Nowhere boy

REGIA: Sam Taylor-Wood
CAST: Aaron Johnson, Kristin Scott Thomas, Anne Marie-Duff, Thomas Sangster
ANNO: 2010
 
L’adolescenza turbolenta di John Lennon diviso tra l’affetto severo della zia e la passione scalpitante della madre. Nel mezzo il primo incontro con Paul McCartney e le prime esperienze musicali.
 
Avendo a che fare con un personaggio mitico e straordinario come John Lennon come minimo era lecito aspettarsi un film con le stesse qualità, o perlomeno interessante nel racconto di una personalità unica e irripetibile come quella dell’indimenticabile cantante. Ciò che più delude in “Nowhere boy” è che, al di là del fatto che si è scelto di raccontare il ragazzo e non l’artista (cosa che poteva risultare interessante proprio per vedere come le due figure poi si sono sovrapposte, ma che in realtà non avviene affatto), la convenzionalità del racconto è davvero disarmante, visto che la regista decide di concentrarsi sui piccoli grandi drammi romanzeschi che hanno contrassegnato l’adolescenza di Lennon, calcando la mano con eccessiva enfasi su di essi e focalizzando l’attenzione su particolari di scarso interesse, oltre che di sentimentalismo e stucchevolezza estreme.
Poco importa che il personaggio di cui si sta parlando è stato uno degli uomini più importanti della nostra storia moderna, culturale, artistica e sociale, visto che ciò che sembra più interessare per l’esordiente e forse inesperta regista, è il racconto di liti furibonde tra familiari, subbugli ormonali inarrestabili (anch’essi mostrati nella più infantile e scontata delle maniere), sentimenti di ribellione al convenzionalismo imperante visti come semplici e fastidiosi atteggiamenti da bullo. Ancora più deludente il fatto che le bellissime canzoni scelte per comporre la colonna sonora del film (il rock lascivo e sensuale che in quegli anni dilagava), non vengono ben sfruttate e fuse con le immagini narrate, in un auspicabile mix tra musica e immagini in grado di emozionare, comunicare e coinvolgere, ma sono usate semplicemente a corredo di passaggi narrativi schematici, banali e semplicistici. L’unica sequenza che si distingue dalle altre e riesce a colpire lo spettatore è quella nella quale il giovane Lennon impara a suonare il banjo mentre il mondo attorno a lui continua a girare (è anche l’unica sequenza in cui si fa riferimento all’effettiva passione musicale del giovane). Persino la scena finale in cui Lennon, McCartney e Harrison incidono il loro primo pezzo, sequenza che poteva avere una carica emotiva non indifferente, viene in parte rovinata dallo sfiancante riproporsi in flashback dei momenti più idillici vissuti dal protagonista con la madre, con tanto di faccia sofferente del giovane che canta tra le lacrime.
Della serie che neanche “Beautiful” si spingerebbe così oltre, dato che almeno lì non viene scomodata nessuna figura di spicco, quasi sacra si potrebbe dire, come in questo caso. Anche il racconto dell’avvicinamento di Lennon al rock, avvenuto tramite l’entusiasmo travolgente della madre libertina e moderna, viene inficiato nella sua potenzialità narrativa, da una serie di altri flashback che raccontano il travagliato percorso della donna e la motivazione per la quale il piccolo bambino fu affidato alla zia Mimì. 
E’ infatti sulla contrapposizione tra queste due figure femminili che in maniera diversa hanno influito sulla formazione di Lennon che si decide di puntare la lente d’ingrandimento con risultati però non proprio eccelsi, forse perché la materia di “studio” era un po’ troppo scottante e difficile da trattare.
Se ci aggiungiamo che a questa scontatezza narrativa e registica si affianca anche una piattezza stilistica e formale, allora non possiamo che pervenire alla conclusione di trovarci di fronte ad un film che potrebbe piacere a chi è in cerca melodrammi sentimentali, mostrati superficialmente con ripetuti e abusati espedienti come porte che sbattono in continuazione, persone che urlano incessantemente, altre che si mettono di spalle per non mostrare il proprio dolore e si potrebbe continuare su questa falsa riga.
Un piccolo buco nell’acqua, insomma, questo “Nowhere boy” che lascia con l’amaro in bocca i grandi appassionati e amanti di un personaggio che ha cambiato la storia della musica ma che, in questo caso, ha lasciato piuttosto inalterata quella del cinema.

VOTO:

Pubblicato su www.supergacinema.it

8 commenti su “Nowhere boy

  1. sono decisamente d'accordo
    film troppo convenzionale, si sarebbe potuto osare di più..
    nonostante questo, comunque si lascia guardare, senza lasciare grosse tracce però…

  2. Marco, mi pare che ti chiami così giusto? Diciamo che io mi sarei aspettata veramente tutt'altro…

    Gwidien, auguri anche a te!

  3. mettersi di spalle per non mostrare il dolore…ma l'hai mai fatto tu?perchè questo tipo di scene , insieme ai tragici balletti pacificatori, li trovo veri tanto quanto l'attentato a belpietro!(e scusasse per la satira politica!)

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