La cena dei cretini

REGIA: Francis Veber

CAST: Thierry Lhermitte, Jacques Villeret, Francis Huster, Daniel Prévost, Alexandra Vandernoot, Catherine Frot
ANNO: 1998

TRAMA:

Pierre Brochant, un brillante e affascinante editore, organizza con i suoi amici delle cene, in cui per spezzare la monotonia e per divertirsi un po’, ognuno deve portare l’uomo più cretino che trova. Alla fine vince chi ha portato l’idiota più idiota di tutti. Grazie ad una pura coincidenza lui farà la conoscenza di Francois Pignon, un piccolo contabile del ministero delle finanze con la passione della costruzione con i fiammiferi che però in un certo senso stravolgerà tutti i suoi piani…

 



 

ANALISI PERSONALE

La cena dei cretini è la trasposizione cinematografica di una piece teatrale dello stesso Veber. Raramente si vedono film così divertenti e devo ammettere che mi sarebbe piaciuto vedere anche lo spettacolo teatrale.

Fin dalla sigla iniziale, molto bella e simpatica, ho intuito che ci sarebbe stato da ridere, ma in modo raffinato ed elegante. Il film, infatti, riesce a concentrare, in appena 80 minuti, una serie di gag e di situazioni divertentissime ed esilaranti, tutto merito dell’attore Jacques Villeret, nel ruolo del cretino, che io ho trovato davvero adeguatissimo al ruolo, con le sue espressioni buffe ma al contempo dolci e tenere. E si, perché questo personaggio, invece che irritare con i suoi strafalcioni e le sue “malefatte”, intenerisce che è una bellezza, soprattutto alla fine quando scopre di essere stato “scelto” in qualità di cretino.

In realtà per sua fortuna, ma per sfortuna del padrone di casa interpretato dall’affascinante e ipnotico Thierry Lhermitte, lui alla cena non ci andrà mai, proprio perché il signor Brochant verrà colto da un colpo della strega e sarà impossibilitato a muoversi, abbandonato anche dalla moglie stanca del suo cinismo e della sua “cattiveria” nell’organizzare questo tipo di cene. All’editore non rimarrà che restare in casa col combinaguai Pignon che in una sola serata ne combina davvero di tutti i colori. Raccontare tutte le gag che si snodano all’interno della vicenda è praticamente impossibile dato che sono veramente tante e, soprattutto, bisogna guardarle per goderne a pieno, non basta il solo citarle.

Tanto per fare qualche esempio, ho riso moltissimo quando il signor Brochant teme che sua moglie sia andata dal suo ex migliore amico, a cui lui stesso l’aveva portata via, e per non chiamarlo direttamente (visto che sono in rotta da due anni ormai), lo fa chiamare da Pignon sotto falsa identità, cioè quella di un produttore cinematografico tedesco che vuole trasporre un libro di sua moglie in collaborazione di Juste Leblanc (l’amico appunto), su pellicola. Ovviamente lo farà a modo suo, imitando l’accento tedesco malamente e dando alla fine il numero dal quale sta chiamando, svelando così a Juste la vera identità di colui che l’ha chiamato. Ma “grazie” a questi suoi strafalcioni molte cose poi vanno inaspettatamente a posto, come ad esempio il rapporto tra Pierre e Juste che si riallaccia grazie a questa esilarante telefonata, dato che Juste preoccupato per l’amico lo raggiunge in un batter d’occhio unendosi al gruppo.


Un altro aneddoto esilarante, ma sono veramente tanti, riguarda l’amico e collega di Pignon, Lucine Cheval, che viene chiamato in causa perché il signor Brochant ora teme che sua moglie si andata nel pied-a-terre di uno dei più noti sciupafemmine del paese, di cui si sta occupando proprio Cheval alle imposte. Prima che Lucien giunga nell’appartamento di Brochant però, questi deve eliminare tutte le cose di valore che non ha dichiarato alle imposte, dato che il signor Cheval è pignolo e severo sotto quel punto di vista. Alla fine la casa sarà completamente spoglia e Brochant, Pignon e Leblanc annacqueranno il buonissimo e raffinatissimo vino con dell’aceto per nascondere l’ulteriore ricchezza non dichiarata. Alla fine il signor Cheval riuscirà a recuperare il numero di telefono dello sciupafemmine e a chiamare sarà nuovamente Pignon, stavolta istruito a dovere da Brochant su quello che deve o non deve dire. Il gigolò risponderà ansimante, negando di essere a letto con la moglie di Brochant ma con quella di quel “fesso” impiegato delle imposte con il quale sta lavorando. Ovviamente i tre, a parte Cheval, stenteranno a mantenere la risata, e a dire il vero anche noi spettatori.


Ho raccontato solo due degli episodi divertenti in cui si snoda la pellicola, ma a dire il vero ce ne sarebbe da dire. Anche il personaggio della donna innamorata di Brochant, Marlene, è veramente esilarante, dato che crede di essere la sua amante, nonostante non sia vero. Quando Brochant ormai esausto, si mette a letto e prega il signor Pignon di andare via e di attaccare un biglietto fuori alla porta d’ingresso in modo tale che nessuno lo disturbi, quest’ultimo incontra proprio sull’uscio Christine la moglie di Pierre che tornava per chiedergli scusa, ma scambiandola per Marlene le dice che molto presto Pierre lascerà sua moglie e si metterà con lei (storiella inventata per togliersela dai piedi). Ovviamente Christine andrà su tutte le furie e sparirà nuovamente all’orizzonte.

Oltre al puro divertimento e alla spensieratezza che dona questo film, sono da citare l’ottima ambientazione, che essendo la trasposizione di una piece teatrale, è quasi sempre una e cioè la bellissima casa di Brochant e la discreta colonna sonora, molto allegra e divertente, adeguata appunto al soggetto. Anche il livello recitativo è alquanto discreto, ho apprezzato particolarmente i due protagonisti, Lhermitte e Villeret, ma, ripeto, soprattutto quest’ultimo che riesce a concentrare su di se quasi tutta l’impalcatura del film.

 

Insomma, 80 minuti di pura, semplice ed elegante comicità. Quella che ti fa ridere e sorridere senza scurrilità, parolacce, rumoracci, cadute e quant’altro. Un buon film comico che però comunica anche qualcosa e cioè che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, che anche quello che sembra più cretino di tutti, e che magari lo è anche, riserba delle doti nascoste, vedi alla fine quando Pignon con una telefonata a Christine riesce a far quasi riconciliare la coppia, anche se…ma il finale troppo divertente e mirabolante non ve lo svelo.

Consigliato a chi vuole passare 80 minuti in spensieratezza e divertimento, sconsigliato a chi ride solo con parolacce, flatulenze e cadute.

 

Regia: 7
Sceneggiatura: 7
Recitazione: 7
Fotografia: 7
Colonna sonora: 7
Ambientazione: 7
Voto finale: 7



 

CITAZIONE DEL GIORNO

 
Nessun piacere, nessun peccato, nessuna estasi è più intensa dell’aria condizionata. (da "Dogma")

 


 

LOCANDINA


 

12 commenti su “La cena dei cretini

  1. concordo con la tua scheda, una delle migliori commedie francesi, invece sono rimasto deluso da “quello che gli uonimi non dicono” l’ho trovato lento e poco entusiasmante

  2. Dirò una banalità forse, un pochetto, ma ho avuto il privilegio di vederlo in lingua originale e merita così un bel 8 a tutto pieno. Ciao Nam

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