Il treno per il Darjeeling

REGIA: Wes Anderson

CAST: Owen Wilson, Adrien Brody, Jason Shwartzman, Bill Murray, Anjelica Huston, Camilla Rutherford, Amara Karan, Natalie Portman
ANNO: 2007

TRAMA:

Tre fratelli che si erano persi di vista dopo il funerale del padre, decidono di intraprendere un viaggio spirituale in India per ritrovare se stessi e per ricostruire un’unione familiare, con l’ausilio della madre ritiratasi in un convento.

 



ANALISI PERSONALE

Dalla Belafonte di Steve Zissou al Darjeeling limited di quest’ultimo film di Anderson, che non abbandona il suo stile glamour e patinato per raccontarci un’altra delle sue strampalate e bellissime avventure familiari che non mancano di originalità e di spunti di riflessione. Il treno per il Darjeeling si appropria di tutti gli stereotipi e dei luoghi comuni dei road-movie, dei viaggi riconciliatori, della famiglia e via dicendo, ribaltandoli con humour e intelligenza e rendendoli speciali ed inimitabili. Il solito gusto per il particolare in questo caso è reso ancora più forte dalla ristrettezza degli ambienti soprattutto nella parte iniziale del film, completamente girata all’interno dei vagoni del coloratissimo e fatiscente treno nel quale i tre ragazzi ne combineranno di tutti i colori, mostrando le loro manie, le loro nevrosi e i loro difetti. Loro sono Francis (un Owen Wilson col volto perennemente fasciato), Peter (uno stralunato Adrien Brody) e Jack (un caratteristico Jason Swhartzman con tanto di baffetti, che ha contribuito alla stesura della sceneggiatura). Ognuno di loro è contraddistinto da caratteristiche particolari: il primo tende ad assumere il comando dei fratelli minori, ordinando la colazione per loro o decidendo passo per passo l’itinerario del viaggio spirituale; il secondo molto silenzioso e riservato è fissato con gli oggetti appartenuti al defunto padre, credendo di esserne l’unico possessore; e l’ultimo, il più piccolo di statura e di età, è un aspirante scrittore in crisi con la sua fidanzata (la Natalie Portman che compare nel corto che dà inizio a questa pellicola, Hotel Chevalier) che tenta di sfondare come scrittore e che non vuole essere messo in mezzo alle liti degli altri due. Accomunati da una fissazione per le medicine indiane, che continuano a scambiarsi durante il corso della pellicola, i tre fratelli faticano a ritrovare il feeling di un tempo, quello che lega anche dei semplici amici (infatti uno di loro ad un certo punto si chiede se avrebbero potuto essere mai amici, se non fossero stati fratelli). E se all’inizio non li vedremo quasi mai parlare tutti insieme (infatti li vedremo a due a due parlare dell’assente di turno, promettendosi di non riferirgli niente, segno questo dell’incapacità di fidarsi dell’altro), alla fine del viaggio, dopo essersi liberati dal pesante fardello del passato (emblematica ed estremamente simbolica la scena nella quale si liberano delle griffatissime valigie appartenute al padre), li vedremo finalmente tutti insieme nella stessa inquadratura. Le valigie (disegnate appositamente dalla casa di moda Louis Vuitton) sono parte fondamentale della messa in scena, così come lo erano le tute de I Tenenbaum o i cappelli rossi de Le avventure acquatiche di Steve Zissou, proprio perché facenti parte dell’inconfondibile (e ovviamente opinabile) stile di Anderson che anche in questo caso (avvalendosi dell’aiuto della nostra bravissima Canonero) dà molta importanza all’abbigliamento e ai particolari: una cintura che passa da un fratello all’altro, un paio di occhiali, un paio di scarpe spaiate, una serie di bende e di cerotti.

