The Lodge: l’orrore del trauma acuito dall’isolamento forzato

Aiden e Mia rimangono orfani di madre, morta suicida dopo che l’ex marito le comunica di voler sposare la sua nuova compagna. Quest’ultimo, dopo pochi mesi dalla morte della donna, decide di portare i bambini con Grace, la sua futura moglie, nella loro baita in montagna, per trascorrere lì le vacanze natalizie, mentre lui torna in città per lavoro. L’isolamento e la convivenza forzata, però, porterà i tre a vivere delle esperienze terribili.

Dai registi del giustamente acclamato Goodnight Mommy (di cui vengono riprese molte tematiche), quest’horror psicologico gioca molto sulle atmosfere, sul terrore sotteso, sui pericoli di una mente turbata e su quanto possa portare verso la follia vera e propria se particolarmente “stimolata” in tal senso e, soprattutto, sull’elaborazione del lutto e su quanto il dolore provato possa portare a compiere azioni che possono apparire giustificate, ma che a conti fatti risultano crudeli nei confronti di chi ci sta di fronte.

Tutto questo viene descritto facendo ricorso a tre personaggi principali, i due figli rimasti senza mamma e la nuova compagna, orfana di un padre terribile, capo di una setta in cui si predicavano in maniera malata e criminale i precetti religiosi, fino a giungere ad un suicidio di massa da cui solo lei si è salvata.

Il mix di queste tre personalità messe a confronto, ma soprattutto “costrette” a una convivenza forzata in pieno isolamento (Shining è dietro l’angolo, come del resto tutta una serie di pellicole che vanno da Hereditary in primis, passando per La Cosa, The Others e non solo), sono al centro di The Lodge, dove però, la vera protagonista è la baita del titolo, luogo in cui la mente della giovane donna inizia a farsi suggestionare dai simboli religiosi disseminati nelle varie stanze (soprattutto il quadro della Madonna che sembra osservarla incessantemente) e dalla mancanza delle pillole assunte generalmente per rimanere “coi piedi per terra”, ma magicamente scomparse una volta arrivata a destinazione.

The Lodge, infatti, e questo forse è il suo “peccato” più grande (e parlare di peccati non è un caso, perché proprio sul significato di peccato e di espiazione dello stesso si regge tutta la trama del film), gioca con il soprannaturale, suggerendolo potentemente soprattutto nella parte centrale dell’opera, mescolandolo con la paranoia dei tre personaggi, facendo dubitare lo spettatore sulla natura di ciò che avviene (ad un certo punto si rimane senza elettricità, senza riscaldamento, senza vestiti e senza cibo, tutto scomparso all’improvviso dal giorno alla notte) e sul crollo psicologico della nuova mamma che non è stata mai veramente una figlia, ribaltando anche le prospettive circa la figura dei due figli che non riconoscono affatto questa nuova figura nella loro vita.

Saccheggiando da Hereditary l’idea della casa delle bambole che in qualche modo porta in scena ciò che avverrà poi successivamente nella realtà, The Lodge, quindi, racconta del rapporto genitori figli che può assumere dei contorni “mostruosi”, ma anche del rapporto malato e pericoloso che può esserci con una religione forzatamente inculcata, nonché di solitudine e abbandono e, soprattutto, della particolare elaborazione del lutto che può essere vissuta in maniera differente da ognuno di noi e che può portare in alcuni casi ad un’instabilità mentale difficile, quando non impossibile, da gestire.

E se anche nella parte centrale il film sembra fin troppo concentrato a voler suggerire ipotesi, confondendo più volte le acque, senza però mai farci desistere dalla convinzione che la soluzione al “mistero” è quella che appare ovvia sin dall’inizio (confermando questa sensazione fino alla fine), con il suo incipit (davvero impressionante tutta la sequenza che riguarda la madre e il modo in cui arriva a togliersi la vita) e il suo finale mozzato ma potentissimo, The Lodge porta a casa il risultato e convince perché riesce a comunicare in maniera profonda e totalizzante quello che vuole raccontare, affidandosi alla forza della suggestione, sporcata solo forse dalle fin troppo scoperte e ripetute citazioni.

2 commenti su “The Lodge: l’orrore del trauma acuito dall’isolamento forzato

  1. Visto al Torino Film Festival (e per fortuna, visto che si è perso in un limbo distributivo pre-covid) mi era piaciuto tantissimo. In primis per l’ambientazione, secondariamente per la terribile cattiveria di cui è permeato: come dice Lucia de Il giorno degli zombi, sembra davvero uno di quei racconti crudeli da fumetto di Zio Tibia, uno di quelli che ti insegnano a pensarci molto bene prima di giocare dei brutti scherzi…

    1. Vero, infatti, diciamo che è proprio un “brutto scherzo” finito male. E poi le suggestioni visive e l’ambientazione alla Shining hanno giocato molto. Forse ci sono un po’ troppo “scopiazzature” da Hereditary e non solo, ma tutto sommato è un film che mi ha colpito molto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.