Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni

REGIA: Woody Allen
CAST: Anthony Hopkins, Naomi Watts, Josh Brolin, Gemma Jones, Antonio Banderas, Freida Pinto, Anna Friel, Pauline Collins
ANNO: 2010
 
Helena e Alfie sono sposati da quarant’anni, ma lui decide che per affrontare la sua crisi d’età, deve dedicarsi ad altro, come la palestra, le lampade e una moglie più giovane e pimpante. La donna, allora, in preda alla disperazione si affida alle previsioni di una ciarlatana che legge le carte. La loro figlia Sally, sposata con lo scrittore fallito Roy, si prende una cotta per il suo capo, ma quando si accorge di non essere ricambiata, viene lasciata anche dal marito che si è innamorato della giovane dirimpettaia. Ognuno di loro si troverà a scontrarsi con la durezza e la realtà della vita, ma l’unica che riuscirà a trovare un briciolo di felicità sarà quella che si è affidata con speranza e cecità alle mere illusioni.
 
Come ogni anno l’inossidabile Woody Allen, regista che colleziona aspre critiche e lodi sperticate a seconda del tipo di spettatore che si accosta ai suoi film, sforna la sua immancabile pellicola, quella che si attende sempre con molta curiosità e quella che non lascia mai, in un modo o nell’altro, indifferenti. E’ anche questo il caso di “Incontrerai L’uomo Dei Tuoi Sogni” che forse avrebbe dovuto intitolarsi, se non proprio come il regista stesso ha fatto, “You Will Meet A Tall Dark Stranger”, costruendo un neanche tanto velato doppio senso con la morte che prima o poi coglie tutti noi, “Incontrerai L’Uomo Delle Tue Illusioni”, dato che il film è proprio sul tema del carattere salvifico e mistificatorio delle illusioni che si basa.
Se non fosse per molti elementi di mancanza rispetto al suo solito modo di fare cinema, piuttosto che di disturbo, anche questo potrebbe essere considerato uno dei suoi migliori lavori. Fatto sta che ciò non avviene, proprio perché, pur essendo consapevoli del fatto che il regista spesso ricalchi la mano sui temi a lui più cari e li riproponga ogni volta raccontando storie diverse, questa volta non riesce a sventare il pericolo di ripetitività e scarsa originalità, affossandosi in alcuni cliché scarsamente giostrati, cosa che gli era riuscita invece molto bene nel precedente “Basta Che Funzioni”, e cadendo a piene mani nel tranello della facilità narrativa, non condita dagli aspetti che solitamente lo salvano da questo genere di défaillance.
Questi aspetti altro non sono che la brillantezza e l’acume dei suoi magnifici dialoghi, la presenza sottile o meno di molto riferimenti, sarcastici e ironici, ai tanti temi a lui cari come il mondo ebraico, il sesso, i rapporti interpersonali, la psicanalisi, la morte. Certo alcuni di questi argomenti vengono sfiorati nel corso della narrazione, ma non con quella verve e puntigliosità, o con quell’approfondimento e intensità, che di solito siamo abituati a vedere nelle sue pellicole.
Questo ci riporta, allora, ad un dilemma di non facile risoluzione: si può punire una pellicola solo perché non risponde agli altissimi standard che si richiedono al regista in virtù della sua magnifica filmografia? Si può considerare una pellicola scadente, pur non essendo poi un disastro completo, perché disattende le enormi aspettative che ogni anno si ripongono nel prolifico creatore della stessa? Si può insomma condannare un’opera d’arte e bollarla come totalmente insufficiente in virtù di questi metri di giudizio?
La risposta non è così semplice, dato che sicuramente avranno ragione quelli che sono rimasti altamente delusi dalla caduta di stile di Allen, ma avranno altrettanto motivo di essere ascoltati anche coloro che affermano di aver gradito la fluidità del racconto, unita ad alcune sequenze registicamente ispirate (come quelle girate negli interni che superano di gran lunga per bellezza e intensità quelle anonime girate in esterni), e la frizzantezza che riguarda soprattutto il personaggio interpretato ottimamente da Gemma Jones, l’unica che racchiude in sé il vero significato del film (per essere felici bisogna essere stupidi e creduloni, se ci affidiamo al cervello e all’intelligenza non potremo fare a meno che di scoprire il pessimismo cosmico del quale siamo prigionieri e il triste grigiore della nostra realtà).
E’ una lotta tra realtà e illusioni, insomma, questa ultima fatica di Woody Allen, lotta che prevede una vera e propria scelta di campo, un volersi arrendere alla fatalità della vita, lasciandosi sommergere da panacee e miraggi (del resto anche Naomi Watts dice che le illusioni sono meglio delle medicine), piuttosto che da calcoli e razionalità. Allora tralasciando la non proprio eccelsa prova recitativa di tutto il cast stellare e la banalità narrativa di molti degli snodi secondari (soprattutto quelli che riguardano la dirimpettaia interpretata da Freida Pinto e la giovane volgare moglie di Anthony Hopkins), oltre alle mancanze di cui sopra, tutto sommato si può godere di un film che, seppur semplicisticamente, ha qualcosa da dire.
Del resto, osando nelle citazioni, così come fa fin troppo esplicitamente Allen all’inizio del film con la voce narrante che tira in ballo Shakespeare, per un giudizio più equilibrato e onesto nei confronti della pellicola  potremmo parafrasare quanto dicevano gli antichi filosofi latini: “In medio stat virtus”.
 
