American Life

REGIA: Sam Mendes
CAST: John Krasinski, Maya Rudolph, Carmen Ejogo, Jeff Daniels, Catherine O’Hara, Maggie Gyllenhaal
ANNO: 2010
 
Verona e Burt, ultratrentenni, aspettano un bambino e vengono scombussolati dal fatto che i genitori di lui hanno improvvisamente deciso di trasferirsi in Europa. Visto che i genitori di lei sono morti e nulla più li trattiene in Colorado, i due intraprendono un viaggio per gli Stati Uniti e il Canada per decidere in quale posto stabilirsi e di quali persone circondarsi.
 
Dopo il dramma di “Revolutionary road”, Sam Mendes abbandona il lato tragico dell’introspezione sui rapporti interpersonali e decide di affrontare il tema con uno spirito più speranzoso e ottimista, rovesciando la medaglia e offrendo una versione più positiva della famiglia americana e della sua dimensione all’interno della società.
Anche questa volta i protagonisti si ritrovano a dover fronteggiare una situazione imprevista, ma lo fanno in maniera totalmente opposta, decidendo di prenderla di petto e di assumersi ogni responsabilità e, anzi, cercando di comprendere appieno la loro natura di coppia e soprattutto di genitori. Non abbiamo più un cast altisonante come in “Revolutionary road”, ma una coppia di attori televisivi che si fanno apprezzare per la loro naturalezza e semplicità, inseriti in un contesto deliziosamente indipendente e graziosamente leggero. Con ironia, sarcasmo, soavità e dolcezza, Mendes ci accompagna in uno strampalato viaggio on the road, suddiviso in vari capitoli che sono poi le tappe dei due protagonisti (Phoenix, Tucson, Madison, Montreal, Miami) che viaggiano con l’aereo, col treno, con l’auto, assaporando in ciascun posto uno scampolo di vita e di esperienze altrui, più o meno educative, in senso positivo o meno. Certo a volte Mendes calca un po’ la mano sul grottesco per rendere bene l’idea della differenziazione di personalità, abitudini, credenze, stili di vita, come ad esempio nel capitolo in cui abbiamo a che fare con un’esagerata Maggie Gyllenhaal new age e libertina; ma il risultato è sicuramente raggiunto, proprio perché la pellicola riesce a trasmettere un preciso e interessante assunto di fondo: la scoperta di una propria personalità e individualità nel mondo e, soprattutto, la ricerca di radici, di luoghi e persone nei e coi quali sentirsi a casa. Cos’è allora una casa? È proprio questo che cercano di capire Verona e Burt, arrivando alla conclusione che la risposta non si trova negli altri, ma in loro stessi e nel loro amore. Un messaggio apparentemente retorico, che in realtà risulta delicato ed emozionante proprio per la maniera poco ruffiana e originale in cui viene trattato.
Fotografato splendidamente e accompagnato da una bellissima colonna sonora che scandisce perfettamente ogni passaggio narrativo, ogni corsa in auto, ogni incontro strambo dei due protagonisti, “American life” (il titolo italiano purtroppo stravolge quello originale ben più indicato, “Away we go”, solo per richiamare il titolo della prima, fortunata e famosissima, pellicola del regista, “American beauty”), si fa apprezzare anche per i simpatici dialoghi, per alcune gag molto divertenti, per il tono scanzonato ma al tempo stesso profondo col quale sono dipinti i due protagonisti e tutte le pedine che ruotano attorno a loro e nel quale loro si specchiano, non ritrovandosi quasi mai. Per questo sono molto funzionali le varie inquadrature che li vedono sempre di fronte a coppie nelle quali ripongono le loro speranze per poter apprendere il modo di comportarsi e di agire nella loro situazione, salvo poi pervenire a conclusioni che li spingono ogni volta a cambiare posto.
Altro pregio della pellicola, oltre a quello di essere piacevole e molto scorrevole, è quello di riuscire ad emozionare con i piccoli gesti, gli sguardi e la profondità del sentimento che lega i due componenti di una coppia molto originale persino nello scambio delle promesse reciproche per una vita da passare insieme.
Era difficile riuscire a fare un film potentemente comunicativo e intensamente travolgente come “Revolutionary road” e, infatti, “Away we go”, di natura più tenue e snella, non raggiunge la consistenza e la densità di quel film. Tutto sommato, però, seppur ridimensionata e alleggerita, questa ultima pellicola di Mendes lascia lo spettatore con un senso di piacere e soddisfazione che conferma il grande talento di questo regista multiforme e sorprendente.

VOTO:

Pubblicato su www.loudvision.it

15 commenti su “American Life

  1. mendes è un ottimo autore, alla fine il suo film più sputtanato mi sembra proprio american beauty. ma magari dovrei rivederlo. concordo con la tua visione di away we go, si calca la mano sul grottesco, ma in questo modo si riesce anche a fare una critica sociale non banale.

  2. Se dovessi fare una classifica dei suoi film (quelli che ho visto), infatti per me sarebbe questa:

    Revolutionary road
    Era mio padre
    American beauty
    American life

    Cioè mi sono piaciuti tutti moltissimo. Jarhead devo ancora vederlo, ma ho come la sensazione che finirebbe ultimo in classifica.

  3. che bel film! è stata una visione davvero piacevole.. per non parlare dell'ultima scena che mi ha emozionato tanto..
    e pensare che ho rischiato di perderlo a causa della cattiva distribuzione!

  4. iosif, prima o poi lo recupererò.

    memole, mi fa piacere che sia piaciuto anche a te.

    Davide, si, indubbiamente Revolutionary road è più robusto e, infatti, lo preferisco. Però anche questo è un gran bel film.

  5. Il film, alla fine, non è così leggero come potrebbe sembrare. Siamo sempre nella fascia d'età che più mi riguarda: trentenni in cerca di risposte!
    (si torna sempre all'ovile?)
    Attori molto bravi, come sempre per altro nei suoi film.
    Una delle migliori commedie uscite ultimamente…anche se il film è "datato" oramai.

    Jarhead, per quel che mi riguarda, è un filmaccio.

    21

  6. A me non ha convinto moltissimo.
    Mi sembra troppo forzato, certi dialoghi sono quasi assurdi ed è tutto un po' troppo pieno di retorica.
    Non male ma non un gran film secondo me.

    E buon anno!!!

    Valentina

  7. 21, sicuramente rispetto a Revolutionary road, i toni sono più leggeri.

    Valentina, l'unica parte che ho trovato solo un pochino forzata è quella con la Gyllenhaal. Per il resto mi è sembrato un film molto delicato e coinvolgente. Però ovviamente tutto può cambiare da spettatore a spettatore. Buon anno ovviamente anche a te!!

  8. Io l’ho trovato commovente. Mendes ha la capacita’ di unire poesia e ironia. Ma voi lo immaginate a dirigere il prossimo Bond?

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