Ticking clock

REGIA: Ernie Barbarash
CAST: Cuba Gooding Jr., Neal McDonough, Austin Abrams
ANNO: 2011
 
Un giornalista investigativo si ritrova ad avere a che fare con un serial killer che appare e scompare come se fosse un fantasma. Presto si scoprirà che si tratta di una sorta di vendicatore dei torti subiti e che, soprattutto, c’è qualcosa di soprannaturale che lo riguarda.
 
Riesce davvero difficile credere che “Ticking clock” sia un film del 2011, perché si rimane sbalorditi dalla constatazione che ancora oggi si dia spazio a questo genere di sceneggiature al limite del ridicolo involontario, oltre che decisamente scadenti in ogni loro componente. Prendete un qualsiasi poliziesco di scarso valore degli anni passati, mischiatelo con una buona dose di elementi “innovativi” che vanno a parare nel paranormale, in maniera a dir poco assurda, e avrete composto il quadro complessivo di questo film decisamente evitabile. Nemmeno la presenza di un attore di punta come Cuba Gooding Jr, qui stanco e inespressivo, riesce a salvare la baracca che all’inizio si regge su una sorta di curiosità che colpisce lo spettatore circa la natura di questo malefico serial killer (macchiettisticamente interpretato da Neal McDonough). Peccato che la rivelazione del colpo di scena che riguarda questo personaggio, e di rimando tutte le sue azioni e i collegamenti con il protagonista del film, non solo risulta oltremodo risibile, ma appare intuibile già verso la metà del film, lasciando lo spettatore con l’unica speranza che la pellicola si concluda al più presto senza peggiorare ulteriormente.
Già dal titolo di questo film dal taglio prettamente televisivo (nell’accezione negativa del termine) comprendiamo che il tempo sarà una componente fondamentale della narrazione, così come dimostra il fatto che il serial killer guardi sempre l’orologio e faccia battute sulla sua tempestività o meno. I dialoghi, banali e il più delle volte retorici, sono l’altro punto debole della pellicola, insieme con i personaggi tagliati con l’accetta e con i rivolgimenti della trama più telefonati che mai. Se alla base c’è un tentativo lodevole di rinnovare il genere poliziesco, arricchendolo con venature quasi horror e fantastiche, il risultato è del tutto insoddisfacente, proprio perché non si riesce a mantenere un giusto equilibrio e si scade rovinosamente nell’indecente.
Difficile, quindi, riuscire a trovare qualcosa di salvabile all’interno di questa pellicola non ancora distribuita nel nostro paese (e chissà se ciò avverrà mai). Anche andando a cercare nel sottotesto o nel messaggio comunicato, ci si ritrova a dover fare i conti con una spicciola, buonista e patetica morale di fondo che ci restituisce il valore sacro dell’infanzia e l’inesistenza di una vera e propria cattiveria del mondo, perché se si diventa malvagi la colpa è sicuramente di come e con chi si è cresciuti.
Cadono le braccia, insomma, durante la visione di questo film deludente sotto ogni punto di vista, compresa l’anonima ambientazione e la prevedibilissima evoluzione degli eventi, con tanto di protagonista (ovviamente separato e sofferente perché non riesce a vedere il figlio tutte le volte che vorrebbe), che indaga da sé e immancabilmente finisce per essere il sospettato numero uno. Non c’è, dunque, in “Ticking clock” un elemento di originalità, nessun momento che si discosti dalla piattezza narrativa che contraddistingue l’intera pellicola. Gli unici momenti in cui sembra muoversi qualcosa, sono quelli che peggiorano ulteriormente la situazione, lasciando lo spettatore di stucco di fronte a flashback improponibili, didascaliche e ripetute sottolineature di cose già dette e viste e via di questo passo.
Pur volendolo prendere come film di puro intrattenimento non si riesce ad essere meno indulgenti nel giudizio, proprio perché si tratta di un film che si prende estremamente sul serio, non lasciando spazio alcuno a nessun tipo di ironia (se non involontaria come suddetto).
Piuttosto che di un’occasione di svago, quindi, così come può comunque capitare con pellicole di scarso livello artistico, ma di grande coscienza e autoironia, “Ticking clock” riesce a trasmettere solo un fastidioso senso di aver perso del tempo prezioso. E parlare di tempo in questo caso, ovviamente, non è casuale.


 
Pubblicato su www.livecity.it

10 commenti su “Ticking clock

  1. Si, ma almeno è famoso, poteva essere un'attrattiva in più per qualcuno che avrebbe potuto credere in chissà quale valore della pellicola. Comunque davvero pessimo sto film…

  2. si vede che pure la sua fama è in declino.
    ot:consiglio la visione di ROMANZO CRIMINALE 2 la serie.Grandissima storia,ottime interpretazioni e un finale profondamente commovente.
    Talora la fiction può essere meglio del cinema-peraltro sto aspettando il film su Vallanzasca,speriamo bene

  3. per me è ottima sia la prima serie che la seconda e ultima.
    Poi io amo i gangster movie,noir,polizieschi,in generale,quindi penso anche che dovrebbe piacerti il genere.Vale la pena,però!

  4. Mi ha intrigato questo blog per la foto, il commento e il titolo. In effetti C'ERA UNA VOLTA IL CINEMA è quanto mai attuale.
    Riguardo alla recensione di Alessandra, sono d'accordo. Dopo qualche minuto dall'inizio, capisci subito che si tratta dell'ennesima sciocchezza made in USA.
    In più, stavolta, la sceneggiatura sembra scritta con i piedi e la logica va a farsi benedire.
    Si salva solo qualche scena (l'incontro fra Cuba Gooding e il ragazzino all'orfanatrofio, la scena iniziale (quando ancora non sai che porcata ti stanno cuocendo) e basta.
    Ciao!

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