VOTO:

Pubblicato su www.loudvision.it

 

18 commenti su “Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni

  1. Concordo con la tua votazione. C'è qualche momento morto di troppo e più di una situzione fin troppo ripetitiva, ma resta la bravura di un regista di assoluto talento.

    CST

  2. Come ti ho scritto da me, credo che la mancanza di battute sia una precisa scelta stilistica. E penso che tutto sommato una commedia dolceamara come questa non possa basarsi sulla presenza o meno di battute umoristiche. La vicenda offre diversi spunti di riflessione, i personaggi sono azzeccati, l'intreccio è godibile, gli attori a mio avviso credibili, ergo la storia sta in piedi anche così. Non sarà certo tra i capolavori di Allen, ma – secondo me – è comunque un capitolo significativo del percorso artistico del Nostro.

  3. CST, infatti la bravura di Allen secondo me non si discute, ciò non toglie che a volte possa essere meno ispirato di altre.

    Rear, secondo me, invece, gli spunti di riflessione non sono moltissimi, o sono trattati banalmente. I personaggi non sono tutti riusciti (Alfie e la moglie e Frieda Pinto su tutti). Ciò detto non mi sembra neanche lo scempio che da più parti ho letto.

  4. Bè, non me la sono sentita di gridare allo scempio solo perchè Woody ha fatto e sa fare molto di meglio. Ciò non vuol dire che anche un prodotto, sicuramente discutibile, ma non del tutto orribile, debba essere deprecato per partito preso.

  5. Woody e sempre Woody… anche un film sulle formiche d'altura girato da lui sarebbe digeribile. Però… mi mancano quei film sui quali trascorrevo serate con amici a parlarne…

  6. Bè, i grandi capolavori sono lontani, anche se già solo con Match point ha sfornato un grande film e pure Basta che funzioni è bellissimo.

  7. Il problema vero è che rimaniamo delusi se un genio non partorisce un capolavoro ogni volta. Le aspettative erano altissime, il risultato mediocre. E nonostante ciò meglio della maggior parte dei film che arrivano alle sale !

  8. Si, effettivamente si diventa fin troppo severi nei confronti di grandi autori come questi. Io ancora mi ricordo la focosa delusione che ebbi da Invictus, che tutto sommato non è nemmeno un brutto film volendo.

  9. Ovviamente non si può parlare di scempio! Ma la verità, tutto sommato, sta nella serie di domande che molto saggiamente ti ( e ci ) poni; vero che Allen ci ha abituati da decenni fin troppo bene, motivo per cui ad una prova per nulla convincente quale è questa si è portati a giudicarla anche più negativamente di quanto meriti, però , cercando di rimanere il più obiettivi possibile, non sfugge il fatto che lo smalto del lavoro precedente è andato in gran parte perso; sembra tutto appena accennato, non preso di petto e sviscerato , come sa fare benissimo Allen e quindi ne risulta un lavoro che lascia un po' l'amaro in bocca. E poi a costo di sembrare ripetitivo, è chiaro ormai che Allen quando non si specchia nel suo habitat naturale, perde molta della brillantezza che lo contraddistingue.

    Missile

  10. io ne ho parlato un po' peggio di questo film, ma in generale sono d'accordo con la tua recensione.
    e nonostante la delusione sono già lì che sbavo nell'attesa del film parigino…
    alberto

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