The mission




REGIA: Johnnie To

CAST: Anthony Wong, Francis Ng

ANNO: 1999

 

Cinque guardie del corpo vengono assoldate dal boss della triade Liung scampato per un pelo ad un attentato di una banda rivale. I cinque proteggeranno il boss a tutti i costi ma nel frattempo instaureranno un rapporto molto intenso tra loro, fino a quando non gli verrà chiesto di uccidere un componente del gruppo, cosa che metterà in crisi tutti i loro equilibri.

 

Il cinema di Johnnie To, regista cinese che si è dedicato prevalentemente all’action e al noir d’amtmosfera, e che è giunto al successo con pellicole come “PTU”, “Breaking news” ed “Election”,  è un cinema di genere che va oltre il genere, visto che l’action-movie con le sue pellicole respira un’aria diversa e particolare, andando a mescolarsi spesso col western (come succedeva per esempio nell’altro suo bellissimo film “A hero never dies”), così come in “The mission”, nel quale al centro della narrazione c’è il racconto di una forte amicizia virile che si instaura all’interno di un gruppo di “magnifici cinque” di “sturgesiana” memoria. Certo le motivazioni eroiche e ideali che stavano alla base del gruppo di magnifici sette (anche se inizialmente si trattava alla stessa stregua di queste cinque guardie del corpo, di denaro e di forte spirito d’avventura), erano molto differenti rispetto a quelle che muovono i cinque di “The mission”, fatto sta però che le dinamiche del gruppo e i rapporti intercorrenti tra di loro, richiamano molto lo stile e la poetica dei tipici western-movie come per esempio appunto “I magnifici sette”. Ecco che dunque il plot tipico dell’action, soprattutto di matrice orientale, e cioè le bande rivali che lottano fino all’ultimo sangue, con tanto di sparatorie e omicidi a sangue freddo qua e là, si carica con Johnnie To di una forte vena interiore che ricalca pesantemente le personalità dei protagonisti e lo stato psicologico nel quale versano a causa del loro ruolo all’interno di queste organizzazioni violente e spietate. Il tutto mostrato attraverso  i gesti e le espressioni dei protagonisti, piuttosto che affidato alle parole, qui quasi sempre scarseggianti o comunque componenti dialoghi decisamente “ermetici” e poco chiarificatori (esemplare al riguardo il dialogo che si instaura tra uno dei cinque che torna a casa in ritardo a causa di un guasto alla macchina e un altro componente del gruppo). Ed è proprio lo spirito del gruppo, l’unione tra i cinque, che ben presto diviene protagonista della pellicola, piuttosto che l’esito circa la vittoria di una banda mafiosa sull’altra. Uno spirito di gruppo che lascia intravedere anche una sorta di rispetto per il “nemico”, come quando un sicario della banda rivale viene catturato trattato con riguardo, prima ovviamente di andare incontro alla sua scontata fine. Anche l’ironia di fondo, insita in alcuni scherzi che le guardie del corpo si fanno tra di loro, quindi, serve appunto per stemperare l’aria noir che contraddistingue la pellicola, proprio a dimostrare che, pur trattandosi di sicari spietati ed efficienti sul lavoro, si sta parlando comunque di uomini che vivono, amano e soffrono. Esemplari al riguardo sono molte straordinarie sequenze, una su tutte quella silenziosa in cui i cinque che attendono il boss in un corridoio, ammazzano il tempo passandosi coi piedi una pallina di carta. Una scena che pone l’accento sul crescente sentimento di unità e affiatamento che sta nascendo tra di loro, sentimento che si trasformerà poi in vera e propria fiducia e amicizia. L’altra straordinaria sequenza, che tra l’altro pone in netto disaccordo il cinema di To con quello più adrenalinico e “fisico” di John Woo (altro regista action cinese che però per la sua maggiore “commerciabilità” ha sfondato anche a Hollywood con pellicole degne di nota come “Face-Off”), è quella della sparatoria all’interno di un centro commerciale, coreografata in maniera originalissima e confacente allo stile più “intimista” e riflessivo di To, oltre che musicata magistralmente con il leit-motive principale della colonna sonora, decisamente incalzante e coinvolgente. I protagonisti, infatti, nonostante siano nel bel mezzo della lotta contro i sicari della banda rivale, vengono ripresi nella loro estrema immobilità, che ne scruta le espressioni piuttosto che i movimenti (laddove nel cinema action di Who abbiamo delle coreografie decisamente più movimentate). Grande oggetto di apprezzamento delle pellicole di Johnnie To, anche in questo caso la fotografia è straordinaria nel rappresentare metaforicamente coi colori, gli stati d’animo dei protagonisti e le situazioni, simboliche anch’esse, nelle quali si trovano coinvolti. In “The mission” abbiamo un’ambientazione prevalentemente notturna, resa suggestiva e coinvolgente dai toni scuri della fotografia che virano poi prevalentemente sul blu, soprattutto quando sui cinque comincia a pesare il dilemma tra l’obbedienza al boss che li ha assoldati (che da uomo apparentemente generoso e gioviale si trasforma in crudele vendicatore richiedendo perentoriamente l’assassinio di uno dei cinque, a causa di un “tradimento” imperdonabile), e l’affetto che si è instaurato tra di loro. Il dilemma sarà di difficile risoluzione, tanto che all’interno sorgeranno delle divisioni tra chi vuole continuare imperterrito a svolgere il proprio lavoro, non curandosi di dover eliminare quello che nel frattempo era diventato un amico, e chi invece farà di tutto per mantenere salda e intatta l’unità del gruppo. Il tutto verrà risolto, positivamente o meno, attorno ad una tavola imbandita che vedrà tutti i componenti del gruppo impugnare una pistola l’uno contro l’altro in una scena che sembra fermare il tempo in attesa di un avvenimento decisivo. Questo ovviamente arriverà e lascerà lo spettatore con lo stesso sorriso sornione e ammiccante che il capo-gruppo assumerà allontanandosi solitario con la sua automobile. L’azione con Johnnie To assume dei contorni poetici ed eleganti trasformandosi sapientemente e poco convenzionalmente in medit-azione, cosa che rende il suo cinema decisamente raffinato e profondo se non ci si sofferma alla superficie dei fatti e si scruta più affondo tra le pieghe della narrazione, “infarcite” da uno stile inusuale e particolare che lo rende unico nel suo genere, il genere action appunto.