Bende e cerotti che ci conducono verso un’altra metafora, quella di Owen Wilson che si scopre il volto mostrando le ferite e le cicatrici, nonché il coraggio di sopportarle e di superarle. E se Francis rappresenta il desiderio di andare avanti e la testardaggine di portare a termine un obiettivo prefissato, Peter rappresenta la paura di affrontare l’ignoto (sta per diventare padre, ma ha lasciato sua moglie da sola al settimo mese di gravidanza, perché pur amandola è sempre stato convinto che prima o poi avrebbero divorziato), e Jack incarna la figura dello scrittore che,  pur negandolo o semplicemente non ammettendolo, trasporta su carta le sue esperienze di vita vissuta e racconta delle persone che lo circondano (nonostante Jack continui a ripetere ai suoi fratelli che i personaggi dei suoi racconti sono inventati).
Se tutto questo non bastasse ad incuriosire anche i palati più esigenti, basterebbe citare il meraviglioso incipit con un Bill Murray più in forma che mai che dopo una velocissima corsa in taxi perde il treno sul quale per il rotto della cuffia riesce a salire un Adrien Brody che lo guarda dispiaciuto o la folgorante “apparizione” della sempre elegantissima Anjelica Huston nel ruolo di una madre assente e forse irresponsabile (che parla praticamente come il suo figlio maggiore, quello che poi ha insistito per andare a cercarla). Una sequenza rimane particolarmente impressa ed è quella nella quale madre e figli decidono di comunicare senza parlare e nel frattempo vediamo scorrere il Darjeeling e i suoi vagoni, abitati da tutti i personaggi che abbiamo visto nel corso della pellicola, segno questo che siamo tutti volenti o nolenti dei passeggeri del treno che ci porta a confrontarci con noi stessi, con i nostri dolori e il nostro passato per poter vivere serenamente il presente ed il futuro.
Con straordinari movimenti della macchina da presa (alcuni piani-sequenza davvero prelibati, m
a anche una serie di zoomate e di carrellate molto interessanti), Il treno per il Darjeeling si arricchisce anche di una fenomenale e deliziosissima colonna sonora (che vanta pezzi di gruppi come i Rolling Stones o i Kinks, trasmessi dall’Ipod di Jack munito di casse) e di una bellissima fotografia satura di colori e caratterizzante alla perfezione gli ambienti nei quali i tre fratelli si muovono.
Il treno per il Darjeeling è insomma una sorta di avventura tragicomica, da guardare con il sorriso perennemente stampato sul volto, con il cuore aperto alle emozioni e la mente libera da qualsiasi tipo di restrizione.

 

VOTO: 8,5

 



CITAZIONE DEL GIORNO

Il denaro non si crea, si trasferisce da una intuizione ad un’altra, magicamente. (da "Wall Street")


LOCANDINA


45 commenti su “Il treno per il Darjeeling

  1. Uff, non sono ancora riuscito a vederlo. Periodo troppo pieno di impegni 🙁

    Mi fa piacere che ti sia piaciuto, ho grandissime aspettative per questo nuovo film di Anderson!

    Ciao,

    Lorenzo

  2. Bellissimo!! E’ rientrato immediatamente tra i miei film preferiti.. mi piace wes anderson come regista.. ma devo dire che con questo ha superato sè stesso!!

  3. Lorenzo, recupera appena puoi, soprattutto se sei fan, come me, di Anderson.

    Flower, mi fa piacere che ti sia piaciuto così tanto!!! Io adoro questo regista e tutti i suoi film che ho visto!

  4. Ho letto in giro che in realtà non è un granchè…ma ancora non l’ho visto, non posso dire niente quindi!

    Solo una cosa: ma a te i film piacciono tutti????

    Ho letto solo recensioni positive!

    Il che non è un male (odio quelli che stroncano qualsiasi cosa a priori), ma almeno una critichina a qualcuno… 🙂

    Si vede che in realtà guardi film mirati che già sai ti potranno piacere.

    Bella recensione cmq!

    Ciaooooooooo!

    Valentina

  5. Bè, in realtà ci sono parecchie stroncature, anche se molte più recensioni positive…anche perchè tendo a premunirmi e a guardare qualcosa che so già che potrebbe piacermi. Comunque sia, se controlli bene, ci sono un sacco di 5, qualche quattro e anche qualche 3 sparso…quindi avoja che ci sono film che non mi piacciono!

  6. sono d’accordissimo su tutto, anche sul voto! che gran film, meglio persino dei “tenenbaum”. non capisco come a certi critici possa non essere piaciuto…

    ciao!

    alberto

  7. dai su non essere cos’ definitiva con la pensione dei critici (anche se io quando mi ci metto…).

    film visto ieri e ancora pensieri in elaborazione… divertente, surreale e ben girato, forse manca qualcosa per non so ancora cosa… (sono anch’io alla ricerca di qualcosa come i 3 fratelli…)

    ps. il corto hotel chevalier è un piccolo capolavoro

  8. Semmai è vero il contrario, Anderson è considerato da “certa” critica come il nuovo Re Mida del cinema indipendernte americano.

    Di conseguenza anche un buon film finisce per diventare “capolavoro postmoderno”.

  9. Claudio, la mia era una provocazione dettata dalle vicende che ruotano intorno ad un determinato critico di cui ora non faccio il nome…ovviamente non lo penso di tutti. Comunque, attendo il tuo giudizio sul film…

    Martin, non sono d’accordo…non ho letto ancora in giro da parte di nessun critico la parola capolvoro postmoderno…ovvio che non tutti hanno criticato questo film (sfido io…), ma di sicuro la vecchia scuola non è che impazzisca per Anderson. A quanto pare a te non piace, giusto?

