L'invasione degli ultracorpi Vs Terrore dallo spazio profondo

Il fantascientifico terrore dell’omologazione

Il dottor Miles Bennell si ritrova in un ospedale a raccontare la terribile avventura che ha vissuto e per la quale viene ritenuto un pazzo. Andando a ritroso nella narrazione scopriamo che l’uomo si è ritrovato a dover fronteggiare una vera e propria invasione di ladri di corpi, di entità aliene che si sostituiscono alle persone assumendone la forma, ma non la sostanza. L’involucro è lo stesso, ma viene privato di emozioni, sentimenti, vita.

Tratto dal romanzo di Jack Finney, “The body snatchers”, sceneggiato da Daniel Mainwaring con lo zampino di Sam Peckinpah, “L’invasione degli ultracorpi” è un cult del cinema di fantascienza degli anni ’50. E lo è per dei buoni motivi, visto che è riuscito ad essere angosciante e a tratti terrificante senza fare largo ricorso ad effetti speciali o spettacolarizzazioni, ma affidandosi solo ed esclusivamente alle atmosfere e all’orrore che si cela nelle conseguenze dei fatti narrati. Cosa rimane ad un uomo se gli viene tolta la personalità, l’anima, ogni possibilità di provare sentimenti ed emozioni?
Il dottore protagonista, accompagnato dall’amore della sua vita, incontrato dopo cinque anni nei quali ognuno dei due si è sposato e poi separato, cerca in tutti i modi di sventare il pericolo, perché non ci sta ad uniformarsi a questi invasori che vogliono prendere il posto degli umani per vivere in un mondo estremamente efficiente dove l’unico imperativo è la sopravvivenza e non ci sono preoccupazioni di sorta derivanti da rapporti interpersonali e legami affettivi.
Tralasciando il sottotesto che si concentra su una sorta di paura del comunismo e del maccartismo, rappresentati proprio da questi terribili invasori che impongono la loro presenza e le loro idee (sottotesto che fu smentito da regista e sceneggiatore), quello che più rimane a fine visione, piuttosto, è l’imperativo a non cedere ai convenzionalismi, all’imperante conformismo e all’omologazione che si stava impossessando della società di allora e che ancora persiste fortemente.
Sostenuto dalla perfetta interpretazione di Kevin McCarthy nel ruolo del protagonista, “L’invasione degli ultracorpi” riesce a coinvolgere nonostante l’assenza di navicelle spaziali, astronavi o mostri di nessun tipo. Ci sono solo gli enormi bacelli dai quali vengono fuori i corpi alieni e l’inquietudine di non riconoscere più le persone che si amano. Una nipote dice che suo zio non è più suo zio, un bambino dice che sua madre non è più sua madre. Ben presto nessuno sarà più se stesso e mantenersi saldi alla propria persona sarà davvero difficile perché gli invasori si impossessano dei corpi e delle menti durante il sonno.
Bisognerà restare svegli e attivi, allora, per riuscire a fronteggiare questa minaccia incombente, cosa che riuscirà solo al volitivo dottore che da Santa Mira scapperà inseguito da centinaia di arrabbiatissimi “ladri di corpi”, arrivando poi all’ospedale nel quale l’abbiamo visto all’inizio.
Rimane impressa su tutte la sequenza nella quale l’uomo corre tra le auto che sfrecciano sulla strada e, ignorato da tutti,  urla agli automobilisti di fermarsi perché la città è stata ormai presa. Il regista Don Siegel avrebbe voluto far finire il film proprio così, con il dottore che puntando il dito verso lo spettatore urla minaccioso: “Tu sei il prossimo!”.
Ma anche col finale imposto dalla produzione, per il quale è stato creato l’incipit del dottore che racconta la storia in ospedale, la forza comunicativa e coinvolgente del film non ne risente, tanto che sicuramente “L’invasione degli ultracorpi”, può essere considerato come uno dei migliori film di fantascienza e orrore della storia del cinema.
 
 

L’orrorifica inquietudine dell’insensibilità

Matthew Bennell, impiegato del ministero della sanità, e la sua collega Elizabeth Driscoll, pian piano si rendono conto che c’è qualcosa che non va nelle persone che li circondano. Attraverso uno strano fiore giunto da un altro pianeta, infatti, delle entità aliene si stanno impossessando dei corpi degli umani per eliminarli e sostituirli.

