Il terzo uomo

REGIA: Carol Reed

CAST: Joseph Cotten, Alida Valli, Orson Welles, Trevor Howard, Bernard Lee

ANNO: 1949

 

Quando Holly Martins, americano che si reca a Vienna richiamato dal suo amico Harry, scopre che quest’ultimo è morto in uno strano incidente, comincia a ficcare il naso in faccende pericolose, come la scoperta di un fantomatico terzo uomo presente durante la morte di Harry. I suoi unici contatti saranno con Anna, la fidanzata di Herry, e il maggior Calloway che tenta di tenerlo al di fuori delle sue indagini sul conto dell’ amico.

 

Grandissimo noir inglese, “Il terzo uomo”, diretto da Carol Reed, riesce a condensare abilmente e perfettamente suspance, mistero, tensione e persino ironia, grazie ad una perfetta convergenza di aspetti, estetici e non, che lo rendono il film indimenticabile che è. A partire dallo straordinario motivetto che costituisce la colonna sonora, composto e suonato da Anton Karas, fino ad arrivare ad un cast in grande spolvero che ci offre l’opportunità di assistere all’ottima performance del grande Joseph Cotten nel ruolo del protagonista, scrittore di romanzi western, che si lascia ingabbiare in più di una situazione pericolosa senza rendersene effettivamente conto. Indimenticabile anche l’antagonista Orson Welles, come sempre, oltre che leggendario regista, attore dal grande fascino e carisma. Non possiamo non citare anche la fotografia, in un bianco e nero in puro stile espressionista, che incornicia alla perfezione tutte le situazioni, pericolose o meno, che compongono il mosaico di questa rocambolesca, ma anche molto oscura, vicenda. I maliziosi hanno sempre pensato che anche per quanto riguarda la regia, ci fosse lo zampino del mastodontico Welles, che avrebbe dato più di un suggerimento a Reed. Ma entrambi hanno sempre smentito, ammettendo “l’ingerenza” del regista di “Quarto potere”, solo per quanto atteneva a molte delle battute che compongono la sceneggiatura (è rimasta giustamente nella storia quella molto ironica e sarcastica che il personaggio da lui interpretato pronuncia ai piedi di una ruota panoramica: “Sai che diceva quel tale? In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto assassini, guerre, terrore e massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e di democrazia e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù”).

Nel mezzo si pone la bellissima Alida Valli, che si fa emblema di un dilemma etico di non poco conto, lo stesso che mette in crisi il protagonista e forse anche lo spettatore: se venissimo a scoprire che una persona da noi molto amata, che magari conosciamo da moltissimi anni e con la quale abbiamo passato i momenti migliori della nostra vita, in realtà è un criminale, cosa faremmo? Lo denunceremmo alla polizia o continueremmo ad andare per la nostra strada facendo andare la persona in questione per la sua? Una volta avute le prove dei crimini commessi dall’amico, il protagonista non sembra pensarci molto, mentre la sua amante continua imperterrita a mantenere la posizione opposta. Pur non essendoci dubbi sulla giustezza del comportamento di uno, non si riesce a condannare totalmente quello dell’altra. Ed è così che il dubbio su un argomento che non dovrebbe suscitarne affatto, si insinua anche nelle nostre menti, rendendo il racconto di questo giallo ancora più interessante e sfaccettato.

Grazie alla bellissima sceneggiatura scritta niente poco di meno che da Grahm Greene (che dopo decise anche di trasformarla in un romanzo), possiamo interessarci non solo al dilemma etico succitato, ma anche allo svolgimento delle indagini parallele della polizia e del protagonista sulle reali dinamiche dell’incidente, sull’esistenza o meno di questo fantomatico terzo uomo e sulla sua identità, sulle caratteristiche caratteriali di un simpatico e affascinante protagonista (non riesce difficile immaginare che molto probabilmente lo scrittore-sceneggiatore l’abbia voluto rendere metafora del suo modo di vedere la scrittura, come dimostra il divertente intermezzo in cui Cotten viene letteralmente “rapito” da un organizzatore di eventi culturali interessato ai suoi romanzi e alla sua poetica, per poi scoprire che il suo ospite d’onore non sa nulla del flusso di coscienza di James Joyce o quant’altro, ma sa bene come inventarsi delle storie e come riuscire a renderle intriganti per i lettori).

Grande forza della pellicola è anche una costruzione scenica di alto impatto visivo e comunicativo, con una Vienna del dopoguerra ancora occupata dagli stranieri decisamente perfetta  per la storia narrata, capace di dare maggior forza e potenza a sequenze straordinarie come il lunghissimo inseguimento finale all’interno delle fognature girato con una maestria incredibile o quella all’interno della ruota panoramica con i due grandi attori che si fronteggiano: il “malefico” ma affascinante personaggio interpretato da Welles per un attimo ci fa tornare alla mente un altro suo personaggio, il professore de “Lo straniero”, da lui girato e interpretato, un terribile nazista ricco di fascino che mostrava la sua vera natura disegnando una svastica su un foglietto di carta, così come in questo film lo vediamo scrivere col dito sul vetro appannato, il nome della donna amata con un cuoricino accanto, gesto apparentemente innocente, ma profondamente inquietante.  Così come inquietante è il discorso incentrato sul valore della vita umana messo a confronto con quello del denaro e della ricchezza personale. 

Per tutti questi motivi, quindi, si può facilmente asserire che “Il terzo uomo” è uno dei film fondamentali della storia del cinema, reso grande sicuramente dal regista e dallo scrittore della sceneggiatura, ma anche e forse soprattutto dalla monumentale presenza, seppur effimera in confronto con quella degli altri protagonisti, del mitico Orson Welles che persino con un cameo come questo (bisognava pur trovare i soldi per produrre i propri capolavori) è riuscito ad avere una ricchezza interpretativa, comunicativa, emozionale e concettuale non indifferente, trasmettendola poi di rimando all’intera pellicola.

 


9 commenti su “Il terzo uomo

  1. "In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto assassini, guerre, terrore e massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e di democrazia e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù"

    battuta scritta personalmente da Orson Welles per il suo personaggio…storica!

    Bella recensione…ma personalmente ritengo che il film sia volto proprio a instaurare dbbi sulla giustezza del comportamento del protagonista (sarà che mi stava antipatico!)…Scrissi anch’io il mio bel post su questa perla sostenendo che il regista avesse "strizzato" l’occhio alle tematiche…chiamiamole "relativistiche", di Orson Welles…gran film, atmosfera fantastica!

  2. anche se sia carol reed che welles smentiscono, credo che alcune scene come quelle sulla giostra ma soprattutto quelle nelle fogne siano tutte di orson welles: le riprese sghembre, l’uso tagliente delle luci e delle ombre…troppi indizi fanno una prova 🙂 film magistrale comunque, welles nonostante compaia solo alla fine magnetizza tutto il film con la sua presenza invisibile. ennesima dimostrazione della sua grandezza.

  3. Zenn, bè non è che gli si possano dare tutti i torti al protagonista. Però il dubbio etico è fortemente presente, questo si.

    Slec, la musica è bellissima!

    Verdoux, in effetti è vero, il suo zampino è decisamente visibile. Indubbia rimane l’impronta magistrale che, in qualsiasi modo (o come solo attore e co-sceneggiatore o anche come regista di alcune sequenze), la grandezza di Welles rende grandissimo anche questo film.

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