  10. Hai ragione Ale il mio era un discorso “generale” e un esempio di come la troppa enfasi finisca per annacquare il senso critico.

    Anderson in particolare è particolarmente incensato dalla critica più “giovane”, a torto o a ragione non saprei perchè non ho ancora visto nulla (ma questo mi interessa).

  11. Bè, Martin, non so se questo possa essere il tuo genere (devo ancora inquadrarti :P), ma secondo me il cinema di Anderson se non altro fa parlare di sè (nel bene o nel male). E’ un cinema che si distingue, insomma.

    Steutd, a chi lo dici!!

  12. L’ho visto domenica e a giorni farò una recensione. Aspetto un po’ perché (il film mi è piaciuto) non riesco a risolvere alcuni aspetti riguardanti “i funerali”, quello sulla linea temporale in rapporto a quello del padre avvenuto in un passato (il flash-back-memoria di chi è?). Un film per me particolarmente difficile, ma bellissimo.

  13. gahan, infatti ho letto da te un pò meno entusiasmo, però più o meno siamo lì.

    Luciano, in effetti la questione del funerale del padre rivisto attraverso il flashback, me l’ero posta anche io…risolvendola poi come una sorta di ricordo collettivo, anche se è una teoria così campata in aria. Sono curiosa di leggere cosa ne pensi tu.

  14. il doppio funerale secondo me è un parallelismo abbastanza facile: quello del padre è quello che li ha separati e questo è quello che li ha riuniti.

  15. Si, questo era chiaro…Luciano si chiedeva però di chi fosse il ricordo, o almeno così mi pare di aver capito…

  16. Sì, mi chiedevo di chi fosse il ricordo e anch’io ho pensato al ricordo collettivo o forse al ricordo di una istanza astratta. Forse il funerale del padre è uno sguardo introspettivo, uno sguardo “ideale”, ossia lo sguardo dello spettatore (immaginato dal regista) che proietta le sue esperienze (i funerali dei propri cari defunti) nella visione di un emozionante, disarmante funerale in bianco?

  17. Penso che questo film entrerà a far parte dell’ormai lungo – ahimé – elenco intitolato “I film che avrei voluto guardare, ma che l’assurda programmazione delle sale italiane mi ha impedito di farlo!“.
    Ciao, Ale

  18. Questo ancora non sono riuscito a vederlo, spero di recuperarlo al più presto.

    Il fatto è che la mia vena, horror/trash mi spinge a dare la precedenza a Saw.

    Lo so, sono un caso disperato…;)

  19. Ahhah, Filippo, pensa che in odore del quarto, io che mi ero fermata al primo, ho voluto recuperare gli altri due…solo che vedendo il secondo e facendomi altamente schifo mi sono fermata un pò…però la curiosità di vedere il tre e il quattro rimane sempre…

  20. Bè Para, in realtà anche se non lo ammetto molto facilmente, il mio modo di essere, il mio carattere, la mia personalità insomma, non è esente da qualche fragilità, che riesco a tenere ben nascosta, ma che sicuramente esiste.

    Fra, secondo me non c’è veramente nessuno a cui non sia piaciuto!

  21. Ovviamente daccordo su tutto!

    Io ho apprezzato molto la parte del funerale nel villaggio che più che avvicinare i fratelli Withman, permette loro di elaborare un lutto liquidato un pò troppo in fretta. Bellissima anche la riflessione sugli oggetti come surrogati relazionali

  22. Bellissima rece, Ale! complimentoni

    Come sai anche a me è piaciuto moltissimo. E…spezzo una lancia a favore di Francis e di Owen Wilson.

    :))

    Giustissime le menzioni per i costumi della nostra Milena Canonero e per la sempre grande Anjelica Huston, che (ti dirò) non mi aspettavo proprio di trovare in questo film.

  23. Curioso quello che scrivete (quasi) tutti su questo film. Io lo ricordo come una delle più luminose bufale che mi sia capitato di vedere…Dici che ero di cattivo umore, Alessandra?
    (Forse avevo Saturno contro, o per restare alle citazioni cinefile era una giornata nera per l'ariete…)
    Non so, ho trovato loffio quasi tutto, a cominciare dalla voglia di rendere simpatici dei personaggi che a me parevano banali e un po' triti.
    E la storia in sé, l'ambientazione, i dialoghi. Insomma, sono rimasto sempre sulla soglia del film, pensando: ma che roba è?
    Misteri della soggettività umana 🙂
    Saluti.

  24. Eh già! Io a distanza di tempo, continuo ad avere ancora le stesse sensazioni che ebbi all'epoca della pubblicazione di questa recensione.

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