Diretto da Philip Kaufman e interpretato da grandi attori come Donald Sutherland, Jeff Goldblum, Leonard Nomoy, Brooke Adams e Veronica Cartwirght, “Terrore dallo spazio profondo” è uno dei pochi esempi di remake davvero apprezzabili, che mantengono lo spirito e la consistenza dell’originale, pur discostandosi in molti elementi, riuscendo a rendere il tutto affatto ripetitivo e, paradossalmente, originale.
Pur mantenendo salda la commistione tra horror e fantascienza, a differenza del suo progenitore, questo remake calca molto più la mano sulla componente horror, regalando agli appassionati del genere più sequenze nelle quali gli invasori prendono vita fuoriuscendo dai bacelli e più momenti contrassegnati da impressionanti effetti speciali, come quelli nei quali i feti dei ladri di corpi prendono vita per impossessarsi dei protagonisti che cedono al sonno.
Anche se i protagonisti e le storie che li riguardano sono del tutto diversi (nonostante siano ripropose alcune situazioni e alcuni rapporti interpersonali), la tematica di fondo e la demonizzazione della spersonalizzazione e dell’omologazione di tutti i soggetti appartenenti ad una comunità (anche se qui siamo in una grande città a differenza dell’originale in cui ci trovavamo in un piccolo villaggio, molto più indicato per il tipo di considerazioni alla base del film), vengono mantenute ben salde e non perdono affatto di mordente.
Viene sottolineato maggiormente il pericolo di incappare anche nell’insensibilità generale, tutti presi dall’efficienza e dalla produttività che potrebbe portare alla cancellazione di elementi essenziali che costituiscono la pienezza di un uomo, quali appunto i sentimenti e le emozioni.
Davvero inquietante e straordinario il momento in cui i due protagonisti che scappano in auto dal pericolo di aggressione degli invasori, incrociano un uomo che urla delirante per strada (è proprio il protagonista del primo film, interpretato dallo stesso Kevin McCarthy!), oltre che quello in cui viene scoperto il primo corpo alieno che sta formandosi in tutte le sue componenti. Questa volta, però, Kaufman ha realizzato i desideri di Siegel e, anche se non nel finale, ha ricreato la scena nella quale il protagonista si rivolge direttamente allo spettatore urlando “Tu sei il prossimo!”.
Altra grande differenza con l’originale è il finale che, laddove lasciava spazio ad uno spiraglio di speranza, nonostante le idee contrarie del regista che voleva volgersi al pessimismo più totale per rafforzare il concetto da lui espresso in tutta la pellicola; qui si esprime in tutto il suo catastrofismo, avvalendosi anche di un perfetto e imprevedibile colpo di scena.

Pubblicato su www.supergacinema.it

6 commenti su “L'invasione degli ultracorpi Vs Terrore dallo spazio profondo

  1. il primo film è un cult,una di quelle pellicole che vanno viste  e studiate qualora si volesse tentare la strada del regista di "fantascienza".
    Mi delude un po' il finale,la forzatura è evidentissima e in sostanza aveva ragione Siegel,anche se la battuta tu sei il prossimo è troppo didascalica.Meglio finire con lui in mezzo alla strada che urla.

    Il primo remake è strepitoso.Credo che insieme a La Cosa di Carpenter,infatti fa la stessa cosa:recuperare l'angoscia originale senza compromessi.
    Terrore , è però un film sulla paura interna.Non c'entra come nel primo il comunismo o il maccartismo,piuttosto il crollo inesorabile ed interno della classe media occidentale:alienazione,paranoia,disperata solitudine
    Nonostante sia il remake divenata altro film ,quasi una variazione sul tema con giusti appunti e suggestivi particolari.

    Ferrara ne ha diretto anche lui un remake,ma non l'ho visto…Purtroppo invece ho visto 30 minuti di Invasion con Nicole Kidman,che imbarazzante pellicola!

  2. Sono ovviamente d'accordo con le tue recensioni. Il film di Don Siegel è un cult che non può mancare nella filmografia di un cinefilo (figuriamoci in quella di un appassionato di fantascienza). Il remake è un ottimo film con un finale (come hai sottolineato) che lascia senza fiato: grande cinema.che non può mancare nelal filmografia di un cinefilo (figuriamoci in quel

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