La nostra vita




REGIA: Daniele Luchetti

CAST: Elio Germano, Isabella Ragonese, Raoul Bova, Luca Zingaretti

ANNO: 2010

 

Claudio, un operaio edile, si ritrova a crescere da solo tre figli perché l’adorata moglie muore di parto. Da quel momento in poi cercherà di riempire il vuoto impelagandosi in un lavoro più grande di lui nell’intento di dare ai figli quello che non hanno mai potuto avere e nella smania di fare sempre più soldi. Si caccerà inevitabilmente nei guai, mettendo a rischio il già precario equilibrio della sua famiglia.

 

Un film che sicuramente ha qualcosa da dire questo “La nostra vita”, ma che forse non riesce a dirlo con il giusto equilibrio formale e narrativo. C’è un doppio dramma che corre sui binari della pellicola, quello personale del protagonista (che a sua volta si biforca tra il lutto per la perdita della moglie e la gestione non proprio legale di un cantiere), e quello “universale” delle borgate romane e degli extra-comunitari che per una volta giudicano il nostro paese, invece che esserne giudicati. Un doppio dramma, però, che non riesce ad incontrarsi in un preciso punto d’arrivo, proprio perché scarsamente approfondito in ogni sua componente, con il soffermarsi dell’attenzione troppo insistentemente sulla figura del protagonista e dei suoi dolori, piuttosto che sul macro-cosmo di cui fa parte. Una sorta di “La mia vita”, allora, piuttosto che “La nostra vita”. Il tutto, tra l’altro, senza tralasciare eccessivi patetismi (su tutti, il flashback idillico del protagonista che corre felice con la moglie, inserito all’interno di un già eccessivamente drammatico funerale), o esagerazioni nei toni e in alcuni passaggi registici, recitativi e narrativi. Nulla da togliere alla qualità del film, con l’interpretazione di Elio Germano che si è meritato sicuramente il premio a Cannes, ma un po’ di misura magari sarebbe stata più gradita. Ad esempio, i funzionali primissimi piani, con la macchina a mano, che mostrano il dolore e la disperazione del protagonista, sarebbero stati ancora più funzionali se allargati a tutte le pedine di questa “vita” che viene raccontata da Luchetti, piuttosto che solo a quelle più vicine al ragazzo-padre. Così come i co-protagonisti un po’ troppo stereotipati e quasi caricaturizzati, primo su tutti il fratello bello ma un po’ “impedito” e il vicino spacciatore su sedia a rotelle con capelli lunghi e moglie di colore al seguito. Sicuramente si è voluta sottolineare la natura eterogenea e multiculturale delle borgate, ma molto probabilmente si è peccato di eccessiva enfasi.

Ma al di là di questo la parte più riuscita della pellicola è quella empatico-emotiva, con lo spettatore che si immedesima in ogni dramma, piccolo o grande che sia, e si sente estremamente coinvolto nelle vicende narrate, non solo grazie all’interpretazione toccante e significativa di Germano, ma anche ad una colonna sonora perfettamente indicata. E, tralasciando qualche didascalismo di troppo (la moglie dello spacciatore che va via dicendo espressamente di essere lei la razzista nei confronti degli italiani), “La Nostra Vita”, trova un altro punto di forza nel suo portare alla luce, seppur in maniera secondaria e dipendente dal filone narrativo principale, lo stato di degradazione, miseria e illegalità in cui versa il mondo lavorativo della provincia, ma non solo (c’è persino un potentissimo leit-motive che torna a scuotere le coscienze degli spettatori e cioè la morte di un guardiano, sepolto nello stesso cantiere per evitare denunce e chiusure varie). Da apprezzare anche il carattere ambivalente dato al protagonista, con atteggiamenti e azioni che sicuramente non ce lo rendono simpaticissimo, nonostante la tragedia che l’ha colpito, cosa che rende ancora più variegato e realistico il racconto.

Ma quello che forse rimane a fine visione è la precisione e la leggerezza con la quale viene raccontata l’innocenza e l’”ignoranza” dei bambini, fino ad arrivare ad un finale, sicuramente annunciato e prevedibile, ma decisamente pieno d’anima.

 

VOTO:



Pubblicato su www.livecity.it

 

2 commenti su “La nostra vita

  1. Per me la parte migliore è la descrizione dell'ambiente dell'edilizia: aspiranti palazzinari, imprenditori squattrinati, manovalanza rumena, sfruttamento e mille illegalità che sembrano normali in questa Italia che normale non è. 
    Azzeccatissima la descrizione dei cottimisti di Frosinone, gente che lavora incessantemente sette giorni su sette, che dorme in cantiere, che abbandona la famiglia per settimane e che spende i suoi guadagni (in nero) in auto lussuose. Una volta la classe operaia sognava di andare in paradiso e viveva dignitosamente, ora viaggia in mercedes ma fa una vita di m….! Qualcuno ha sbagliato. Fabrizio

  2. Sicuramente qualcuno ha sbiagliato. E sicuramente questa è una parte interessante del film, o perlomeno poteva esserlo maggiormente se fosse stata adeguatamente mostrata e approfondita. Invece si incentra tutto sul lutto e la particolare rielaborazione dello stesso da parte del protagonista.

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