 

 

Pubblicato sul numero 23 di Rapporto Confidenziale

8 commenti su “The mission

  1. E' un grandissimo film questo che contiene ben evidenti i cardini del cinema di To (e HKese), in cui anche stavolta il regista non manca di fondere generi e stili. La genialità di To nello sfruttare gli spazi è emblematica  nella sparatoria del centro commerciale che tu citi e che nella ipotetica scala di preferenza è seconda solo a quella iniziale di Exiled dopo quel meraviglioso prologo nella piazzetta di Macao.
    E soprattutto, sa essere anche un film di grandi e fortissimi sentimenti.

    Missile

  2. Missile, purtroppo per ora di To ho visto solo questo e A hero never dies, altro grande film. Comunque in effetti la scena della sparatoria al centro commerciale è davvero la più straordinaria del film, anche se ce ne sono altre bellissime. Conto di recuperare anche le altre pellicole di To, visto che con due film ha fatto centro nei miei gusti.

  3. Allora sei sulla buona strada Alessandra e mi permetto di consigliarti Exiled appunto e Throw down , quest'ultimo devia leggermente dalla consueta linea cinematografica di To , ma possiede quella che per me , forse,è la più bella scena che il maestro HKese abbia mai girato.

    Missile

  4. Film bellissimo, un altro dei miei To preferiti! La sequenza nel centro commerciale è splendida ma io adoro anche quella meno "registicamente virtuosa" dove i protagonisti giocano con una pallina di carta ^__*

  5. mh, interessante… devo proprio vederlo…
    di johnnie to ho visto "election" che non mi ha fatto impazzire, ma questo dev'essere molto più bello…
    ciao!
    alberto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.