odia dal più profondo del cuore e di quella persona che l’aveva scrutata dalla finestra, che altri non è se non la segretaria di Mark, rimasta sfigurata in volto perché in passato salvò la vita a Davide che stava morendo in un incendio.
A popolare la casa solo altre due persone: i domestici. Quando Mark torna dal suo viaggio d’affari, Celia va ad attenderlo alla stazione con un mazzetto di fiori di lillà, ma nuovamente Mark comincia a comportarsi in maniera ambigua e scappa con una scusa, lasciando sua moglie in preda ai dubbi più atroci. Indecisa se tornarsene a New York o se rimanere fedele alle promesse fatte in chiesa il giorno del matrimonio, Celia comincia a capire che c’è qualcosa di grande che suo marito le nasconde e comincia ad indagare. Dopo essere tornata a casa con Mark, organizza un ricevimento, invitando tutti gli amici, tra i quali anche il vecchio caro Bob che non le nasconde la preoccupazione in seguito alla situazione economica di suo marito. Durante il ricevimento Mark mostra i suoi invitati le sue famose stanze da collezione, omettendo però la visita alla stanza numero sette rigorosamente chiusa a chiave, e quando sua moglie gli chiede di poterci entrare, va su tutte le furie, dicendo di voler essere lasciato libero di vivere la sua vita, dopo che numerose donne (sua madre, sua sorella e Elena) l’hanno sempre castrato. Da questo momento in poi Celia, con la curiosità tipica delle donne ma soprattutto con la voglia di scoprire cosa c’è che non va in suo marito, comincerà a voler investigare sul reale significato di quelle stanze e della sette in particolare (stanze in cui ha scoperto essere avvenuti efferati omicidi di uomini ai danni delle proprie donne o delle proprie madri), correndo non pochi pericoli…
Un Fritz Lang, con questo film ingiustamente dimenticato, che mette a segno una pellicola a cui va il merito di far accrescere la curiosità dello spettatore minuto dopo minuto, che costruisce un film nel quale il giallo e l’analisi psicologica si intrecciano in un susseguirsi di piccoli e centellinati colpi di scena che rendono Dietro la porta chiusa, un piccolo grande noir, da non dimenticare e soprattutto da non sottovalutare.
VOTO: 8
CITAZIONE DEL GIORNO
LOCANDINA
Di questo grande regista tedesco che è Fritz Lang devo recuperare molti film tra cui “La donna del ritratto” e “Il grande caldo”…ma ho visto “M- il mostro di Dusseldorf” ed è un capolavoro…
Già, me l’avevano detto che M è forse il fuo film migliore. Non vedo l’ora di recuperarne un bel pò per farmi un’ide a ^^
ma dai Ale.. guardi i film in bianco e nero ?? ma sono da matusa ! sono vecchi. guarda che hanno inventato il colore e il dolby surround !
poi ‘sto friz langue chi è ? speriamo che qualcuno faccia un remake (magari con will smith protagonista) così me lo vedo…
^__^;
Ahahah, sei il solito!!! 😛
sembra un film piuttosto accattivante. leggendo la trama mi ha ricordato le atmosfere di “rebecca” di hitchcock. sono fuori strada?
mario
Conosco la trama di Rebecca e si potrebbe anche ricordarlo, però dovrei vederlo prima per confermare ^^
Non l’ho mai visto, ma la tua recensione è molto molto molto intrigante. In un certo senso mi obbliga a recuperarlo ^^
Ciao,
Lorenzo
(Anche io devo ancora vedere “Rebecca”, magari ne approfitto per vederli insieme)
Mai visto.
OT: bell’header!!! 🙂 Fighissimo!
t3nshi, Hitchcock mi sa che lo stiamo recuperando insieme ^^
Lilith, grazie!! ^_-
Mitico Dietro La Porta Chiusa!!
E’ vero è hitchcockianissimo (anche se ad essere corretti è Hitchcock che segue Lang), ma a tratti ha dei guizzi e delle idee di messa in scena e di suspense impagabili.
Comunque non fa testo per le atmosfere dei film di Lang che solitamente sono decisamente più fredde e distaccate. Cioè di solito il suo è un cinema molto più analitico, qui invece è stranamente empatico.
Se ancora non hai visto M, chiaramente ancora non hai visto il meglio, anche forse la parte muta è la più creativa.
Si mi hanno detto tutti che M è il suo miglior film. Provvederò, provvederò ^^
Un buon film che però non vedo da tanto tempo. Anche per me M è il suo miglior film.
E se lo dici anche tu…ci credo al 100%! ^^
Che regista Frizt Lang…che regista!…recupera TUTTO quello che ti capita a tiro di questo immenso cineasta. “M”, “Il grande caldo”, “La donna del ritratto” e, uno dei miei preferiti, “Quando la città dorme” 😉
Recupererò!! Il tuo entusiasmo mi mette euforia! 😛
no fritz lang no
Ma come Fritz Lang no? E’ un colosso della storia del cinema…
Rebecca, la prima moglie (1940) +
Il sospetto (1941) +
Io ti salverò (1945) =
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Dietro la porta chiusa (1948)
😉
Tralasciando questa buonissima fusione di tre filmoni di dio Alfred, amo Lang per M e per La donna del ritratto (delizioso…da vedere anche il similissimo La strada scarlatta).
Un giorno lo riprenderò il grande Fritz, magari partendo da Metropolis, che ahimè mi manca.
Egi
M è sicuramente un capolavoro assoluto. Metropolis purtroppo, e me ne vergogno, non l’ho ancora visto. Ma sarà sicuramente recuperato.